San Paolo rimprovera San Pietro

     Presentiamo anche ai nostri lettori il documento della "Correctio filialis"; esso denuncia alcune derive contro la Dottrina Cattolica, derivanti dall' "Amoris laetitia" nonchè da diversi atteggiamenti e dichiarazioni del Pontefice. Da parte nostra questo si aggiunge e nulla toglie alle numerose prese di posizione di mons. Lefebvre e della Fraternità contro i tanti errori del Concilio e dei Papi post-conciliari.

     Una correzione filiale dunque, a colui che esercita nella Chiesa un potere, ma un "potere vicario", chiaro riferimento a Nostro Signore Gesù Cristo e alla sua Dottrina che il Papa deve trasmettere integralmete.

 

 

Correctio filialis de haeresibus propagatis

testo - firmatari - note

cliccando sui numeri [1]: nel testo, si è rimandati alla nota in calce; nelle note, si ritorna al testo.

 

16 luglio 2017,

Festa della Madonna del Carmine

Beatissimo Padre,

con profondo dolore, ma mossi dalla fedeltà a Nostro Signore Gesù Cristo, dall’amore alla Chiesa e al papato, e dalla devozione filiale verso di Lei, siamo costretti a rivolgerLe una correzione a causa della propagazione di alcune eresie sviluppatesi per mezzo dell’esortazione apostolica Amoris laetitia e mediante altre parole, atti e omissioni di Vostra Santità.

Ci è consentito fare questa correzione in virtù della legge naturale, della legge di Cristo e della legge della Chiesa, tre cose che Vostra Santità è chiamato dalla divina Provvidenza a proteggere. Dalla legge naturale: poiché come gli inferiori per natura hanno il dovere di obbedire ai loro superiori in tutte le cose previste dalla legge, così essi hanno il diritto di essere governati secondo la legge e pertanto di insistere, qualora ci fosse bisogno, che i loro superiori così governino. Dalla legge di Cristo: poiché il suo Spirito ispirò l’apostolo Paolo di rimproverare Pietro in pubblico quando quest’ultimo non agì secondo la verità del Vangelo (Gal 2). San Tommaso d’Aquino nota che questo rimprovero pubblico di un inferiore al superiore fu lecito in ragione dell’imminente pericolo di scandalo concernente la fede (Summa Theologiae 2a 2ae, 33, 4 ad 2) e la “Glossa di Sant’Agostino” aggiunge che, in quell’occasione, «Pietro stesso diede l’esempio ai superiori di non sdegnare di essere corretti dai sudditi, quando capitasse loro di allontanarsi dalla giusta via» (ibid). Anche la legge della Chiesa ci costringe a ciò, poiché afferma che «i fedeli […]in modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, […] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa» (Codice di Diritto Canonico, can. 212, § 2 e 3; Codice dei Canoni delle Chiese orientali, can. 15, § 3).

È stato dato scandalo alla Chiesa e al mondo, in materia di fede e di morale, mediante la pubblicazione di Amoris laetitia e mediante altri atti attraverso i quali Vostra Santità ha reso sufficientemente chiari la portata e il fine di questo documento. Di conseguenza, si sono diffusi eresie e altri errori nella Chiesa; mentre alcuni vescovi e cardinali hanno continuato a difendere le verità divinamente rivelate circa il matrimonio, la legge morale e la recezione dei sacramenti, altri hanno negato queste verità e da Vostra Santità non hanno ricevuto un rimproveroma un favore. Per contro, quei cardinali che hanno presentato i dubia a Vostra Santità, affinché attraverso questo metodo radicato nel tempo la verità del vangelo potesse essere facilmente affermata, non hanno ricevuto una risposta ma il silenzio.

Santo Padre, il ministero petrino non Le è stato affidato perché imponga strane dottrine ai fedeli, ma perché Lei, quale servo fedele, custodisca il deposito fino al giorno della venuta del Signore (Lc 12; 1Tm 6). Aderiamo incondizionatamente alla dottrina dell’infallibilità papale come definita dal Concilio Vaticano I e pertanto aderiamo alla spiegazione che lo stesso concilio diede di questo carisma, la quale include la seguente dichiarazione: «[…] ai successori di Pietro è stato promesso lo Spirito Santo non perché per sua rivelazione manifestassero una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede» (Pastor Aeternus, cap. 4). Per questa ragione, il Suo predecessore, il Beato Pio IX, lodò la dichiarazione collettiva dei vescovi tedeschi, i quali dichiararono che «l’opinione secondo cui il papa è “un sovrano assoluto in ragione della sua infallibilità” è basata su una comprensione completamente falsa del dogma dell’infallibilità papale»

[1]. Similmente, al Concilio Vaticano II, la Commissione Teologica mise in luce, in riferimento alla Costituzione Dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, che i poteri del Romano Pontefice sono limitati in molti modi[2].

Tuttavia, quei cattolici che non afferrano chiaramente i limiti dell’infallibilità papale sono condotti, mediante le parole e le azioni di Vostra Santità, in uno di due errori disastrosi: o arrivano ad abbracciare le eresie che ora sono propagate o, coscienti che queste dottrine sono contrarie alla Parola di Dio, dubiteranno delle prerogative dei papi o le negheranno. Altri fedeli sono portati a mettere in dubbio la validità della rinuncia del Papa emerito Benedetto XVI. In tal modo, l’ufficio petrino, conferito alla Chiesa da Nostro Signore Gesù Cristo per il bene dell’unità della fede, è strumentalizzato al punto di aprire una strada all’eresia e allo scisma. Di più, notando che le pratiche ora incoraggiate dalle parole e dalle azioni di Vostra Santità sono contrarie non solo alla fede perenne e alla disciplina della Chiesa, ma anche alle dichiarazioni magisteriali dei suoi predecessori, i fedeli riflettono sul fatto che le dichiarazioni di Vostra Santità non possono avere un’autorità maggiore di quella dei papi precedenti; così l’autentico magistero papale soffre di una ferita che potrebbe non rimarginarsi presto.

Noi tuttavia crediamo che Vostra Santità possiede il carisma dell’infallibilità e la giurisdizione universale sui fedeli di Cristo, nel senso definito dalla Chiesa. Nella nostra denuncia di Amoris laetitia edi altri atti, parole e omissioni collegati ad essa, non neghiamo l’esistenza di questo carisma papale o il suo possesso da parte di Vostra Santità, dal momento che né Amoris laetitia né alcuna delle affermazioni che hanno contribuito a propagare le eresie insinuate da questa esortazione sono protette da quella divina garanzia di verità. La nostra correzione è necessitata dalla fedeltà agli insegnamenti papali infallibili che sono incompatibili con alcune dichiarazioni di Vostra Santità.

Come sudditi, non abbiamo il diritto di indirizzare a Vostra Santità quella forma di correzione mediante la quale un superiore minaccia o amministra la punizione a coloro che sono sottomessi a lui (cf. Summa Theologiae 2a 2ae, 33,4). Le rivolgiamo questa correzione, piuttosto, al fine di proteggere i nostri fratelli cattolici – e quelli fuori della Chiesa, dai quali la chiave della conoscenza non deve essere portata via (cf. Lc 11) – sperando di prevenire una diffusione maggiore di dottrine che tendono per se stesse alla profanazione di tutti i sacramenti e alla sovversione della Legge di Dio.

*          *          *

Desideriamo ora mostrare come alcuni passaggi di Amoris laetitia, insieme ad atti, parole e omissioni di Vostra Santità, servono a propagare sette proposizione eretiche[3].

I passaggi di Amoris laetitia ai quali ci riferiamo sono i seguenti:

AL 295: «In questa linea, san Giovanni Paolo II proponeva la cosiddetta “legge della gradualità”, nella consapevolezza che l’essere umano “conosce, ama e realizza il bene morale secondo tappe di crescita”. Non è una “gradualità della legge”, ma una gradualità nell’esercizio prudenziale degli atti liberi in soggetti che non sono in condizione di comprendere, di apprezzare o di praticare pienamente le esigenze oggettive della legge». 

AL 296: «[…] due logiche percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare […]. La strada della Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione […]. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno;

AL 297: «Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo!»

AL 298: «I divorziati che vivono una nuova unione, per esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale. Una cosa è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. La Chiesa riconosce situazioni in cui “l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione” [nota 329: «In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, “non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli”»].C’è anche il caso di quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto, o quello di “coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido”. Altra cosa invece è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari. Dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia. I Padri sinodali hanno affermato che il discernimento dei Pastori deve sempre farsi «distinguendo adeguatamente», con uno sguardo che discerna bene le situazioni. Sappiamo che non esistono “semplici ricette”».

AL 299: «Accolgo le considerazioni di molti Padri sinodali, i quali hanno voluto affermare che “i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti. […] Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo”».

AL 300: «[…] poiché “il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi”, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi [nota 336: «Nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave»]».

AL 301: «Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante. I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere “valori insiti nella norma morale” o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa».

AL 303: «Ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo».

AL 304: «Prego caldamente che ricordiamo sempre ciò che insegna san Tommaso d’Aquino e che impariamo ad assimilarlo nel discernimento pastorale: “Sebbene nelle cose generali vi sia una certa necessità, quanto più si scende alle cose particolari, tanto più si trova indeterminazione. […] In campo pratico non è uguale per tutti la verità o norma pratica rispetto al particolare, ma soltanto rispetto a ciò che è generale; e anche presso quelli che accettano nei casi particolari una stessa norma pratica, questa non è ugualmente conosciuta da tutti. […] E tanto più aumenta l’indeterminazione quanto più si scende nel particolare”. È vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari».

AL 305: «A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa [nota 351: «In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, “ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore”. Ugualmente segnalo che l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli”]».

AL 308: «Comprendo coloro che preferiscono una pastorale più rigida che non dia luogo ad alcuna confusione. Ma credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, “non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada”».

AL 311: «L’insegnamento della teologia morale non dovrebbe tralasciare di fare proprie queste considerazioni […]».

Le parole, gli atti e le omissioni di Vostra Santità ai quali desideriamo riferirci e che insieme a questi passaggi di Amoris laetitia stanno contribuendo a propagare eresie nella Chiesa sono i seguenti:

– Vostra Santità ha rifiutato di dare una risposta positiva ai dubia a Lei presentati dai Cardinali Burke, Caffarra, Brandmüller e Meisner, attraverso i quali Le veniva richiesto rispettosamente di confermare che l’Esortazione apostolica Amoris laetitia non abolisce cinque insegnamenti della fede cattolica.

– Vostra Santità è intervenuta nella composizione della Relatio post disceptationem del Sinodo Straordinario sulla Famiglia. La Relatio proponeva di concedere la Comunione ai cattolici divorziati e risposati, distinguendo “caso per caso” e diceva che i pastori dovrebbero enfatizzare gli “aspetti positivi” degli stili di vita che la Chiesa considera gravemente peccaminosi, inclusi il matrimonio civile dopo il divorzio e la coabitazione prematrimoniale. Queste proposte furono incluse nella Relatio in ragione della Sua personale insistenza, nonostante che esse non avessero raggiunto i due-terzi della maggioranza richiesta dalle regole del Sinodoperché una proposta potesse essere inclusa nella Relatio.

– In un’intervista dell’aprile 2016, un giornalista chiese a Vostra Santità se ci siano concrete possibilità per i divorziati risposati che non esistessero prima della pubblicazione di Amoris laetitia. Lei ha risposto: «Io posso dire, sì. Punto». Vostra Santità ha dichiarato poi che alla domanda del giornalista aveva risposto il Cardinale Schönborn nella sua presentazione di Amoris laetitia. In quella presentazione il Cardinale Schönborn ha affermato:

La mia grande gioia per questo documento sta nel fatto che esso coerentemente superi l’artificiosa, esteriore, netta divisione fra “regolare” e “irregolare” e ponga tutti sotto l’istanza comune del Vangelo, secondo le parole di San Paolo: “Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!” (Rom 11, 32). […] Si pone naturalmente la domanda: e cosa dice il Papa a proposito dell’accesso ai sacramenti per persone che vivono in situazioni “irregolari”? Già Papa Benedetto aveva detto che non esistono delle “semplici ricette” (AL 298, nota 333). E Papa Francesco torna a ricordare la necessità di discernere bene le situazioni, nella linea della Familiaris consortio (84) di San Giovanni Paolo II (AL 298). “Il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che dànno gloria a Dio” (AL 305). E Papa Francesco ci ricorda una frase importante che aveva scritto nell’Evangelii gaudium 44: “Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà” (AL 304). Nel senso di questa “via caritatis” (AL 306) il Papa afferma, in maniera umile e semplice, in una nota (351), che si può dare anche l’aiuto dei sacramenti “in certi casi”»[4].

Vostra Santità ha amplificato questa dichiarazione asserendo che Amoris laetitia appoggia l’approccio ai divorziati risposati praticato nella diocesi del Cardinale Schönborn, dove a costoro è permesso di ricevere la Comunione.

– Il 5 settembre 2016 i vescovi della regione di Buenos Aires hanno pubblicato una dichiarazione circa l’applicazione di Amoris laetitia, nella quale asseriscono:

6) En otras circunstancias más complejas, y cuando no se pudo obtener una declaración de nulidad, la opción mencionada puede no ser de hecho factible. No obstante, igualmente es posible un camino de discernimiento. Si se llega a reconocer que, en un caso concreto, hay limitaciones que atenúan la responsabilidad y la culpabilidad (cf. 301-302), particularmente cuando una persona considere que caería en una ulterior falta dañando a los hijos de la nueva unión, Amoris laetítía abre la posibilidad del acceso a los sacramentos de la Reconciliación y la Eucaristía (cf. notas 336 y 351). Estos a su vez disponen a la persona a seguir madurando y creciendo con la fuerza de la gracia. […]

9) Puede ser conveniente que un eventual acceso a los sacramentos se realice de manera reservada, sobre todo cuando se prevean situaciones conflictivas. Pero al mismo tiempo no hay que dejar de acompañar a la comunidad para que crezca en un espíritu de comprensión y de acogida, sin que ello implique crear confusiones en la enseñanza de la Iglesia acerca del matrimonio indisoluble. La comunidad es instrumento de la misericordia que es «inmerecida, incondicional y gratuita» (297).

10) El discernimiento no se cierra, porque «es dinámico y debe permanecer siempre abierto a nuevas etapas de crecimiento y a nuevas decisiones que permitan realizar el ideal de manera más plena» (303), según la «ley de gradualidad» (295) y confiando en la ayuda de la gracia.

[6) In altre circostanze più complesse, e quando non si è potuta ottenere la dichiarazione di nullità, l’opzione appena menzionata può di fatto non essere percorribile. Ciò nonostante, è ugualmente possibile un percorso di discernimento. Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris laetitia apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia (cfr. nota 336 e 351). Questi, a loro volta, disporranno la persona a continuare il processo di maturazione e a crescere con la forza della grazia. […]

9) Può essere opportuno che un eventuale accesso ai sacramenti si realizzi in modo riservato, soprattutto quando si possano ipotizzare situazioni di disaccordo. Ma allo stesso tempo non bisogna smettere di accompagnare la comunità per aiutarla a crescere in spirito di comprensione e di accoglienza, badando bene a non creare confusioni a proposito dell’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. La comunità è strumento di una misericordia che è «immeritata, incondizionata e gratuita» (297).

10) Il discernimento non si conclude, perché «è dinamico e deve rimanere sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno» (303), secondo la «legge della gradualità» (295) e confidando sull’aiuto della grazia].

Qui si asserisce che secondo Amoris laetitia non si deve creare confusione circa l’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio, che i divorziati risposati possono ricevere i sacramenti e che il rimanere in questo stato è compatibile con il ricevere l’aiuto della grazia. Vostra Santità ha scritto una lettera ufficiale, che porta la data dello stesso giorno in cui scrivono i vescovi argentini, al vescovo Sergio Alfredo Fenoy di San Miguel, delegato dei vescovi argentini della regione di Buenos Aires, nella quale Lei dichiara che i vescovi della regione di Buenos Aires hanno dato l’unica interpretazione possibile di Amoris laetitia:

«Querido hermano:

Recibí el escrito de la Región Pastoral Buenos Aires «Criterios básicos para la aplicación del capítulo VIII de Amoris laetítia». Muchas gracias por habérmelo enviado; y los felicito por el trabajo que se han tomado: un verdadero ejemplo de acompañamiento a los sacerdotes… y todos sabemos cuánto es necesaria esta cercanía del obíspo con su clero y del clero con el obispo . El prójimo «más prójimo» del obispo es el sacerdote, y el mandamiento de amar al prójimo como a sí mismo comienza para nosotros obispos precisamente con nuestros curas.

El escrito es muy bueno y explícita cabalmente el sentido del capitulo VIII de Amoris Laetitia. No hay otras interpretaciones».

«Caro Fratello,

Ho ricevuto il documento della Regione Pastorale Buenos Aires “Criteri basilari per l’applicazione del capitolo VIII di Amoris laetitia”. Molte grazie per avermelo inviato; mi felicito con loro per il lavoro che hanno fatto: un vero esempio di accompagnamento dei sacerdoti…e tutti sappiamo quanto è necessaria questa vicinanza del vescovo al suo clero e del clero al vescovo. Il prossimo “più prossimo” del vescovo è il sacerdote e il comandamento di amare il prossimo come se stessi comincia per noi vescovi precisamente con i nostri sacerdoti. Lo scritto è molto buono e spiega completamente il significato del capitolo VIII di Amoris Laetitia. Non ci sono altre interpretazioni»[5].

– Vostra Santità ha nominato l’Arcivescovo Vincenzo Paglia presidente della Pontificia Accademia per la Vita e Gran Cancelliere dell’Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia. Come capo del Pontificio Consiglio per la Famiglia, l’Arcivescovo Paglia è stato responsabile di una pubblicazione di un libro, Famiglia e Chiesa, un legame indissolubile (Libreria Editrice Vaticana, 2015), il quale contiene le conferenze fatte a tre seminari promossi dal suo dicastero sui temi “Matrimonio: fede, sacramenti, disciplina”; Famiglia, amore coniugale e generazione”; e “La famiglia ferita e le unioni irregolari: quale atteggiamento pastorale”. Questo libro e i seminari che descrive mirano a portare avanti i propositi del Sinodo sulla Famiglia e promuovere la concessione della Comunione ai cattolici divorziati e risposati.

– Sotto l’autorità di Vostra Santità, sono state compilate le linee guida della diocesi di Roma, le quali permettono la recezione dell’Eucaristia in alcune circostanze da parte dei cattolici che sono civilmente divorziati risposati e che vivono more uxorio con il loro partner civile.

– Vostra Santità ha nominato il Vescovo Kevin Farrel prefetto del nuovo Dicastero per i Laici, Famiglia e Vita e lo ha fatto cardinale. Il Cardinale Farrel ha manifestato il suo supporto alla proposta del Cardinale Schönborn che i divorziati risposati ricevano la Comunione. Egli ha dichiarato che la recezione della Comunione da parte dei divorziati risposati è un «processo di discernimento e di coscienza»[6].

– Il 17 gennaio 2017, L’Osservatore Romano, giornale ufficiale della Santa Sede, ha pubblicato le linee guida redatte dall’Arcivescovo di Malta e dal Vescovo di Gozo per la recezione dell’Eucaristia da parte di persone che vivono in una relazione adulterina. Queste linee guida hanno permesso la recezione sacrilega dell’Eucaristia da parte di alcune persone in questa condizione, affermando che in alcuni casi è impossibile per tali persone praticare la castità e nocivo provare a praticare la castità. Nessuna critica è stata fatta a queste linee guida dall’Osservatore Romano, che le ha meramente presentate come esercizio dell’insegnamento e dell’autorità episcopale. Questa pubblicazione è un atto ufficiale della Santa Sede, non corretto da Vostra Santità.

Correctio

His verbis, actis, et omissionibus, et in iis sententiis libri Amoris Laetitia quas supra diximus, Sanctitas Vestra sustentavit recte aut oblique, et in Ecclesia (quali quantaque intelligentia nescimus nec iudicare audemus) propositiones has sequentes, cum munere publico tum actu privato, propagavit, falsas profecto et haereticas:

♦ “Homo iustificatus iis caret viribus quibus, Dei gratia adiutus, mandata obiectiva legis divinae impleat; quasi quidvis ex Dei mandatis sit iustificatis impossibile; seu quasi Dei gratia, cum in homine iustificationem efficit, non semper et sua natura conversionem efficiat ab omni peccato gravi; seu quasi non sit sufficiens ut hominem ab omni peccato gravi convertat”.

"Christifidelis qui, divortium civile a sponsa legitima consecutus, matrimonium civile (sponsa vivente) cum alia contraxit; quique cum ea more uxorio vivit; quique cum plena intelligentia naturae actus sui et voluntatis propriae pleno ad actum consensu eligit in hoc rerum statu manere: non necessarie mortaliter peccare dicendus est, et gratiam sanctificantem accipere et in caritate crescere potest”.

♦ “Christifidelis qui alicuius mandati divini plenam scientiam possidet et deliberata voluntate in re gravi eam violare eligit, non semper per talem actum graviter peccat”.

♦ “Homo potest, dum divinae prohibitioni obtemperat, contra Deum ea ipsa obtemperatione peccare”.

♦ “Conscientia recte ac vere iudicare potest actus venereos aliquando probos et honestos esse aut licite rogari posse aut etiam a Deo mandari, inter eos qui matrimonium civile contraxerunt quamquam sponsus cum alia in matrimonio sacramentali iam coniunctus est”.

♦ “Principia moralia et veritas moralis quae in divina Revelatione et in lege naturali continentur non comprehendunt prohibitiones qualibus genera quaedam actionis absolute vetantur utpote quae propter obiectum suum semper graviter illicita sint”.

♦ “Haec est voluntas Domini nostri Iesu Christi, ut Ecclesia disciplinam suam perantiquam abiciat negandi Eucharistiam et Absolutionem iis qui, divortium civile consecuti et matrimonium civile ingressi, contritionem et propositum firmum sese emendandi ab ea in qua vivunt vitae conditione noluerunt patefacere”[7].

Tutte queste proposizioni contraddicono verità divinamente rivelate che i cattolici devono credere con assenso di fede divina. Esse sono state già identificate come eresie nella petizione riguardante Amoris laetitia che fu inviata da 45 studiosi cattolici ai Cardinali e ai Patriarchi delle Chiese Orientali[8]. È necessario per il bene delle anime che esse siano ancora una volta condannate dall’autorità della Chiesa. Nell’elencare queste sette proposizioni, non intendiamo offrire una lista esaustiva di tutte le eresie ed errori che ad una lettura obbiettiva di Amoris laetitia, secondo il suo senso naturale e ovvio, il lettore evidenzierebbe in quanto affermati, suggeriti o favoriti dal documento: una lettera inviata a tutti i cardinali della Chiesa e ai patriarchi della Chiesa Orientale ne elenca 19 di tali proposizioni. Piuttosto ci riferiamo alle proposizioni che Vostra Santità, mediante parole, atti e omissioni – come già descritto – ha in effetti sostenuto e propagato, causando grande e imminente pericolo per le anime.

Pertanto, in quest’ora critica, ci rivolgiamo alla cathedra veritatis, la Chiesa Romana, che per legge divina ha preminenza su tutte le Chiese e della quale siamo e intendiamo rimanere sempre figli leali. Rispettosamente insistiamo affinché Vostra Santità pubblicamente rigetti queste proposizioni, compiendo così il mandato di Nostro Signore Gesù Cristo dato a Pietro e attraverso di lui a tutti i suoi successori fino alla fine del mondo: «Ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli».

Rispettosamente chiediamo la Vostra Benedizione Apostolica, assicurandoLe la nostra devozione filiale in Nostro Signore e la nostra preghiera per il bene della Chiesa.

*          *          *

Delucidazione

Al fine di delucidare la nostra Correctio e di redigere una difesa contro la diffusione degli errori, desideriamo ora attirare l’attenzione su due fonti generali di errori che ci appaiono quale veicolo delle eresie che abbiamo elencato. Parliamo per primo di una falsa comprensione della Divina Rivelazione che generalmente riceve il nome di Modernismo e poi degli insegnamenti di Martin Lutero.

 

  • Il problema del Modernismo

La comprensione cattolica della Divina Rivelazione è frequentemente negata da teologi contemporanei e questa negazione ha portato a una dilagante confusione tra i Cattolici circa la natura della Divina Rivelazione e della fede. Allo scopo di evitare ogni incomprensione che potrebbe sorgere da questa confusione e per poter giustificare ciò che sosteniamo circa la presente propagazione di eresie nella Chiesa, descriveremo la comprensione cattolica della Divina Rivelazione e della fede, di cui abbiamo fatto uso in questo documento.

Questa descrizione è necessaria anche per rispondere ai passaggi di Amoris laetitia dove viene asserito che si dovrebbero seguire gli insegnamenti di Cristo e del magistero della Chiesa. Questi passaggi includono i seguenti: «Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi […]» (AL 3). «Fedeli all’insegnamento di Cristo guardiamo alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua complessità […]» (AL 32). «In questo senso l’Enciclica Humanae vitae (cfr 10-14) e l’Esortazione apostolica Familiaris consortio (cfr 14; 28-35) devono essere riscoperte […]» (AL 222). «Le parole del Maestro (cfr Mt 22,30) e quelle di san Paolo (cfr 1 Cor 7,29-31) sul matrimonio sono inserite – non casualmente – nella dimensione ultima e definitiva della nostra esistenza, che abbiamo bisogno di recuperare» (AL 325). Questi passaggi potrebbero essere considerati come un’assicurazione del fatto che nulla in Amoris laetitiacontribuisce a propagare errori contrari all’insegnamento cattolico. Una descrizione della vera natura dell’adesione all’insegnamento cattolico sarà utile a chiarire la nostra posizione: Amoris laetitia veramente contribuisce a propagare tali errori.

Le verità seguenti, insegnate dalla Sacra Scrittura, dalla Sacra Tradizione, dal consenso universale dei Padri e dal magistero della Chiesa, offrono una somma dell’insegnamento cattolico sulla fede, la Divina Rivelazione, l’insegnamento del magistero infallibile e l’eresia:

♦ I vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, il cui carattere storico è asserito senza esitazioni dalla Chiesa, fedelmente trasmettono ciò che Gesù Cristo, mentre viveva in mezzo agli uomini, realmente fece e insegnò per la loro salvezza eterna, fino al giorno in cui ascese in cielo[9].

♦ Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo. Di conseguenza, tutti i suoi insegnamenti sono insegnamenti di Dio stesso[10].

♦ Tutte le proposizioni che sono contenute nella fede cattolica sono verità comunicate da Dio[11].

♦ Nel credere a queste verità con un assenso, cioè con un atto della virtù teologale della fede, crediamo alla testimonianza di colui che parla. L’atto di fede divina è una forma particolare dell’attività intellettuale generale nel credere a una proposizione in quanto asserita da colui che parla e perché colui che parla è ritenuto onesto e informato riguardo all’asserzione che fa. In un atto di fede divina, si crede a Dio che parla ed Egli è creduto perché è Dio e perciò informato e sincero[12].

♦ Credere alla testimonianza divina differisce dal credere alla testimonianza degli esseri umani che non sono divini, poiché Dio è onnisciente e perfettamente buono. Di conseguenza, Egli non può né mentire né ingannare. È perciò impossibile che la testimonianza divina sia errata. Poiché le verità della fede cattolica ci sono comunicate da Dio, l’assenso della fede dato ad esse è certissimo. Un credente cattolico non ha fondamento razionale per dubitare di una di queste verità o per non credervi[13].

♦ La ragione umana da sé può stabilire la verità della fede cattolica basata sull’evidenza pubblica dell’origine divina della Chiesa Cattolica, ma un tale ragionamento non può produrre un atto di fede. La virtù teologale della fede e l’atto di fede possono essere prodotti solo dalla grazia divina. Una persona che ha questa virtù, ma che liberamente e consapevolmente sceglie di non credere a una verità della fede cattolica, pecca mortalmente e perde la vita eterna[14].

♦ La verità di una proposizione consiste nel dire cos’è ciò che è; in termini scolastici si tratta di un’adaequatio rei et intellectus. Ogni verità è tale, non importa da chi o quando o in quali circostanze è considerata. Nessuna verità può contraddire un’altra verità[15].

♦ La fede cattolica non esaurisce tutte le verità su Dio poiché solo l’intelletto divino può comprendere interamente l’essere divino. Nonostante ciò, ogni verità della fede cattolica è interamente e completamente vera; le caratteristiche della realtà che tale verità descrive sono esattamente tali quali queste verità le presentano. Non c’è differenza tra il contenuto degli insegnamenti della fede e le cose così come sono[16].

♦ Il discorso divino che comunica le verità della fede cattolica è espresso in lingue umane. Il testo ispirato delle Sacre Scritture, ebraico e greco, è espresso da Dio in tutte le sue parti. Non è un mero resoconto umano o un’interpretazione della Divina Rivelazione e nessuna parte del suo significato è riconducibile solamente a cause umane. Nel credere all’insegnamento delle Sacre Scritture crediamo direttamente a Dio. Non crediamo a ciò che dice Dio basandoci sul credere nella testimonianza di qualcun altro: una persona non-divina o persone in genere[17].

♦ Quando la Chiesa cattolica infallibilmente insegna che una proposizione è una parte divinamente rivelata della fede cattolica ed è da essere creduta con un assenso di fede, i cattolici che dànno il loro assenso a questo insegnamento credono a ciò che Dio ha comunicato e lo credono in ragione del fatto che Egli ha detto ciò[18].

♦ Le lingue con cui la Divina Rivelazione è espressa e le culture e la storia che hanno dato forma a queste lingue non limitano, distorcono o aggiungono qualcosa alla Divina Rivelazione espressa in esse. Nessuna parte o aspetto delle Sacre Scritture o dell’insegnamento infallibile della Chiesa concernente il contenuto della Divina Rivelazione è prodotto solo dal linguaggio e dalle condizioni storiche in cui sono espresse e non dall’azione di Dio che comunica le verità. Perciò, nessuna parte del contenuto dell’insegnamento della Chiesa può essere rivisto o rigettato sulla base del fatto che esso è prodotto da circostanze storiche piuttosto che dalla Divina Rivelazione[19].

♦ L’insegnamento magisteriale della Chiesa dopo la morte dell’ultimo apostolo deve essere capito e creduto come un tutt’uno. Non è diviso tra un magistero del passato e un magistero contemporaneo o vivente che potrebbe ignorare un insegnamento magisteriale precedente o rivederlo a proprio comodo[20].

♦ Il Papa, il quale ha la suprema autorità nella Chiesa, non è esente egli stesso dall’autorità della Chiesa, secondo la legge divina ed ecclesiastica. Egli è vincolato nell’accettare e nel sostenere l’insegnamento definitivo dei suoi predecessori nell’ufficio papale[21].

♦ Una proposizione eretica è una proposizione che contraddice una verità divinamente rivelata contenuta nella fede cattolica[22].

♦ Il peccato di eresia è commesso da una persona che possiede la virtù teologale della fede, ma che liberamente e consapevolmente sceglie di non credere a una verità della fede cattolica o di dubitarne. Tale persona pecca mortalmente e perde la vita eterna. Il giudizio della Chiesa circa il peccato personale di eresia è esercitato solo dal sacerdote nel sacramento della penitenza[23].

♦ Il crimine di eresia, secondo il diritto canonico, è commesso quando un cattolico: a) pubblicamente dubita di una o più verità della fede cattolica o le nega, o pubblicamente rifiuta di dare l’assenso ad una o più verità della fede cattolica, ma non dubita di tutte queste verità o le nega o nega l’esistenza della rivelazione cristiana; b) è pertinace nella sua negazione. “Pertinace” significa che la persona in questione continua a dubitare pubblicamente di una o più verità della fede cattolica o a negarle, dopo essere stato richiamato dalla competente autorità ecclesiastica al fatto che il suo dubbio o la sua negazione è un rigetto di una verità della fede, che deve rinunciare al suo dubbio o alla sua negazione e che la verità in questione deve essere affermata pubblicamente come divinamente rivelata dalla medesima persona[24].

 

(Le suddette descrizioni relative al peccato personale di eresia e al crimine di eresia secondo il diritto canonico vengono fornite solamente al fine di escluderle dall’oggetto della nostra correzione. Siamo solo preoccupati di evidenziare le proposizioni eretiche propagate mediante parole, atti e omissioni di Vostra Santità. Non abbiamo la competenza per affrontare la questione canonica dell’eresia e neppure l’intenzione).  

 

  • L’influenza di Martin Lutero

In secondo luogo, siamo obbligati in coscienza a fare riferimento ad una simpatia senza precedenti di Vostra Santità per Martin Lutero e all’affinità tra le idee di Lutero sulla legge, la giustificazione e il matrimonio e quelle insegnate o favorite da Vostra Santità in Amoris laetitia e altrove[25]. Ciò è necessario affinché la nostra denuncia delle sette proposizioni eretiche elencate in questo documento possa essere completa; desideriamo mostrare, seppure a modo di sommario, che questi non sono errori isolati, quanto piuttosto parte di un sistema eretico. I cattolici devono essere messi in guardia non solo contro questi sette errori, ma anche contro questo sistema eretico come tale, non per ultimo in ragione della lode di Vostra Santità all’uomo che l’ha originato.

Così, in una conferenza stampa del 26 giugno 2016, Vostra Santità ha dichiarato:

«Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore. Forse alcuni metodi non erano giusti, ma in quel tempo, se leggiamo la storia del Pastor, per esempio – un tedesco luterano che poi si è convertito quando ha visto la realtà di quel tempo, e si è fatto cattolico – vediamo che la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione nella Chiesa, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente, e ha fatto un passo avanti giustificando il perché faceva questo. E oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato»[26].

In un’omelia tenuta nella Cattedrale luterana di Lund, Svezia, il 31 ottobre 2016, Vostra Santità ha dichiarato:

«Cattolici e luterani abbiamo cominciato a camminare insieme sulla via della riconciliazione. Ora, nel contesto della commemorazione comune della Riforma del 1517, abbiamo una nuova opportunità di accogliere un percorso comune, che ha preso forma negli ultimi cinquant’anni nel dialogo ecumenico tra la Federazione Luterana Mondiale e la Chiesa Cattolica. Non possiamo rassegnarci alla divisione e alla distanza che la separazione ha prodotto tra noi. Abbiamo la possibilità di riparare ad un momento cruciale della nostra storia, superando controversie e malintesi che spesso ci hanno impedito di comprenderci gli uni gli altri.

Gesù ci dice che il Padre è il padrone della vigna (cfr v. 1), che la cura e la pota perché dia più frutto (cfr v. 2). Il Padre si preoccupa costantemente del nostro rapporto con Gesù, per vedere se siamo veramente uniti a lui (cfr v. 4). Ci guarda, e il suo sguardo di amore ci incoraggia a purificare il nostro passato e a lavorare nel presente per realizzare quel futuro di unità a cui tanto anela.

Anche noi dobbiamo guardare con amore e onestà al nostro passato e riconoscere l’errore e chiedere perdono: Dio solo è il giudice. Si deve riconoscere con la stessa onestà e amore che la nostra divisione si allontanava dalla intuizione originaria del popolo di Dio, che aspira naturalmente a rimanere unito, ed è stata storicamente perpetuata da uomini di potere di questo mondo più che per la volontà del popolo fedele, che sempre e in ogni luogo ha bisogno di essere guidato con sicurezza e tenerezza dal suo Buon Pastore. Tuttavia, c’era una sincera volontà da entrambe le parti di professare e difendere la vera fede, ma siamo anche consapevoli che ci siamo chiusi in noi stessi per paura o pregiudizio verso la fede che gli altri professano con un accento e un linguaggio diversi.

[…]

«L’esperienza spirituale di Martin Lutero ci interpella e ci ricorda che non possiamo fare nulla senza Dio. “Come posso avere un Dio misericordioso?”. Questa è la domanda che costantemente tormentava Lutero. In effetti, la questione del giusto rapporto con Dio è la questione decisiva della vita. Come è noto, Lutero ha scoperto questo Dio misericordioso nella Buona Novella di Gesù Cristo incarnato, morto e risorto. Con il concetto di “solo per grazia divina”, ci viene ricordato che Dio ha sempre l’iniziativa e che precede qualsiasi risposta umana, nel momento stesso in cui cerca di suscitare tale risposta. La dottrina della giustificazione, quindi, esprime l’essenza dell’esistenza umana di fronte a Dio»[27].

Oltre ad affermare che Martin Lutero non si è sbagliato circa la giustificazione e in stretta consonanza con la sua visione, Vostra Santità ha dichiarato più di una volta che i nostri peccati sono il luogo dove incontriamo Cristo (nella Sua omelia del 4 settembre e del 18 settembre 2014), giustificando il suo punto di vista con San Paolo, il quale in realtà si vanta delle sue “debolezze” (“astheneìais”, cf. 2Cor 12,5.9) e non dei suoi peccati, così che la potenza di Cristo dimori in lui[28]. In un discorso ai membri di Comunione e Liberazione del 7 marzo 2015, Vostra Santità ha detto:

«Il luogo privilegiato dell’incontro è la carezza della misericordia di Gesù Cristo verso il mio peccato. E per questo, alcune volte, voi mi avete sentito dire che il posto, il luogo privilegiato dell’incontro con Gesù Cristo è il mio peccato»[29]

Inoltre, in aggiunta ad altre proposizioni di Amoris laetitia, elencate in una lettera mandata a tutti i Cardinali e Patriarchi della Chiese orientali e qualificate come eretiche, erronee o ambigue, leggiamo anche questa:

«Tuttavia, non è bene confondere piani differenti: non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica “un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio”» (AL 122).

Mentre è vero che il segno sacramentale del matrimonio implica un processo dinamico verso la santità, è anche vero che mediante il segno sacramentale viene perfettamente riprodotta per mezzo della grazia l’unione di Cristo con la Chiesa nella coppia di sposi. Non si tratta di imporre «un tremendo peso» su due persone limitate, quanto piuttosto di riconoscere l’opera del sacramento e della grazia (res et sacramentum).

In modo sorprendente notiamo qui, come in diverse altre parti di questa Esortazione Apostolica, una vicinanza al discredito del matrimonio da parte di Lutero. Per il Rivoluzionario tedesco, la concezione cattolica di sacramento ex opere operato, ritenuta essere “meccanica”, è inaccettabile. Quantunque egli mantenga la distinzione di signum et res, dopo il 1520, con La cattività babilonese della Chiesa, non la applica più al matrimonio. Lutero nega che il matrimonio sia sacramentale sulla base del fatto che in nessun luogo nella Bibbia leggiamo che l’uomo che sposa una donna riceva la grazia di Dio e neppure leggiamo che il matrimonio è stato istituito da Dio quale segno di qualcosa. Lutero ritenne che il matrimonio fosse un mero simbolo, aggiungendo che quantunque esso possa rappresentare l’unione di Cristo con la Chiesa, tali figure e allegorie non sono sacramenti nel senso in cui usiamo il termine (cf. Luther’s Works [LW] 36:92). Per questa ragione, il matrimonio – il cui fine fondamentale è concepire i figli e educarli nella via di Dio (cf. LW 44:11-12) – secondo Lutero appartiene all’ordine della creazione e non a quello della salvezza (cf. LW 45:18); è dato solo allo scopo di estinguere il fuoco della concupiscenza e quale bastione contro il peccato (cf. LW 3, Gn 16:4).

Di più, principiando dalla sua personale visione della natura umana corrotta dal peccato, Lutero è cosciente che l’uomo non sempre è prono ad osservare la legge di Dio. Perciò egli è convinto che c’è un duplice modo mediante il quale Dio governa il genere umano, al quale corrisponde una visione morale duplice del matrimonio e del divorzio. Così il divorzio è generalmente ammesso da Lutero nel caso di adulterio, ma solo per le persone non spirituali.

Il suo ragionamento poggia sul fatto che vi sono due forme di governo divino in questo mondo: una spirituale e l’altra temporale. Mediante il governo spirituale, lo Spirito Santo guida i cristiani e i giusti con il Vangelo di Cristo; con il governo temporale, Dio trattiene i non cristiani e i malvagi al fine di mantenere la pace esterna (cf. LW 45:91). Due sono anche le leggi che regolano la vita morale: una è spirituale, per coloro che vivono sotto l’influsso dello Spirito Santo, l’altra temporale o mondana, per coloro che non riescono ad osservare la legge spirituale (cf. LW 45:88-93). Questa doppia visione morale è applicata da Lutero all’adulterio in riferimento a Mt 5:32. Pertanto, i cristiani non devono divorziare in caso di adulterio (legge spirituale); ma il divorzio esiste ed è stato permesso da Mosè a causa del peccato (legge mondana). Il permesso di divorziare è visto così come un limite posto da Dio alle persone carnali per trattenere il loro cattivo comportamento e per preservarli dal commettere di peggio in ragione della loro malizia (cf. LW 45:31).

Come non possiamo vedere qui una somiglianza molto stretta con quanto è stato detto da Vostra Santità in Amoris laetitia? Da un lato il matrimonio è apparentemente salvaguardato come sacramento, mentre dall’altro lato il divorzio e il matrimonio civile che è seguito sono considerati “misericordiosamente” come status quo, da essere integrati – quantunque solo “pastoralmente” – nella vita della Chiesa, contraddicendo così apertamente la parola di Nostro Signore. Lutero fu guidato ad accettare una seconda unione in ragione della sua identificazione della concupiscenza con il peccato, considerando il matrimonio come rimedio alla concupiscenza. In verità, la concupiscenza non è in sé peccato, così come una seconda unione, quando uno dei coniugi è ancora in vita, non è uno status, ma una privazione della verità.

Tuttavia, l’autocontraddizione di Lutero, generata dalla sua doppia visione del matrimonio – visto in se stesso come un qualcosa che appartiene propriamente alla Legge e non al Vangelo – è apparentemente superata con la precedenza della fede: una “fiducia cordiale” che permette di aderire soggettivamente a Dio. Egli reputa che la fede giustifichi l’uomo nella misura in cui la giustizia punitiva si ritira nella misericordia ed è cambiata permanentemente in amore che perdona. Questo è reso possibile in virtù di un “gioioso scambio” (fröhlicher Wechseln), mediante cui il peccatore può dire a Cristo: «Tu sei la mia giustizia così come io sono il tuo peccato» (LW 48:12; cf. anche 31:351; 25:188). Per mezzo di questo “gioioso scambio”, Cristo diventa l’unico peccatore e noi siamo giustificati mediante l’accettazione della Parola nella fede.

Nel Suo pellegrinaggio a Fatima per l’inizio di questo provvidenziale centenario, Vostra Santità ha fatto chiaramente allusione alla visione luterana della fede e della giustificazione, dichiarando, il 12 maggio 2017, quanto segue:

«Grande ingiustizia si commette contro Dio e la sua grazia, quando si afferma in primo luogo che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre – come manifesta il Vangelo – che sono perdonati dalla sua misericordia! Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio e, comunque, il giudizio di Dio sarà sempre fatto alla luce della sua misericordia. Ovviamente la misericordia di Dio non nega la giustizia, perché Gesù ha preso su di Sé le conseguenze del nostro peccato insieme al dovuto castigo. Egli non negò il peccato, ma ha pagato per noi sulla Croce. E così, nella fede che ci unisce alla Croce di Cristo, siamo liberi dai nostri peccati; mettiamo da parte ogni forma di paura e timore, perché non si addice a chi è amato (cfr 1 Gv 4,18)»[30]

Il Vangelo non insegna che tutti i peccati saranno di fatto perdonati, né che Cristo soltanto ha sperimentato il “giudizio” o la giustizia di Dio, lasciando solo la misericordia al resto dell’umanità. Mentre c’è una “sofferenza vicaria” di Nostro Signore al fine di espiare i peccati, non c’è una “punizione vicaria”, poiché Cristo fu fatto «peccato per noi» (cf. 2 Cor 5,21) e non peccatore. A causa dell’amore divino e non perché oggetto dell’ira di Dio, Cristo ha offerto il supremo sacrificio di salvezza per riconciliarci con Dio, prendendo su di sé solamente le conseguenze dei nostri peccati (cf. Gal 3:13). Pertanto, non è sufficiente avere fede che i nostri peccati sono stati rimossi da una supposta punizione vicaria perché siamo giustificati; la nostra giustificazione consiste nella conformità al nostro Salvatore che si realizza mediante la fede che opera per mezzo della carità (cf. Gal 5,6).

Santo Padre, ci permetta infine di esprimere anche la nostra meraviglia e dolore per due eventi accaduti nel cuore della Chiesa, i quali similmente manifestano il favore di cui gode l’eresiarca tedesco sotto il Suo pontificato. Il 15 gennaio 2016 è stata concessa la Santa Comunione a un gruppo di luterani finlandesi nel corso della celebrazione di una Santa Messa nella basilica di San Pietro. Il 13 ottobre 2016, Vostra Santità ha presieduto un incontro di cattolici e luterani in Vaticano, nella Sala Nervi, in cui era stata erettauna statua a Martin Lutero.

 

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[1] Denzinger-Hünermann (DH) 3117, Lettera apostolica Mirabilis illa constantia, 4 marzo 1875.

[2] Cf. Relatio della Commissione Teologica sul n. 22 di Lumen gentium, in Acta Synodalia, III/I, p. 247.

[3] Questa sezione contiene la Correctio propriamente parlando che i firmatari intendono principalmente e direttamente sottoscrivere.

[4] press.vatican.va - sala stampa - bollettino 08/04/2016.

[5] amoris laetitia - lettera del papa ai vescovi di Buenos Aires. 

[6] new cardinal Farrell: amoris laetitia Holy Spirit speaking.

[7] Per mezzo di queste parole, atti e omissioni e per mezzo dei suddetti passaggi del documento Amoris laetitia, Vostra Santità ha sostenuto, in modo diretto o indiretto (con quale e quanta consapevolezza non lo sappiamo né vogliamo giudicarlo), le seguenti proposizioni false ed eretiche, propagate nella Chiesa tanto con il pubblico ufficio quanto con atto privato:

♦ “Una persona giustificata non ha la forza con la grazia di Dio di adempiere i comandamenti oggettivi della legge divina, come se alcuni dei comandamenti fossero impossibili da osservare per colui che è giustificato; o come se la grazia di Dio, producendo la giustificazione in un individuo, non producesse invariabilmente e di sua natura la conversione da ogni peccato grave, o che non fosse sufficiente alla conversione da ogni peccato grave”.

♦ “I cristiani che hanno ottenuto il divorzio civile dal coniuge con il quale erano validamente sposati e hanno contratto un matrimonio civile con un’altra persona (mentre il coniuge era in vita); i quali vivono more uxorio con il loro partner civile e hanno scelto di rimanere in questo stato con piena consapevolezza della natura della loro azione e con il pieno consenso della volontà di rimanere in questo stato, non sono necessariamente nello stato di peccato mortale, possono ricevere la grazia santificante e crescere nella carità”.

♦ “Un cristiano può avere la piena conoscenza di una legge divina e volontariamente può scegliere di violarla in una materia grave, ma non essere in stato di peccato mortale come risultato di quell’azione”.

♦ “Una persona, mentre obbedisce alla legge divina, può peccare contro Dio in virtù di quella stessa obbedienza”.

♦ “La coscienza può giudicare veramente e correttamente che talvolta gli atti sessuali tra persone che hanno contratto tra loro matrimonio civile, quantunque uno dei due o entrambi siano sacramentalmente sposati con un’altra persona, sono moralmente buoni, richiesti o comandati da Dio”.

♦ “I principi morali e le verità morali contenute nella Divina Rivelazione e nella legge naturale non includono proibizioni negative che vietano assolutamente particolari generi di azioni che per il loro oggetto sono sempre gravemente illecite”.

♦ “Nostro Signore Gesù Cristo vuole che la Chiesa abbandoni la sua perenne disciplina di rifiutare l’Eucaristia ai divorziati risposati e di rifiutare l’assoluzione ai divorziati risposati che non manifestano la contrizione per il loro stato di vita e un fermo proposito di emendarsi”.

[8] Questi sono i riferimenti bibliografici che sono stati inclusi nella lettera ai cardinali e patriarchi riguardanti le sette proposizioni:

1) Concilio di Trento, sessione 6, canone 18: «Se qualcuno afferma che i comandamenti di Dio sono impossibili da osservare per un uomo che è giustificato e stabilito nella grazia, sia su di lui l’anatema» (DH 1568).

Vedi anche: Gn 4:7; Dt 30:11-19; Sir 15: 11-22; Mc 8:38; Lc 9:26; Eb 10:26-29; 1Gv 5:17; Zosimo, 15° (or 16°) Sinodo di Cartagine, can. 3 sulla grazia, DH 225; Felice III, II Sinodo di Orange, DH 397; Concilio di Trento, sessione 5, canone 5; sessione 6, canoni 18-20, 22, 27 e 29; Pio V, Bolla Ex omnibus afflictionibus, Circa gli errori di Michele Baio, 54, (DH 1954); Innocenzo X, Const. Cum occasione, Circa gli errori di Cornelio Jansen, 1 (DH 2001); Clemente XI, Const. Unigenitus, Circa gli errori di Pasquier Quesnel, 71 (DH 2471); Giovanni Paolo II, Esortazione Ap. Reconciliatio et paenitentia 17, AAS 77 (1985) 222; Id., Veritatis splendor 65-70, AAS 85 (1993) 1185-89 (DH 4964-67).

2) Mc 10, 11-12: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio». 

Vedi anche: Es. 20:14; Mt. 5:32, 19:9; Lc 16:18; 1Cor 7: 10-11; Eb 10:26-29; Concilio di Trento, Sessione 6, canoni 19-21, 27; Sessione 24, canoni 5 and 7; Innocenzo XI, Proposizioni condannate dei ‘Lassisti’, 62-63 (DH 2162-63); Alessandro VIII, Decreto del Santo Uffizio sul ‘Peccato Filosofico, DH 2291; Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 65-70, AAS 85 (1993) 1185-89 (DH 4964-67).

3) Concilio di Trento, sessione 6, canone 20: «Se qualcuno afferma che un uomo giustificato, per quanto perfetto egli possa essere, non è tenuto ad osservare i comandamenti di Dio e della Chiesa ma è tenuto soltanto a credere, come se il Vangelo fosse solo una promessa assoluta di vita eterna senza la condizione che i comandamenti siano osservati, sia l’anatema su di lui» (DH 1570).

Vedi anche: Mc 8:38; Lc 9:26; Eb 10:26-29; 1Gv 5:17; Concilio di Trento, sessione 6, canoni 19 and 27; Clemente XI, Const. Unigenitus, Circa gli errori di Pasquier Quesnel, 71 (DH 2471); Giovanni Paolo II, Esortazione Ap. 17, AAS 77 (1985) 222; Id., Veritatis splendor, 65-70, AAS 85 (1993) 1185-89 (DH 4964-67).

4) Sal 18, 8: «La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima».

Vedi anche: Sir 15:21; Concilio di Trento, sessione 6, canone 20; Clemente XI, Const. Unigenitus, Circa gli errori di Pasquier Quesnel, 71 (DH 2471); Leone XIII, Libertas praestantissimum, ASS 20 (1887-88) 598 (DH 3248); Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 40, AAS 85 (1993) 1165 (DH 4953).

5) Concilio di Trento, sessione 6, canone 21: «Se qualcuno afferma che Gesù Cristo è stato dato da Dio agli uomini come un redentore nel quale avere fede ma non anche come un legislatore al quale sono tenuti ad obbedire, che l’anatema sia su di lui» (DH 1571).

Concilio di Trento, sessione 24, canone 2: «Se qualcuno afferma che è lecito per i Cristiani avere più mogli allo stesso tempo, e che ciò non è proibito da alcuna legge divina, sia su di lui l’anatema” (DH 1802).

Concilio di Trento, sessione 24, canone 5: “Se qualcuno afferma che il legame del matrimonio può essere disciolto per causa di eresia o difficoltà nella coabitazione o a causa della volontaria assenza di uno dei coniugi, sia su di lui l’anatema» (DH 1805)

Concilio di Trento, sessione 24, canone 7: «Se qualcuno afferma che la Chiesa è in errore per aver insegnato e per insegnare tuttora che, in accordo con la dottrina evangelica ed apostolica, il legame matrimoniale non può essere disciolto per causa di adulterio da parte di uno dei coniugi e che nessuno dei due, nemmeno l’innocente che non ha dato alcun motivo di infedeltà, può contrarre un altro matrimonio durante la vita dell’altro, e che il marito che ripudia una moglie adultera e si sposa di nuovo e la moglie che ripudia il marito adultero e si sposa di nuovo sono entrambi colpevoli di adulterio, sia su di lui l’anatema» (DH 1807).

Vedi anche: Sal 5,5; Sal 18,8-9; Ecclesiastico 15,21; Eb 10,26-29; Gc. 1:13; 1Gv 3,7; Innocenzo XI, Proposizioni condannate dei ‘Lassisti’, 62-63 (DH 2162-63); Clemente XI, Const. Unigenitus, Circa gli errori di Pasquier Quesnel, 71 (DH 2471); Leone XIII, Lettera enc. Libertas praestantissimum, ASS 20 (1887-88) 598 (DH 3248); Pio XII, Decreto del Santo Uffizio sull’etica della situazione, DH 3918; Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 16; Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 54, AAS 85 (1993): 1177; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1786-87.

6) Giovanni Paolo II, Veritatis splendor 115: «Ciascuno di noi conosce l’importanza della dottrina che rappresenta il nucleo dell’insegnamento di questa Enciclica e che oggi viene richiamata con l’autorità del successore di Pietro. Ciascuno di noi può avvertire la gravità di quanto è in causa, non solo per le singole persone ma anche per l’intera società, con la riaffermazione dell’universalità e della immutabilità dei comandamenti morali, e in particolare di quelli che proibiscono sempre e senza eccezioni gli atti intrinsecamente cattivi» (DH 4971).

Vedi anche: Rom 3,8; 1Cor 6: 9-10; Gal 5: 19-21; Ap 22:15; Concilio Lateranense IV, cap. 22 (DH 815); Concilio di Costanza, Bolla Inter cunctas, 14 (DH 1254); Paolo VI, Humanae vitae, 14, AAS 60 (1968) 490-91; Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, 83, AAS 85 (1993) 1199 (DH 4970).

7) 1 Cor. 11, 27: “Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore”.

Giovanni Paolo II, Esortazione Ap. Familiaris consortio, 84: «La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi».

Concilio Lateranense II, canone 20: «Poiché vi è una cosa che in modo evidente causa grave turbamento alla santa Chiesa, ovvero la falsa penitenza, ammoniamo i nostri fratelli nello episcopato e i sacerdoti di non permettere che le anime dei laici siano ingannate o trascinate in inferno da false penitenze. È certo che una penitenza è falsa quando molti peccati sono ignorati ed una penitenza è fatta per uno solo, o quando è fatta in modo tale che il penitente non rinuncia ad un altro» (DH 717).

Vedi anche: Mt 7,6; Mt 22,11-13; 1Cor 11:27-29; Eb 13:8; Concilio di Trento, sessione 14, Decreto sulla penitenza, cap. 4; Concilio di Trento, sessione 13, Decreto sulla SS. Eucaristia (DH 1646-47); Innocenzo XI, Proposizioni condannate dei ‘Lassisti’, 60-63 (DH 2160-63); Catechismo della Chiesa Cattolica, 1451, 1490.

[9] Clemente VI, Super quibusdam, a Mekhitar, katholicos degli armeni, questione 14, DH 1065: «Se tu hai creduto e credi che il Nuovo e l’Antico Testamento, in tutti i libri che l’autorità della chiesa romana ci ha consegnato, contengono la verità certa su tutte le cose».

Concilio Vaticano II, Dei verbum 18-19: «Infatti, ciò che gli apostoli per mandato di Cristo predicarono, in seguito, per ispirazione dello Spirito Santo, fu dagli stessi e da uomini della loro cerchia tramandato in scritti che sono il fondamento della fede, cioè l’Evangelo quadriforme secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni. La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e con la più grande costanza che i quattro suindicati Vangeli, di cui afferma senza esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in cielo (cfr At 1,1-2)». 

Vedi anche: Lc 1,1-4; Gv 19,35; 2Pt 1,16; Pio IX, Syllabus, 7; Leone XIII, Providentissimus Deus, ASS 26 (1893-94) 276-77; Pio X, Lamentabili sane, 13-17; Praestantia Scripturae ASS 40 (1907) 724ss. 

[10] 1Gv 5,10: «Chi crede nel Figlio di Dio, ha questa testimonianza in sé. Chi non crede a Dio, fa di lui un bugiardo […]».

Concilio di Calcedonia, Definizione, DH 301: «Seguendo i santi padri, all’unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima razionale e di corpo, consostanziale al Padre per la divinità e consostanziale a noi per l’umanità […]».

Concilio Vaticano II, Dei verbum 4: «Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio “alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e spiegasse loro i segreti di Dio (cfr. Gv 1,1-18). Gesù Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come “uomo agli uomini”, “parla le parole di Dio” (Gv 3,34)».

Vedi anche: Mt 7,29; Mt 11:25-27; Mc 1,22; Lc 4,32; Gv 1,1-14; Pio X, Lamentabili sane, 27.

[11] Concilio Vaticano I, Dei Filius, cap. 3: «Quanto a questa fede – inizio dell’umana salvezza – la chiesa cattolica professa che essa è una virtù soprannaturale, per cui, sotto l’ispirazione di Dio e con l’aiuto della grazia, crediamo vere le cose da lui rivelate».

Pio X, Lamentabili sane, 22 (proposizione condannata): «I dogmi, che la Chiesa presenta come rivelati, non sono verità cadute dal cielo, […]».

Vedi anche: 1Ts 2,13; Pio X, Lamentabili sane, 23-26; Pascendi dominici gregis, ASS 40 (1907) 611; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Mysterium Ecclesiae, 24 giugno 1973. 

[12] Gv 3,11: «In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza».

Gv 14,6: «Io sono la via, la verità e la vita».

1Gv 5,9-10: «Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è superiore: e questa è la testimonianza di Dio, che egli ha dato riguardo al proprio Figlio. Chi crede nel Figlio di Dio, ha questa testimonianza in sé. Chi non crede a Dio, fa di lui un bugiardo […]».

Concilio Vaticano I, Dei Filius, cap. 3, can. 2: «Se qualcuno dice che la fede divina non si distingue dalla conoscenza naturale di Dio e della morale e che, quindi, non è necessario per la fede divina che si creda la verità rivelata per l’autorità di Dio che la rivela, sia anatema».

Pio X, Lamentabili sane, 26 (proposizione condannata): «I dogmi della Fede debbono essere accettati soltanto secondo il loro senso pratico, cioè come norma precettiva riguardante il comportamento, ma non come norma di Fede».

Pio X, Giuramento contro gli errori del Modernismo, DH 3542: «Quinto: certissimamente tengo per fermo e sinceramente confesso che la fede non è un cieco sentimento religioso che erompe dalle oscurità del subcosciente per impulso del cuore e per inclinazione della volontà moralmente formata, ma un vero assenso dell’intelletto ad una verità ricevuta dall’esterno mediante l’ascolto, per il quale appunto, sul fondamento dell’autorità di Dio sommamente verace, noi crediamo che sono vere tutte le cose che dal Dio personale, creatore e Signore nostro, sono state dette, attestate e rivelate».

Vedi anche: Gv 8,46; 10,16; Rom 11,33; Eb 3,7; 5,12; Pio IX, Qui pluribus, Acta (Roma 1854) 1/1,6-13; Syllabus, 4-5; Pio X, Lamentabili sane, 20; Pascendi dominici gregis, AAS 40 (1907) 604ss.; Giovanni Paolo II, Dich. sull’unicità salvifica di Cristo e della Chiesa, Dominus Iesus, 7.

 

[13] Nm 23,19: «Dio non è un uomo perché Egli menta […]».

Pio IX, Qui pluribus, DH 2778: «Chi infatti può ignorare che bisogna avere ogni fede nel Dio parlante e che nulla è più conforme alla ragione stessa che ammettere, attaccandovisi saldamente, quelle cose che si siano constatate come rivelate da Dio, che non può essere ingannato né ingannare».

Concilio Vaticano I, Dei Filius, cap. 3: «Quanto a questa fede – inizio dell’umana salvezza – la chiesa cattolica professa che essa è una virtù soprannaturale, per cui, sotto l’ispirazione di Dio e con l’aiuto della grazia, crediamo vere le cose da lui rivelate, non per la intrinseca verità delle cose, chiara alla luce naturale della ragione, ma per l’autorità dello stesso Dio, che le rivela, che non può né ingannarsi né ingannare».

Concilio Vaticano I, Dei Filius, cap. 3, can. 6: «Se qualcuno dice che è uguale la condizione dei fedeli e di quelli che non sono ancora giunti all’unica vera fede, così che i cattolici potrebbero avere giusto motivo di mettere in dubbio, sospendendo il loro assenso, quella fede che hanno abbracciato sotto il magistero ecclesiastico, fino a che non abbiano completato la dimostrazione scientifica della credibilità e della verità della loro fede, sia anatema».

Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 12: «La totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo, (cfr. 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere […]».

Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Mysterium Ecclesiae, n. 4, DH 4538: «Tutti i dogmi, però, perché rivelati, devono essere ugualmente creduti per fede divina».

Vedi anche: Ap 3,14; Innocenzo XI, Proposizioni condannate dei “Lassisti”, 20-21, DH 2120-21; Pio IX, Syllabus, 15-18; Pio X, Lamentabili sane, 25. 

[14] Mc 16:20: «Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano». 

2Cor 3,5: «Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio […]».

1Pt 3,15: «[…] ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi».

Tt 3,10-11: «Dopo un primo e un secondo ammonimento sta’ lontano da chi è fazioso (eretico), ben sapendo che persone come queste sono fuorviate e continuano a peccare, condannandosi da sé».

Ap 22,19: «[…] e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell’albero della vita e della città santa, descritti in questo libro». 

Concilio Vaticano I, Dei Filius, cap. 3: «Nondimeno, perché l’ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Iddio volle che agli interiori aiuti dello Spirito santo si aggiungessero anche gli argomenti esterni della sua rivelazione: fatti divini, cioè; e in primo luogo i miracoli e le profezie, che manifestando in modo chiarissimo l’onnipotenza di Dio e la sua scienza infinita, sono argomenti certissimi della divina rivelazione, adatti ad ogni intelligenza. Perciò sia Mosè ed i profeti, sia in modo particolare Cristo stesso signore, fecero molti chiarissimi miracoli e profezie. […] Perché poi potessimo soddisfare al dovere di abbracciare la vera fede e di perseverare costantemente in essa, per mezzo del figlio suo Dio istituì la chiesa, provvedendola delle note di una istituzione divina, perché potesse essere conosciuta da tutti come la custode e la maestra della parola rivelata. nella sola chiesa cattolica, infatti, si riscontrano tutti quegli elementi, che così abbondantemente e meravigliosamente sono stati disposti da Dio per rendere credibile con maggior evidenza la fede cristiana».

Concilio Vaticano I, Dei Filius, cap. 3: «Quantunque, inoltre, l’assenso della fede non sia affatto un moto cieco dell’anima, nessuno, tuttavia, può prestare il suo consenso alla predicazione del vangelo, com’è necessario al conseguimento dell’eterna salute, senza l’illuminazione e l’ispirazione dello Spirito santo, che rende soave ad ognuno l’accettare e il credere la verità. La fede, quindi, in se stessa, anche se non opera per mezzo della carità, è un dono di Dio, e l’atto suo proprio è opera riguardante la salvezza […]».

Vedi anche: Secondo Concilio di Orange, can. 7; Innocenzo XI, Proposizioni condannate dei “Lassisti” 20-21; Gregorio XVI, Tesi sottoscritte da Louis-Eugène Bautain, 6, DH 2756; Pio IX, Syllabus, 15-18; Pio X, Pascendi dominici gregis, ASS 40 (1907) 596-97; Id., Giuramento contro gli errori del Modernismo, DH 3539; Pio XII, Humani generis, AAS 42 (1950) 571. 

[15] Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 15: «L’uomo ha ragione di ritenersi superiore a tutto l’universo delle cose, a motivo della sua intelligenza, con cui partecipa della luce della mente di Dio. […] L’intelligenza, infatti, non si restringe all’ambito dei soli fenomeni, ma può conquistare con vera certezza la realtà intelligibile […]».

Giovanni Paolo II, Fides et ratio, 27: «Di per sé, ogni verità anche parziale, se è realmente verità, si presenta come universale. Ciò che è vero, deve essere vero per tutti e per sempre».

Giovanni Paolo II, Fides et ratio, 82: «Ecco, dunque, una seconda esigenza: appurare la capacità dell’uomo di giungere alla conoscenza della verità; una conoscenza, peraltro, che attinga la verità oggettiva, mediante quella adaequatio rei et intellectus a cui si riferiscono i Dottori della Scolastica».

Vedi anche: Pio XII, Humani generis, AAS 42 (1950) 562-63, 571-72, 574-75; Giovanni XXIII, Ad Petri cathedram, AAS 1959 (51) 501-2; Giovanni Paolo II, Fides et ratio, 4-10, 12-14, 49, 54, 83-85, 95-98.

[16] 1Cor 2,9-10: «Ma, come sta scritto: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo Dio le ha preparate per coloro che lo amano”. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito […]».

1Cor 2,12-13: «Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo […]».

Pio XII, Humani generis, DH 3882-83: «E perciò taluni, più audaci, sostengono che ciò possa, anzi debba farsi perché i misteri della fede, essi affermano, non possono mai esprimersi con concetti adeguatamente veri, ma solo con concetti “approssimativi” e sempre mutevoli, con i quali la verità viene in un certo qual modo manifestata, ma necessariamente anche deformata. Perciò ritengono non assurdo, ma del tutto necessario che la teologia, in conformità dei vari sistemi filosofici di cui essa nel corso dei tempi si serve come strumenti, sostituisca nuovi concetti agli antichi; cosicché in modi diversi, e sotto certi aspetti anche opposti, ma – come essi dicono – equivalenti, esponga al modo umano le medesime verità divine. […] Da quanto abbiamo detto è chiaro che queste tendenze non solo conducono al “relativismo” dogmatico, ma di fatto già lo contengono […]». 

Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Mysterium Ecclesiae, n. 5, DH 4540: «Quanto poi al significato stesse delle formule dogmatiche, esso nella chiesa rimane sempre vero e coerente, anche quando è maggiormente chiarito e meglio compreso. Devono, quindi, i fedeli cristiani rifuggire dall’opinione la quale ritiene che le formule dogmatiche (o qualche categoria di esse) non possono manifestare la verità determinatamente, ma solo delle sue approssimazione cangianti, che sono, in certa maniera, deformazioni o alterazioni della medesima; e che le stesse formule, inoltre, manifestano soltanto in modo indefinito la verità, la quale deve esser continuamente cercata attraverso quelle approssimazioni».

Vedi anche: Pio X, Lamentabili sane, 4.

[17] 1Tes 2,13: «Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio […]».

2Tim 3,16: «Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è utile per insegnare […]».

2Pt 1,20-21: «Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana è mai venuta una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono alcuni uomini da parte di Dio». 

Pio XII, Divino afflante Spiritu, AAS 35 (1943) 299-300: «[…] non è assolutamente permesso “restringere l’ispirazione soltanto ad alcune parti della Sacra Scrittura o concedere che lo stesso autore sacro abbia errato”, perché la divina ispirazione “di sua natura non solo esclude ogni errore, ma con quella medesima necessità lo esclude e lo respinge, con la quale è d’uopo che Dio, somma Verità, non possa essere autore d’alcun errore. Tale è l’antica e costante fede della Chiesa”. Questa dunque è la dottrina che il Nostro Predecessore Leone XIII con tanta gravità ha esposta, e che Noi pure con la Nostra autorità proponiamo e inculchiamo […]».

Concilio Vaticano II, Dei verbum, 11: «Le verità divinamente rivelate, che sono contenute ed espresse nei libri della sacra Scrittura, furono scritte per ispirazione dello Spirito Santo La santa madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo; hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte». 

Vedi anche: Gv 10,16.35; Eb 3,7.5,12; Leone XIII Providentissimus Deus, DH 3291-92; Pio X, Lamentabili sane, 9-11; Pascendi dominici gregis, ASS 40 (1907) 612-13; Benedetto XV, Spiritus Paraclitus, AAS 12 (1920) 393; Pio XII, Humani generis, DH 3887. 

[18] 1Tes 2,13: «1Tes 2,13: «Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio […]».

Concilio Vaticano I, Dei Filius, cap. 3: «Quanto a questa fede – inizio dell’umana salvezza – la chiesa cattolica professa che essa è una virtù soprannaturale, per cui, sotto l’ispirazione di Dio e con l’aiuto della grazia, crediamo vere le cose da lui rivelate, non per la intrinseca verità delle cose, chiara alla luce naturale della ragione, ma per l’autorità dello stesso Dio, che le rivela, che non può né ingannarsi né ingannare. […] Con fede divina e cattolica deve credersi tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e che è proposto dalla chiesa come divinamente rivelato sia con giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario universale».

Vedi anche Gv 10,16; Eb 3,7.5,12; Pio XII Mystici corporis Christi, AAS 35 (1943) 216.

[19] Pio XII, Humani generis, DH 3883: «[…] la Chiesa non può essere legata ad un qualunque effimero sistema filosofico; ma quelle nozioni e quei termini, che con generale consenso furono composti attraverso parecchi secoli dai dottori cattolici per arrivare a qualche conoscenza e comprensione del dogma, senza dubbio non poggiano su di un fondamento così caduco. Si appoggiano invece a principi e nozioni dedotte da una vera conoscenza del creato; e nel dedurre queste conoscenze, la verità rivelata, come una stella, ha illuminato per mezzo della Chiesa la mente umana. Perciò non c’è da meravigliarsi se qualcuna di queste nozioni non solo sia stata adoperata in Concili Ecumenici, ma vi abbia ricevuto tale sanzione per cui non ci è lecito allontanarcene».

Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Mysterium Ecclesiae, n. 5, DH 4540, cit.

Giovanni Paolo II, Fides et ratio, 87: «Si deve considerare, al contrario, che anche se la formulazione è in certo modo legata al tempo e alla cultura, la verità o l’errore in esse espressi si possono in ogni caso, nonostante la distanza spazio-temporale, riconoscere e come tali valutare».

Giovanni Paolo II, Fides et ratio, 95: «La parola di Dio non si indirizza ad un solo popolo o a una sola epoca. Ugualmente, gli enunciati dogmatici, pur risentendo a volte della cultura del periodo in cui vengono definiti, formulano una verità stabile e definitiva».

Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Dominus Iesus, cit., 6: «La verità su Dio non viene abolita o ridotta perché è detta in linguaggio umano. Essa, invece, resta unica, piena e completa perché chi parla e agisce è il Figlio di Dio incarnato». 

Vedi anche: Gv 10,35; 2Tm 3,16; 2Pt 1,20-21; Ap 22,18-19; Leone XIII, Providentissimus Deus, DH 3288; Pio X, Lamentabili sane, 4; Giovanni Paolo II, Fides et ratio, 84.

[20] Gal 1,9: «[…] se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema!».

Concilio Vaticano I, Dei Filius, cap. 4, can. 3: «Se qualcuno dice che è possibile che ai dogmi proposti dalla chiesa, con il progredire della scienza debba essere dato, talvolta, altro senso, diverso da quello che intese esprimere ed intende la chiesa, sia anatema».

Pio X, Giuramento contro gli errori del Modernismo, DH 3541: «Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa fino a noi dagli apostoli per mezzo dei padri ortodossi, nello stesso senso e sempre nello stesso contenuto; e per questo respingo totalmente l’eretica invenzione dell’evoluzione dei dogmi, che passano da un significato ad un altro, diverso da quello che prima riteneva la chiesa e ugualmente condanno ogni errore con cui, al divino deposito consegnato da Cristo alla Sposa per essere da lei custodito fedelmente, viene sostituita l’invenzione filosofica o la creazione dell’umana coscienza, lentamente formatasi con lo sforzo degli uomini e da perfezionarsi per l’avvenire con un progresso indefinito».

Vedi anche: 1Tm 6,20; 2Tm 1,13-14; Eb 13,7-9; Gd 3; Pio IX, Ineffabilis Deus, DH 2802; Pio X, Lamentabili sane, 21, 54, 50, 60, 62; Pascendi dominici gregis, ASS 40 (1907) 616ss.; Pius XII, Humani generis, DH 3886; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Mysterium Ecclesiae, DH 4540.

[21] Concilio Vaticano I, Pastor aeternus, cap. 4: «Infatti ai successori di Pietro è stato promesso lo Spirito santo non perché per sua rivelazione manifestassero una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede. […] Perciò questo carisma di verità e di fede – che non verrà mai meno – è stato dato divinamente a Pietro e ai suoi successori che siedono su questa cattedra, perché esercitassero questo loro altissimo ufficio per la salvezza di tutti; perché l’intero gregge di Cristo, allontanato da essi dall’esca avvelenata dell’errore, fosse nutrito col cibo della dottrina celeste […]».

Concilio Vaticano II, Dei verbum, 10: «L’ufficio poi d’interpretare autenticamente la parola di Dio, scritta o trasmessa, è affidato al solo magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo. Il quale magistero però non è superiore alla parola di Dio ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone a credere come rivelato da Dio».

Vedi anche: Mt 16,23; Graziano, Decreto, Parte 1, Distinzione 40, Capitolo 6; Innocenzo III, Secondo Sermone “Sulla consacrazione del supremo pontefice”, ML, 656; Quarto Sermone “Sulla consacrazione del supremo pontefice”, ML, 670; Pio IX, Lett. ai Vescovi della Germania, Mirabilis illa constantia, DH 3117 (cf. DH 3114).

[22] Cf CJC, 1983, can. 751; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 1436.

[23] Cf. Mc 16,16; Gv 3,18; Gv 20,23; Rom 14,4; Gal 1,9-1 Tm 1,18-20; Gd 3-6; Concilio di Firenze, Cantate Domino, DH 1351; Concilio di Trento, Sessione 14, can. 9.

[24] Cf. Mt 18,17; Tt 3,10-11; Pio X, Lamentabili sane, 7: CJC, 1983, can. 751 e 1364; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 1436.

[25] In questa sezione, i firmatari non intendono descrivere principalmente il pensiero di Martin Lutero, materia di cui non tutti hanno la medesima competenza, quanto piuttosto descrivere alcune false nozioni del matrimonio, della giustificazione e della legge che sembrano aver ispirato Amoris laetitia.

[26] papa Francesco - Armenia: conferenza stampa.

[27] papa Francesco: omelia Svezia Lund.

[28] messa del papa a Santa Martapapa Francesco cotidie: il profumo della peccatrice.

[29] papa Francesco: lomunione liberazione.

[30] papa Francesco: benedizione candele Fatima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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