Vaticano II: la dubbia autorità d'un concilio

Prefazione

"In fondo siete come dei protestanti: impugnate il libero esame al di sopra del magistero"; "Non avete il diritto di opporre magistero a magistero". Ecco due linee di obiezioni molto spesso opposte alle spiegazioni e alle posizioni di Mons. Lefebvre e della Fraternità San Pio X, cui si rimprovera l'audacia di criticare il Concilio Vati­cano II.

Questo compendio offre alla lettura le spiegazioni fornite dal Vescovo che fu tacciato di tradizionalismo: si può vedere che al contrario i princìpi che guidano la Fraternità San Pio X sono ben ancorati alla sana teologia cattolica, malgrado la gravità delle obiezioni poste. Ci fa capire anche come il grande pastore di anime sapesse rivolgersi ai princìpi più elevati della nostra fede, per illuminare le sue scelte e le sue azioni. Possano queste pagine illuminarne ancora di più oggi e confortare coloro che reagiscono al disastro!

Écône, 22 settembre 2006, festa di San Maurizio.
+ Bernard Fellay
Superiore generale della Fraternità San Pio X

Vaticano II, la dubbia autorità d'un concilio, Mons. Lefebvre, pagg. 80

 

Presentazione

Giunto al tramonto di una lunga vita, Mons. Lefebvre (1905-1991) sottolineava l'importanza di quella terza guerra mondiale che fu il Concilio Vaticano II (1962-1965). I disastri senza precedenti accumulati da questa guerra sono ancora sotto i nostri occhi. In effetti, il Vaticano II è stato e resta un disastro, perché ha consacrato nella santa Chiesa il trionfo del liberalismo e del modernismo. È stato «lo scatenamento delle forze del male per la rovina della Chiesa».


Affascinati più dalla gloria del mondo moderno che dalla gloria di Dio e di Nostro Signore Gesù Cristo, i membri del clero hanno cambiato rotta per riuscire a ogni costo a essere ben accolti dal mondo moderno [...]. È il peccato moderno del modernismo, che abbandona le esigenze della fede, e perfino della ragione, per entrare in un mondo di ambiguità, di equivoci, che si allontana dal dogma e dalla verità e si crogiola nell'indeterminatezza, nell'incertezza, nell'indefinitezza di un linguaggio per così dire adattato al mondo moderno, che non vuole più definire niente, permette tutte le interpretazioni e lascia così libero corso alle eresie, agli errori e al lassismo morale. Le fondamenta stesse della Chiesa, della rivelazione, della filosofia vengono scosse, rimesse in causa. Non esiste più verità, oggettività, tutto diventa soggettivo, sottomesso alla coscienza individuale, soggetto ad evoluzione. È quello che ha descritto e condannato san Pio X nella sua enciclica Pascendi. Per questo, il Concilio è stato voluto "pastorale", concilio dell'aggiornamento. [...] È così che il Vaticano II ha giustificato la libertà religiosa, la collegialità e l'ecumenismo.


Questa guerra del Concilio è già in atto, quando sopraggiunge la riforma liturgica del 1969. La nuova Messa non sarà che una conseguenza, uno dei principali frutti avvelenati del Concilio. Ma il Concilio è già nefasto in se stesso, nuova Messa o meno. In quell'inizio d'anno, in cui, per qualche mese ancora, il rito tradizionale della Messa di san Pio V ha valore di legge universale e beneficia della più totale libertà in tutta la santa Chiesa, Mons. Lefebvre denuncia già i veri germi della dissoluzione. Sono gli errori del concilio Vaticano II, errori che sono riusciti a intaccare la fede. «Il disordine è gravissimo in tutta la Curia romana. Si condannano gli effetti e si sostiene la causa. Roma si è chiusa in una contraddizione da cui non si vuole uscire perché svelerebbe delle responsabilità scandalose nello svolgimento del Concilio». La medesima constatazione s'imporrà ancora a Mons. Lefebvre, al termine della sua vita:
Non è un'inezia a contrapporci. Non è sufficiente che ci venga detto: "Potete dire la vecchia Messa, ma dovete accettarlo [il Concilio]". No, non è solo questo [la Messa] che ci divide, è la dottrina. È chiaro. È questo che è grave in don Gérard ed è questo che l'ha perduto. Don Gérard ha visto sempre solo la liturgia e la vita monastica. Non vede chiaramente i problemi teologici del Concilio, della libertà religiosa. Non vede la malizia di questi errori. 
La malizia di questi errori ha portato il vecchio Arcivescovo di Dakar a opporsi al Concilio, poi a rifiutare tutte le riforme che ne erano scaturite. Lungi dall'essere una disubbidienza o l'indizio di uno stato d'animo scismatico, questa opposizione e questo rifiuto sono in Mons. Lefebvre la principale manifestazione dei doni dello Spirito Santo, l'espressione di una lucidità e di una forza del tutto soprannaturali, come sempre si possono osservare nei grandi difensori della fede. Perché tutto dipende dalla fede: la gerarchia della Chiesa, le funzioni sacre del magistero e del governo ecclesiastici, l'autorità stessa del Sommo Pontefice non hanno senso e realtà che per trasmettere e difendere il deposito della fede. Voler fare tabula rasa, o anche solo tenere in poco conto, della dottrina apostolica, per imporre una nuova teologia già condannata sotto i papi san Pio X, Pio XI e Pio XII, significa privarsi di ogni autorità, perché significa tradire l'insegnamento di Cristo. Nessun Papa, nessun concilio, fosse pure ecumenico, può liberarsi da questo sacro deposito della rivelazione divina.


Colui che crede sarà salvato, colui che non crede sarà condannato. È la prima delle leggi, ed è una legge divina, mentre le leggi umane come il diritto canonico, le pene e via dicendo, vanno benissimo, siamo ben disposti a sottometterci a tutte queste leggi, ma nella misura in cui sostengono la legge principale per la quale sono fatte. Tutto il diritto canonico è fatto per conservare la nostra fede, per sostenere la nostra fede, è per quello che esiste il diritto canonico. Ogni legge positiva della Chiesa è fatta per appoggiare e difendere la legge divina naturale e positiva. Tuttavia esiste una gerarchia nelle leggi. [...] Perciò, anche se domani ricevessi una lettera del Papa che mi dice : lei è scomunicato, lei è colpito d'interdetto, lei è sospeso, ecc.; anche se mi si dessero tutte le punizioni del diritto canonico, questo non varrebbe nulla. Io continuerei come se niente fosse, perché non si può, facendo pressione col diritto canonico, farci disobbedire ad una legge divina.

Tale in breve la risposta che Mons. Lefebvre dà a questo problema sollevato dall'autorità del Concilio Vaticano II. Questa risposta s'impone da sé alla luce di una ragione illuminata dalla fede. Perché questa trasmissione della fede è la ragion d'essere della Chiesa. Se si perde di vista questa verità, la Chiesa cessa di essere il governo del vicario di Cristo, non è più che il governo di un uomo, diventa una società umana. Dopo il Vaticano II, noi troviamo «nel seno stesso e nel cuore della Chiesa» – secondo l'espressione del Papa san Pio X, parlando del modernismo – la società degli uomini che hanno preso il potere nella Chiesa, per imporvi la loro propria teologia. E l'obbedienza che si volesse prestare a questi uomini, sarebbe falsa e cieca, perché sarebbe privata della luce indispensabile. Una tale obbedienza agli uomini, contraria all'obbedienza a Dio, non ha più radici nella virtù soprannaturale della fede.
L'obbedienza cieca è un controsenso e nessuno è esente da responsabilità per aver obbedito agli uomini piuttosto che a Dio. È troppo facile dire: "Io, obbedisco. Se si sbaglia, ebbene, io sbaglio con lui. Preferisco sbagliare col Papa, che essere nella verità contro il Papa!". Allora, bisogna tradurre così: "Preferisco essere contro Nostro Signore Gesù Cristo con il Papa, piuttosto che essere con Nostro Signore Gesù Cristo contro il Papa!". È inverosimile! Siamo per Nostro Signore e, di conseguenza, nella misura in cui il Papa è veramente il vicario di Cristo e agisce come vicario di Cristo, e ci dà la luce di Cristo, noi siamo sicuramente pronti a chiudere gli occhi e a seguirlo ovunque. Ma, dal momento che quella luce non è più quella di Nostro Signore Gesù Cristo, che siamo condotti verso orizzonti nuovi – che vengono dichiarati esplicitamente nuovi, non ci si nasconde, tutto è nuovo, nuovo codice di diritto canonico, nuovo messale... tutto è nuovo, nuova ecclesiologia – questo non va più bene affatto... Questa resistenza deve essere pubblica se il male è pubblico ed è oggetto di scandalo, come afferma san Tommaso.


Nelle pagine che seguono, si potrà leggere il testo dei principali interventi con i quali il fondatore della Fraternità Sacerdotale San Pio X si è sforzato di spiegare ai suoi sacerdoti e ai suoi seminaristi le vere ragioni del suo comportamento. Queste ragioni non sono cambiate, e l'attuale successore di Mons. Lefebvre lo ripeteva ancora in occasione dell'ultimo ritiro sacerdotale a Écône: «Finché il Vaticano II e la nuova Messa restano la norma, un accordo con Roma è un suicidio». Oggi è indispensabile leggere o rileggere e meditare queste righe. Malgrado le apparenze talvolta sottilmente tradizionali, le dichiarazioni e le iniziative degli uomini di Chiesa resteranno inaccettabili, fintantoché rimarranno l'espressione immutata dei medesimi errori conciliari. «Accuso il Concilio»: tale è ancora, quarant'anni dopo, il motivo essenziale della nostra lotta, nella fedeltà alla santa Chiesa cattolica romana di sempre e al suo principale difensore, in questi tempi di apostasia silenziosa, il nostro venerato fondatore, Mons. Marcel Lefebvre.




Don Jean-Michel Gleize

della Fraternità Sacerdotale San Pio X, professore di teologia fondamentale al Seminario di Écône

 

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