di Corrado Gnerre
I motivi che sono alla base del celibato sacerdotale possono ridursi a tre:
1. Motivo cristologico.
2. Motivo ecclesiologico.
3. Motivo escatologico.
Il motivo cristologico attiene al fatto che il sacerdote è un alter Christus e celebra in persona Christi. Dal momento che Gesù scelse per sé il celibato, ecco dunque che il sacerdote deve vivere il celibato.
Il motivo ecclesiologico è invece relativo all’impegno del sacerdote. Questi non è un impiegato che può e deve mettersi a disposizione secondo orario, ma un vero e proprio “padre” che deve sempre essere a disposizione delle anime che ha in cura. Se è così –ed è così – come è possibile coniugare bene la vita familiare (che richiede una disponibilità totale) con quella sacerdotale (che richiede ugualmente una disponibilità totale)?
Il motivo escatologico riguarda ciò che deve rappresentare la vita sacerdotale. Anche i sacerdoti secolari (seppur in maniera minore dei religiosi) sono chiamati a prefigurare quella che sarà la vita del Paradiso.
Una falsa soluzione
Si è detto e si continua purtroppo a dire che oggi l’abolizione dell’obbligo del celibato sacerdotale potrebbe essere una soluzione alla cosiddetta “crisi delle vocazioni”. Che dire? All’ingenuità (se vogliamo chiamarla così) non c’è limite. Basterebbe fare questa considerazione: le comunità protestanti e quelle ortodosse patiscono “crisi delle vocazioni” eguali se non superiori a quella cattolica.
Non è una decisione ecclesiastica
La storia dimostra che l’obbligo alla continenza sessuale dei sacerdoti non è frutto di una decisione ecclesiastica. Preferiamo essere schematici affinché queste notizie si possano meglio conservare per servirsene quando è necessario difendere la verità.
1. L’obbligo al celibato sacerdotale è una pratica antichissima tanto dell’Oriente quanto dell’Occidente. Sì: anche dell’Oriente. Si sa che gli Ortodossi obbligano alla continenza solo i monaci e i vescovi, mentre preti e diaconi possono sposarsi. Ma questa fu un’innovazione risalente al 691 con il Concilio Trullano.
2. A differenza di quanto spesso si afferma e si crede, il celibato sacerdotale risale al periodo degli Apostoli, cioè all’inizio della Chiesa. In nessun documento antico si attesta che il celibato ecclesiastico sia qualcosa di sopravvenuto. A quel tempo accedevano al sacerdozio uomini maturi e spesso già sposati, i quali però lasciavano, con legittimo e reciproco consenso, la vita familiare per dedicarsi al sacerdozio. Il caso dell’Apostolo Pietro è emblematico: era sicuramente sposato (basti pensare all’episodio della guarigione della suocera) poi gradualmente lasciò la vita familiare per dedicarsi all’elevatissimo compito assegnatogli da Gesù. Quando nella Chiesa primitiva uomini sposati ricevevano il sacerdozio, questi erano tenuti a vivere nella continenza perfetta e non potevano più risiedere nelle case di origine ma in edifici a parte.
3. Spesso si dice che sarebbe stato il Concilio di Elvira (in realtà fu un sinodo del IV secolo) ad imporre il celibato sacerdotale. Invece in quel concilio non s’introdusse ma si ribadì la norma del celibato e se ne condannarono gli abusi espellendo dal clero chi conservasse la moglie.
4. Padri della Chiesa come sant’Ambrogio (334-397), san Girolamo (347-420) e sant’Agostino (354-430) affermano che i sacerdoti devono rispettare la continenza; e non solo questi, ma anche i diaconi.
5. Alcuni affermano che il celibato sacerdotale addirittura risalirebbe al 1139, con il secondo Concilio del Laterano. Perché l’equivoco? Perché in quel concilio si decise che eventuali matrimoni contratti dai sacerdoti sposati non fossero solo illegittimi ma anche invalidi. Dunque tutt’altro discorso rispetto all’introduzione della norma del celibato ecclesiastico.
Fonte: Il Giudizio Cattolico