di don Giuseppe Rottoli
La catastrofe del maremoto, del 26 dicembre 2004, che ha colpito il Sud Est Asiatico ha sconcertato molte persone, da alcune è stato interpretato addirittura come una prova che Dio non esiste e, purtroppo, anche molti uomini di Chiesa hanno detto che non era certamente da considerarsi come un castigo. Ora è innegabile che il “turismo sessuale”, che si commetteva in molti di quei luoghi, è proibito dalla legge di Dio; basta leggere la Bibbia (sia il Vecchio che il Nuovo Testamento) per rendersi conto che Dio non transige su certi comportamenti. Inoltre, Dio nel corso dei secoli, e anche recentemente tramite apparizioni (approvate dalla Santa Chiesa), ci ha ricordato che la più grande disgrazia è il peccato. Tra l’altro, dobbiamo constatare storicamente che per simili fatti e per altre colpe come incredulità, sfide a Dio, persecuzioni alla Chiesa, ecc., vi sono state, molto spesso, delle catastrofi come conseguenze, il che permette di affermare che sono stati dei castighi.
La Bibbia e l’infedeltà alla legge di Dio
Nell’Antico Testamento leggiamo molte volte che Dio si serve degli elementi naturali per punire gli empi (1). Riportiamo alcuni passi a titolo di esempio.
«La creazione, infatti, che serve te, il Creatore, s’esaspera contro gli ingiusti per punirli e si mitiga a beneficenza verso coloro che in te confidano» (Sap 16, 24). «Fuoco, grandine, fame e peste, tutte queste cose sono state create per il castigo» (Ecli 39, 35). «Ma ecco che costoro tutti hanno scosso il giogo, rotto ogni legame. Per questo il leone della foresta li ha aggrediti, il lupo vespertino li ha devastati, il leopardo è in agguato contro le loro città; chiunque uscirà da esse cadrà nelle sue branche, perchè le loro prevaricazioni si sono moltiplicate e rinforzati i loro pervertimenti... ecco che io farò venire sopra di voi una gente robusta... e divorerà le tue messi e il tuo pane e divorerà i tuoi figli e le tue figlie» (Ger 5, 6). «Se osserverai ed eseguirai i comandamenti... il Signore allontanerà da te ogni malattia e le infermità terribili dell’Egitto... non le manderà a te ma a tutti i tuoi nemici» (Dt 7, 12). «Né vi fu chi potesse far male a quel popolo se non quando si sviava dal culto del Signore suo. Giacché ogni volta che invece del loro Dio ne adoravano un altro furono lasciati alla preda, alla spada, all’obbrobrio» (Gdt 5, 17). «Quantunque fosse esiguo il numero dei Siri, il Signore tuttavia diede ad essi nelle mani una gran moltitudine perchè essa aveva abbandonato il Signore Dio dei Padri suoi» (2 Par 24, 24).
Nel Nuovo Testamento, Gesù Cristo stesso ha fatto capire che molte malattie sono un castigo per la non osservanza della sua legge, per es. quando Egli incontrò il paralitico di Betsaida (Gv 5 ,14) che aveva guarito miracolosamente gli disse: «Eccoti guarito, non peccare più affinché non ti avvenga di peggio». Quell’uomo dunque era rimasto paralitico per 38 anni a causa dei suoi peccati.
Lourdes
Gli insegnamenti di Lourdes sono la penitenza e la preghiera, in particolare il S. Rosario per la conversione dei peccatori. Ecco due brevi citazioni che ci fanno compredere la gravità del peccato. «Bernadette si era inginocchiata un po’ al di sotto della volta. Coloro che l’accompagnarono la videro rattristarsi di nuovo. Su che cosa l’aveva intrattenuta la Santa Vergine? Bisogna concludere, considerando ciò che seguì, che ella fece passare sotto gli occhi della sua pura confidente il quadro spaventoso dei peccati degli uomini e l’urgenza di sante espiazioni.
Bernadette, in lacrime, si rialzò e con le mani giunte sulla sua corona del rosario, sembrò volersi rivolgere alla folla. Infatti, le persone più vicine poterono sentire la sua voce durante l’estasi. Una parola ritornava sulla sua labbra tremanti: “Penitenza... penitenza... penitenza!”. La parola passò da persona a persona»(2). «Bernadette aveva visto piangere la “Signora” di Massabielle sul peccato e i peccatori, ella ignorava l’alfabeto, ma aveva capito il gran dovere della riparazione e della preghiera(3).
Fatima
Il 17 luglio 1917 a Fatima in Portogallo, la Madonna fece vedere l’inferno a tre bambini: Francesco, Giacinta e Lucia, e poco dopo aggiunse: «Avete visto l’inferno dove vanno le anime dei poveri peccatori. Per salvarle Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Se farete quello che vi dirò, molte anime si salveranno ed avranno pace. La guerra sta per finire, ma se non smetteranno di offendere Dio, nel regno di Pio XI ne comincerà una peggiore». La S. Vergine apparendo più volte in ospedale a Giacinta le disse diverse cose tra le quali ricordiamo: «Verranno certe mode che offenderanno molto Gesù... I peccati che portano più anime all’ inferno sono i peccati della carne... Se gli uomini sapessero ciò che è l’eternità farebbero di tutto per cambiar vita»(4).
La lussuria
Il catechismo di San Pio X ci insegna che ciò che si faceva di immorale nel Sud Est Asiatico rientra nel categoria del vizio capitale chiamato lussuria che consiste nell’amore disordinato dei piaceri carnali. Questa propensione risiede in noi a causa del peccato originale; se la si asseconda diventa un vizio che, purtroppo, colpisce ogni età, ogni sesso, ogni condizione di persone; è un vizio così esteso che secondo i Padri della Chiesa precipita da solo più anime all’inferno che tutti gli altri uniti insieme. Veramente un tal vizio, secondo il consiglio di san Paolo non si dovrebbe neppur nominare tra i cristiani: «Nec nominetur in vobis» (Ef 5, 3). Però se c’è un vizio che si cerca in tutti i modi di giustificare è proprio questo; lo si conosce, ma lo si vuol giustificare a tutti i costi. Infatti tanti dicono: “Che male c’è che è tanto condannato dalla Chiesa? Non è che una debolezza, un’inclinazione della natura, sono peccati da poco”. Ma la malizia di una cosa dipende forse dal nostro capriccio o dal nostro giudizio? Se così fosse bisognerebbe cancellare tutto il Decalogo. No, per conoscere la malizia e la gravità di un peccato non dobbiamo guardare a quello che ne dice il mondo, ma a quello che ne dice Dio.
Nell’Antico Testamento questo vizio è chiamato: «cosa abominevole» (Gn 38, 10). Ecco cosa pensa Dio: «L’adultero per la sua insensataggine perderà l’anima sua» (Prov 6, 32); «I corpi dei lussuriosi erediteranno la putredine e i vermi» (Ecli 19, 3). «L’adultero avrà il disonore perchè non ha capito il timor di Dio» (Ecli 23, 31). Nel Nuovo Testamento, leggiamo che Gesù ha detto: «Beati i puri di cuore perchè vedranno Dio» (Mt 5,); inoltre Egli ci ha esortato ad evitare anche i pensieri e i desideri cattivi: «Chiunque guarda una donna per desiderarla ha già, in cuor suo, commesso adulterio con lei» (Mt 5, 28).
Ecco alcune sentenze lasciateci da San Paolo dopo averci intimato di non lasciarci sedurre da vane parole: «Questo dovete tenere a mente, che ogni adultero o impudico o avaro che vuol dire idolatra non ha eredità nel regno di Dio» (Ef 5, 5)... «Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi» (1 Cor 15, 33)... «Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo?» (1 Cor 6, 19)... «Il corpo non è per la fornicazione ma per il Signore» (1Cor 6 ,13).
Da parte sua, san Giovanni Apostolo, ispirato dallo Spirito Santo, ha scritto: «Nulla di impuro entrerà nel regno dei Cieli» (Ap 21, 27). Riflettiamo sui castighi con i quali Dio ha punito nel mondo la lussuria. Omettendo tanti esempi ricordiamone due soli, i più gravi che siano registrati nella Sacra Scrittura. Al tempo di Noè tutti gli uomini, ad eccezione di una sola famiglia, si erano abbandonati alle opere tenebrose della carne ed erano guasti e corrotti di cuore. «Disse Iddio: Lo spirito mio non abiterà nell’uomo per sempre perchè egli è carne... vedendo pertanto Dio che grande era la malizia degli uomini sulla terra e che ogni pensiero del loro cuore era rivolto in ogni tempo al male, si pentì d’aver fatto l’uomo sulla terra... E, tocco da intimo dolore del cuore, disse: “Sterminerò dalla faccia della terra gli esseri da me creati, dall’uomo fino alle bestie... Ecco che io farò venire sulla terra un diluvio d’acque, per distruggere ogni essere che ha alito di vita sotto il cielo; tutto quanto è sulla terra perirà» (Gn 6). Ecco il castigo che il Creatore inflisse alla sua creatura appena scorse in lei l’orribile macchia dell’impurità! Il diluvio universale, con cui Dio distrusse il genere umano, eccettuato Noè e la sua famiglia, è una prova irrefutabile di quanto Egli abbia in abominio questo vizio.
Un altro castigo, meno universale, ma non meno terribile, è registrato nella Bibbia.
Chi viaggia in Palestina non può far a meno di provare un senso di spavento nel recarsi a vedere il Mar Morto. Sulle sponde di quel mare non si vede né un cespuglio di erba verde, né una pianta, né un palmo d’ombra, né un casolare che vi ricoveri. Quelle acque esalano vapori pestilenziali che contaminano l’aria e nessun pesce vi può vivere dentro. A ragione si chiama il Mar Morto, perchè dà la morte ai viventi... Quale storia è legata a quel luogo di mistero? Una storia assai dolorosa e terribile! Dove esiste oggi il Mar Morto esisteva anticamente una valle ubertosissima, simile ad un paradiso terrestre, con cinque superbe città, dette la Pentapoli, che in un momento rimasero consumate, sepolte da fuoco e zolfo piovuti dal cielo che le ridusse ad un mucchio di rovine, assorbite poi dalle acque che sgorgarono dalle viscere della terra. E perché ciò? Perchè gli abitanti di quelle città, corrotti fino al midollo, si erano abbandonati senza freno ad ogni impurità (Gn 19). Ebbene, considerando quei flagelli, che portano così evidenti il marchio della collera divina, si può dire che la lussuria è un peccato da poco? Anche i pagani di Atene e di Roma affermarono che l’impudicizia è cosa degradante e vituperevole; per es. Catone, in pieno Senato gridava: «I libri che distruggono la religione e combattono l’onestà dei costumi, non possono essere che la rovina della società e la sovversione della repubblica». Si sa che i Romani onoravano grandemente le loro Vestali, perchè consacrate al culto e conservavano la verginità per tutto il periodo della loro funzione. Quando un console romano, assiso sul suo carro, passava per le vie di Roma, se si incontrava con una Vestale, le dava il posto più degno. Quando un reo era condotto al patibolo, se in capo alla via compariva una Vestale, bastava perchè fosse posto in libertà(5).
La dottrina della Chiesa
La Chiesa insegna che anche dopo l’amministrazione del Battesimo (che cancella il peccato originale) rimane in noi il focolaio della concupiscenza ad agonem, cioè per la lotta spirituale. Essa non può nuocere a chi non vi acconsente e lotta generosamente con la grazia di Gesù Cristo; anzi ci è lasciata perchè acquistiamo dei meriti(6). San Tommaso d’Aquino spiega bene che la lussuria è un peccato mortale che conduce all’inconsiderazione, all’inconstanza, all’accecamento dello spirito, all’amore di sé fino all’odio di Dio e alla disperazione(7). Inoltre la Chiesa insegna che la lussuria quando è commessa scientemente e volontariamente, è sempre peccato grave, un peccato che non ammette parvità di materia. Per peccare gravemente non occorre in questa materia arrivare a certi eccessi, ma può bastare un pensiero, un discorso, uno sguardo, una libertà indecente, un gesto malizioso, una compiacenza interna quando sia volontariamente acconsentita. In questa dottrina non ci sono dubbi o controversie: tutto è certo, tassativo, fuori di discussione. Come si potrà dunque sostenere il contrario e chiamare questi peccati cose da poco?
Ascoltiamo, infine, anche la voce della ragione: che cosa dice del vizio della lussuria? Ci dice che ogni suo singolo atto, sia interno che esterno, è sempre un grave disordine, perchè si risolve in una totale inversione dell’ordine naturale stabilito da Dio e in una vera degradazione della natura umana. Infatti l’ordine naturale stabilito da Dio esige che l’uomo usi tutte le sue facoltà, e quindi anche i suoi sensi, secondo il fine per cui Egli li ha dati e dentro i limiti di quella legge con cui ne ha regolato l’uso. Ora, si sa bene che Dio ha dato all’uomo i sensi non perchè se ne serva per procurarsi delle soddisfazioni effimere, ma per un fine ben più alto, ossia la conservazione e la propagazione della famiglia umana, da Lui sapientemente regolata colla legge santa del matrimonio. L’uso dunque di tale facoltà nell’uomo non è lecito che entro questi limiti, fuori dei quali diventa cosa turpe, disonesta, contraria all’ordine naturale. Ebbene, che fa il lussurioso? Spezza ogni legge, varca ogni confine e rompe questa bella armonia dell’ordine naturale stabilito da Dio con tanta sapienza. Non basta. L’ordine naturale esige nell’uomo che il corpo sia soggetto all’anima e che la ragione domini sopra gli istinti del senso. È in questo dominio che risplende la nostra dignità, è per questo dominio che l’uomo sta al di sopra di tutti gli animali, è questo dominio che forma tutta la sua grandezza, la sua nobiltà, la sua gloria.
Ora che fa l’impudico? Calpestando questo ordine mirabile, fa della sua anima, della sua intelligenza, della sua volontà, un vilissimo schiavo dell’istinto sensuale e invece di comandare al suo corpo, lo serve in tutte le sue abbiette passioni. La lussuria fa perdere all’uomo la fede e l’anima, la salute, la libertà, la mente ed è contraria anche alla legge naturale. Essa fa perdere la fede e l’anima. Tutti i peccati destano nell’anima il rimorso, ma nessuno lo desta così forte e pungente come il peccato disonesto. Ora siccome l’impudico nell’appagamento della sua passione vorrebbe scansare ogni rimorso di coscienza, comincia subito a dubitare della fede, prima occultamente, poi manifestamente e finisce con negare Dio, anima ed eternità. L’ateismo è una scusa comoda per l’impurità! E la storia sta lì a provare che la causa più ordinaria dell’apostasia dalla fede è l’apostasia dalla purezza... Quando fu che Salomone, pur così sapiente, si rese idolatra? Quando divenne lussurioso. Quando fu che Lutero strappò la Germania dal seno della Chiesa e la gettò nelle fauci dell’eresia protestante? Quando divenne lussurioso. Quando fu che EnricoVIII sterminò il cattolicesimo dalla terra dei santi, perdette la fede e la fece perdere a milioni di sudditi? Quando divenne lussurioso. Ecco la storia di tutti gli apostati della fede. Ecco la storia anche di molti cristiani d’oggi, che fuggono la Chiesa e i Sacramenti, che odiano la religione, la combattono. San Paolo dice: «l’uomo animale non capisce le cose dello spirito» (1 Cor 2, 14). Perciò i Padri della Chiesa predicano unanimemente che questo è il peccato che più degli altri conduce anime all’ inferno; perchè strappando loro la fede, le indurisce sempre più nel male, le rende sempre meno suscettibili al pentimento e le spinge così nell’abisso dell’impenitenza finale, cioè della dannazione eterna.
La lussuria fa perdere all’uomo la salute. Di quante malattie infatti e di quante morti premature non è causa questo vizio! Il celebre medico protestante Tissot scriveva: «Non c’è peccato che tanto abbatta le forze naturali, che tanto indebolisca la gioventù ed abbrevi la vita umana quanto il peccato della disonestà». La lussuria fa perdere all’uomo la libertà. Infatti chi si lascia dominare da essa finisce sempre per diventare un povero schiavo, schiavo di se stesso e schiavo degli altri. Essi dicono: «Vorrei finirla con quei disordini ma la passione è più forte di me!». Essi si rendono schiavi anche degli altri. Quante volte si vedono uomini, anche di grande levatura, che si lasciano mettere il laccio al collo e diventano servi dei capricci e delle esigenze di una creatura che è oggetto della loro turpe passione.
La lussuria fa perdere all’uomo anche il bene dell’intelletto. Infatti l’impudico resta così accecato dalla sua passione, che non vede e non conosce più niente, né del suo stato, né della sua dignità, né delle conseguenze a cui va incontro e pur di soddisfare la sua brutale passione, non gli importa di trascurare i più sacri doveri, di calpestare la fedeltà coniugale, di mandare in malora i propri interessi, di rovinarsi nell’onore e compiere lo sfacelo della propria casa. Oh, se potessimo entrare in certe famiglie e domandare la causa di tante discordie, di tanti disordini, di tante ricchezze sparite, di tanti scandali, di tanti delitti, violenze, ferimenti, suicidi, non poche dovrebbero rispondere per il vizio dell’impudicizia(8). La fornicazione è contraria alla legge naturale. Infatti si legge che il Patriarca Giuda (Gn 38) voleva far morire Tamar, la quale era stata sua nuora, ed essendo vedova fu trovata gravida; per cui si vede, che in quel tempo, ancor prima che fosse data la legge di Mosè, per istinto insito nella natura gli uomini conoscevano che la fornicazione era peccato(9).
Alcuni fatti storici in cui è evidente l’intervento divino
Saint André
«Negli Annali di Savoia(10) è conservata la memoria di una spaventosa catastrofe che avvenne il 24 novembre 1248, veglia del giorno in cui la Chiesa celebra la festa di santa Caterina, in una sera in cui la stagione era dolce, l’aria calma e le stelle brillavano nel cielo. Tutta la vallata, dove è situata attualmente la città di Chambery, riposava tranquilla e in sicurezza. In quel tempo un personaggio empio e perverso esercitava una dominazione tirannica su una città che è sparita per sempre, ma che a quell’epoca era vicina alla città summenzionata.
Quel personaggio aveva riunito numerosi e allegri invitati. Celebrava con feste ed orge licenziose la spogliazione sacrilega di un monastero, che aveva trasformato in un luogo profano, dopo averne scacciato senza pietà i monaci e gli ospiti sacri che ne erano i legittimi possessori. Senza dubbio, come al tempo di Baltassar, il pasto era sontuoso; il vino e i liquori, mischiati alle bestemmie e alle risate sardoniche, si versavano abbondantemente. All’improvviso, in un istante, in mezzo alla notte, la terra fu agitata da una violenta scossa; dei turbini orribili, delle voci e dei muggiti di tempesta, che si sarebbe creduto emanati dalle caverne dell’inferno, sembravano scuotere il firmamento e il suolo e, prima che gli invitati avessero potuto alzarsi e prima che potessero lanciare delle grida di spavento, furono sepolti vivi sotto la frana di una montagna gigantesca. Una città, cinque borgate, tutta una regione popolata da seimila abitanti furono inghiottiti negli abissi, le cui tracce sono scritte in caratteri indelebili sul resto del suolo e la cui memoria leggendaria, mista a spavento, è rimasta incancellata e viva nello spirito e nel ricordo delle popolazioni locali».
Ecco cosa riporta la nota del testo a questo proposito: «Questa città, fiorente nel secolo XIII, era la città di Saint André, situata a 7 Km. da Chambery. Essa era il centro del decanato ecclesiastico di Savoia; possedeva un priorato e un capitolo il cui decano aveva giurisdizione sulle parrocchie circostanti. Ora successe nella contea di Savoia che un consigliere o avvocato del conte, chiamato Jacques Bonivard, arrivò a forza di menzogne ed intrighi a farsi affidare dal conte di Savoia e dal Papa Innocenzo IV il Priorato di Saint André, che gli fu dato da comandare. Ad assistere alla sua presa di possesso invitò i suoi amici e fece loro un gran banchetto, ma in mezzo alla notte, una roccia di circa 800 metri si staccò improvvisamente da un’alta montagna chiamata il monte Granier e schiacciò sotto le sue rovine Bonivard con i suoi amici, il priorato e 15 o 16 abitati, tra villaggi e gruppi di casolari vicini, nello spazio di una grande lega. I monaci del priorato, espulsi violentemente da Bonivard, furono i soli che si salvarono. Essi si erano rifugiati nella Cappella di Notre Dame de Myans, oggi santuario nazionale della Savoia che deve la sua celebrità alla sua preservazione miracolosa al momento della distruzione completa di Saint André e dei villaggi del decanato. Quel seppellimento di cinque parrocchie fu così prodigioso e rovinò così profondamente la terra che non ne rimase nessuna traccia, se non di piccoli monticelli che si elevano qua e là e parecchi piccoli laghetti di acqua viva, così profondi che per parecchi secoli non si era riusciti a sondare»(11).
Voltaire
«Di Voltaire, zelantissimo fautore della Encyclopédie..., che tanto propagò l’incredulità e l’immoralità nel secolo XVIII, si ritorna di tanto in tanto a parlare, o per la ristampa di qualche sua opera, curata di solito da coloro che perseguono scopi antireligiosi, o per discutere qualche particolare storico.
L’atteggiamento suo verso la Chiesa fu da lui espresso con questa parola d’ordine: Ecrasez l’infame (Schiacciate l’infame)». «Io sono stufo di sentire raccontare che bastarono dodici uomini per fondare la Chiesa cattolica! Voglio far vedere che ne basta uno solo per annientarla. Entro vent’anni il Galileo (Gesù Cristo) sarà spacciato». Così scriveva il 30 maggio 1758 a D’Alembert. Vent’anni dopo, precisamente il 30 maggio 1778 era lui, Voltaire che scompariva, morendo, a quanto finora è saputo, di una morte disperata e spaventosa»(12).
Le leggi contro la Chiesa
«Verso la fine del 1854, camuffato come manovra economica, fu presentato alla Camera un progetto-legge dal ministro Urbano Rattazzi, “Un preciso disegno - scrive lo storico Francesco Traniello - tendente a ridurre l’influenza della Chiesa”. Esso proponeva lo scioglimento degli ordini religiosi contemplativi, che cioè non si dedicano all’istruzione, alla predicazione o all’assistenza degli infermi, e l’incameramento di tutti i loro beni da parte dello Stato che avrebbe potuto così provvedere alle parroccchie più povere”. Era un’intromissione dello Stato nella vita della Chiesa - scrive Traniello - specialmente grave perchè lo Stato si arrogava il diritto di decidere quali ordini religiosi potevano essere ancora utili alla società secondo un criterio produttivistico... Si prevedeva che, nonostante la forte opposizione cattolica, la legge sarebbe passata alla Camera e di stretta misura anche al Senato. Solo il re avrebbe potuto bloccarla.
In un pomeriggio gelido del dicembre 1854 don Bosco raccontò di aver fatto un sogno strano: era in mezzo al cortile, e ad un tratto aveva visto venire avanti un valletto di Corte, vestito di rosso, che gridò: “Gran funerale a Corte! Gran funerale a Corte!”. Disse ai suoi chierici che, appena sveglio, aveva preso la penna e aveva scritto al re raccontandogli il sogno. Cinque giorni dopo il sogno si ripeté. Il valletto in rosso entrò a cavallo nel cortile e gridò: “Annuncia: non gran funerale a Corte, ma grandi funerali a Corte!”. All’alba, don Bosco scrisse una seconda lettera al re, suggerendogli: “che pensasse a regolarsi in modo da schivare i minacciati castighi, mentre lo pregava di impedire a qualunque costo quella legge”. Il re non volle ascoltare Don Bosco ed ecco cosa successe. Il 5 gennaio 1855, la regina madre Maria Teresa si ammalò gravemente. Dopo un rapido declino morì il 12 gennaio. Aveva 54 anni. I suoi resti vennero portati nella cripta dei Savoia a Superga il giorno 16, in una giornata rigidissima. Il 20 gennaio, vennero dati gli ultimi Sacramenti alla regina Maria Adelaide, moglie del re. Ella aveva dato alla luce un bambino 12 giorni prima, ma non si era più ripresa. Morì nello stesso giorno. Aveva soltanto 33 anni. Il giorno 11 febbraio, dopo venti giorni di grave malattia, morì il principe Ferdinando di Savoia, duca di Genova, fratello del re. Aveva 33 anni. Don Francesia affermava che re Vittorio Emanuele II era sceso due volte a Valdocco per incontrare don Bosco e che era furioso contro di lui.
Ad ogni modo la legge di soppressione passò alla Camera (94 voti contro 23) ed al Senato (53 voti contro 42). Il re la firmò il 29 maggio. Vennero così soppresse - stando alle cifre riportate dal Lemoyne - 334 case religiose che ospitavano 5456 membri. Il 17 maggio, intanto, era morto l’ultimo figlio del re, Vittorio Emanuele Leopoldo, di appena quattro mesi»(13).
Il vulcano del monte Pelé nella Martinica
L’otto maggio 1902, una tremenda eruzione vulcanica del Monte Pelée, (vulcano dell’isola Martinica, una delle Piccole Antille, in America), distrusse completamente la parte nord dell’isola e soprattutto la città di Saint Pierre. Per quanto la natura vulcanica dell’isola spieghi la gravissima catastrofe, tuttavia a tutti i ben pensanti parve chiaro che questo fosse un castigo di Dio per le empietà commesse nello stesso anno e nella stessa isola. «Ecco il commento che diede Mélanie Calvat, veggente di La Salette(14), come è riportato nel giornale dell’Abbé Combe in data 22 maggio 1902(15). “Sono andato (si tratta dell’Abbé Combe) a chiederle quali crimini spaventosi, oltre all’impurità, hanno potuto attirare su quelle popolazioni, che si dicevano molto cattoliche, un simile flagello. Ella mi raccontò che il Venerdì Santo scorso, un grande Cristo, di circa un metro di altezza, fu trascinato in una via di Saint Pierre, ad un’estremità di una corda; che lo si trascinò in seguito sul pendìo della montagna e arrivati vicino a un crepaccio lo si precipitò con un piede”. “Per attirare la maledizione di Dio su tutto un paese, questo sacrilegio è stato dunque l’opera di una massa di uomini e di donne?”. “Solamente alcuni uomini, ma li hanno lasciati fare e una dozzina di ragazzi li seguivano. La montagna si è spaccata da quel lato, il mattino dell’Ascensione»(16). Tra l’altro: «Per la festa dell’Ascensio-ne era annunziata una replica di una parodia oscena, preparata da avvisi, scritte sacrileghe sui muri, ecc.; ma il calice dell’iniquità doveva essere colmo e l’ira di Dio non permise di essere più a lungo provocata. L’otto maggio, nella stessa festa dell’Ascensione, quella città venne letteralmente sepolta sotto le ceneri e la lava del vulcano Pelé e 40.000 furono le vittime della spaventosa eruzione in meno di un quarto d’ora»(17).
Messina
Il 28 dicembre 1908, un terremoto distrusse gran parte di Messina.
Ecco la spiegazione che dà a questo riguardo la Revue Internationale des sociétés secrètes (parte occultista n° 2, 1 febbraio 1932, p. 45):
Il Corriere d’Italia pubblicava nel suo numero del 5 gennaio 1908 una lettera firmata Vincenzo Caudo, direttore della Stella di Messina, rifugiato a Catania:
Mio piccolo bambino
vero uomo, vero Dio
Per l’amore della croce
rispondi alla nostra voce:
se tu non sei veramente un Mito,
schiacciaci sotto un terremoto.
Fu il giornale Il Telefono che stampò a Messina questi versi nel suo numero di Natale 1908. Qualche giorno più tardi, Messina subì un terremoto e un maremoto che fecero 58.000 vittime(18).
La sera di Natale un gruppo di miscredenti fece una oscena e sacrilega parodìa, in un pubblico teatro, del mistero di Betlemme. Il giorno appresso, 26 dicembre, un Circolo cittadino, in un’assemblea, lanciò altre sfide a Dio, e tra l’altro decretò la distruzione della religione in Messina. Quelle blasfeme invocazioni ebbero la loro tremenda risposta(19).
Il Titanic
«Il 10 aprile 1912 il grande e lussuoso transatlantico Titanic partiva da Southampton alla volta di New York. Aveva a bordo 2201 passeggeri più l’equipaggio. Era il primo e ultimo viaggio. La domenica in Albis, nella notte dal 14 al 15 aprile, mentre si trovava a 300 miglia (555 Km) a sud-est di Terranova e a metà della traversata, urtò improvvisamente contro un iceberg. Erano le 23,40. L’urto non risvegliò neppure i viaggiatori addormentati. Ma la nave era colpita a morte. In dieci secondi l’iceberg aprì una breccia di 100 metri (un terzo della lunghezza totale, al di sotto della linea di immersione). Si lanciarono degli S.O.S. e dei razzi, mentre l’orchestra di bordo continuava a suonare la musica da ballo. L’acqua montava raggiungendo le caldaie e la stiva. Si decise di mettere in acqua i 16 canotti di salvataggio e le 4 zattere.
All’una di notte la prua si inabissava. Poco dopo tutta la parte anteriore veniva sommersa. Seicentosessanta persone presero posto nelle imbarcazioni di salvataggio. Scene terribili di spavento e di follia si verificarono a bordo. Si pensò di invocare l’Onnipotente. Millecinquecento passeggeri rimanevano. L’orchestra accompagnò il cantico, divenuto poi celebre in tutto il mondo: “Più vicino a te, mio Dio!... Più vicino a Te”. Altri passeggeri in ginocchio sul ponte inclinato pregavano con fervore. Poi fu l’oscurità completa. La prima ciminiera si spezzava e rotolava in mare trascinando parecchi naufraghi. Dopo due minuti (ore 2,20) l’enorme transatlantico, orgoglio della marina mercantile britannica colava a picco. Le vittime furono 1750, i superstiti 711.
Ecco alcuni precedenti venuti in luce quando si fece l’inchiesta.
Tra le centinaia di operai che lavoravano alla costruzione di quel colosso, alcuni, per dispetto ai loro compagni cattolici, avevano scritto sulla carcassa della nave bestemmie e scherni sacrileghi: “Nemmeno Dio mi può affondare”. Al di sopra della linea di immersione in lettere enormi si leggeva No God, no Pope (Né Dio, né Papa); e dall’altra parte: “Né la terra né il cielo possono inghiottirci”. Benché fossero state coperte dalla vernice, parecchie di quelle iscrizioni non tardavano a riapparire, anzi un impiegato cattolico del Titanic, che le aveva viste, scrisse ai suoi parenti a Dublino in una lettera, che essi conservarono come una reliquia: “Sono persuaso che la nave non arriverà in America, a causa delle scritte blasfeme che ricoprono i suoi fianchi”.L e parole No God, no Pope furono letteralmente tagliate a metà dall’iceberg che attaccò la linea di immersione dove erano state scritte. Queste medesime affermazioni blasfeme furono poi ripetute dal comandante della nave Smith durante l’ultimo pranzo. Poco dopo egli stesso pagava con la vita la sua empia temerità»(20).
La San Giorgio
«Nel 1913 i giornali con parole di estremo cordoglio annunciavano il disastro avvenuto in mare della grande nave da guerra italiana, la San Giorgio. Si era al tempo della grande dominazione massonica. A proposito di quel disastro, nel dicembre di quell’anno fu spedita da Taranto ad alcuni giornali la seguente lettera autentica e firmata: “Egregio Signor Direttore. - A proposito dell’incaglio della San Giorgio, eccole una notizia che potrà giovare. Genova donò alla San Giorgio una statua del Santo. Essa dapprima venne collocata nella sala degli ufficiali, poi in un ripostiglio presso un cesso; a Taranto venne definitivamente messa in un ripostiglio dell’ospedale insieme col materiale inutile. La San Giorgio dunque partì da Taranto senza San Giorgio. Non voglio dire che il Santo abbia tolta la protezione a chi la rifiutò. Il popolo qui a Taranto e la maestranza dell’Arsenale commentano il fatto e dicono: “scherza coi fanti e lascia stare i Santi... ”.
Taranto, 1 dicembre 1913
dev.mo Andrea Martini»(21).
Tsunami
Che ne è per lo Tsunami del 26 dicembre 2004 nell’Oceano Indiano? Due dei paesi devastati (la Thailandia e in misura minore lo Sri Lanka) ospitano in grande scalo il turismo sessuale, attività considerata come il terzo commercio illegale del mondo, dopo la droga e le armi; esso è così definito dalla ACPE (Associazione contro la prostituzione dei bambini): «Il turismo sessuale è un turismo degradante che mette a disposizione dei clienti stranieri, nei paesi del terzo mondo, delle donne, degli adolescenti, dei bambini, ragazze e ragazzi, per soddisfare i desideri e le perversioni sessuali di questi uomini, inclusi i pedofili, sempre più numerosi a partecipare a questo genere di viaggi. Il turismo sessuale è il primo grande affare di costumi a scala planetaria»(22).
Si può dubitare che lo tsunami del 26 dicembre non sia stato un castigo per quel “turismo”? Ecco la realtà(23): «Phuket e la costa della Thailandia hanno, è vero, delle belle spiagge e possono essere considerate come un paradiso terrestre per le loro bellezze naturali, ma esse come abbiamo già ricordato sono luoghi di prostituzione di ogni genere. È un fatto constatato. Purtroppo, anche lo Sri Lanka è ugualmente sulla lista dei paesi dove la prostituzione dei bambini, lungo la costa, con il suo turismo sessuale, è una vera piaga nazionale. E dove avreste potuto leggere (com’era il caso a Colombo), arrivando all’aeroporto internazionale di una capitale, un immenso tabellone che avvertiva i turisti di non toccare i bambini?
Occorre ricordare l’avvertimento di Nostro Signor Gesù Cristo contro questi peccati: “Chiunque scandalizzerà uno di questi piccoli che credono in me sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e che fosse sommerso nel profondo del mare” (Mt 18, 6). Simili peccati gridano vendetta verso il Cielo. Dio ha certamente il diritto di punire nel modo che vuole le nazioni (purtroppo anche con degli innocenti) che lasciano maltrattare così i loro bambini. Nello Sri Lanka si può notare anche un’altra causa del furore delle onde. Il numero del 26 dicembre (notate la data) del Sunday Leader, p. 13, in un articolo intitolato: “I cristiani passano Natale nella paura” descriveva le violenze esercitate in tutto il paese contro i cristiani. Esso precisava che nel 2003, 39 chiese erano state attaccate nella capitale e nei dintorni, con 91 altri incidenti registrati (incendi e profanazioni di chiese, ecc.) e che nel 2004 altri 78 incidenti simili erano stati segnalati.
Similmente poco prima del Natale scorso, i buddisti avevano messo dei manifesti sui muri, gli autobus, i vagoni dei treni ecc. che insultavano Nostro Signor Gesù Cristo con la frase seguente: “Jesu baba thoth-tha babek the? Il Bambino Gesù non è un debole bambino stupido?” (Catholic Messanger, 16 gennaio 2005, p. 2).
Ebbene, adesso abbiamo la terribile risposta a questa bestemmia, dalla parte di Colui al quale «anche il vento e il mare ubbidiscono» (Mc 4, 41).
Ricordiamo ciò che ha detto San Paolo: «Non illudetevi: Dio non si lascia deridere. Ciò che uno avrà seminato mieterà: perchè chi semina nella sua carne, dalla carne mieterà corruzione, chi semina nello spirito, dallo spirito mieterà la vita eterna» (Gal 6,7).
I Santi mantengono le promesse
Riportiamo un testo apparso in Internet riguardo ad un fatto straordinario successo in occasione del maremoto nel Sud Est Asiatico il 26 dicembre 2004. «Le onde dello tsunami si sono ritirate, ma intorno a Chennai (Madras) si parla di miracolo. È la storia di come la miracolosa posta di san Tommaso tenne lontane le onde invadenti, risparmiando la recentemente rinnovata cattedrale di Santhome. La cattedrale, la seconda basilica del mondo edificata sulla tomba di un apostolo, ha dato riparo a centinaia di vittime dello tsunami, fin da quando le onde distruggevano molti edifici lungo la costa. Sebbene le onde dello tsunami assassino devastassero la costa di Chennai, Padre Lawrence Raj, il parroco della Basilica Cattedrale di Santhome, dice: “Il mare non toccò la nostra chiesa”. La ragione? “Crediamo che la miracolosa posta di san Tommaso abbia impedito alle acque del mare di entrare nella chiesa”.
La chiesa costruita nel luogo dove san Tommaso, uno dei dodici Apostoli di Gesù Cristo, fu seppellito dopo la morte, avvenuta nell’anno 72, è situata a pochi metri dal mare. Mentre tutti gli edifici su ciascun lato della chiesa furono colpiti dalle onde dello tsunami, la Cattedrale di Santhome rimase intatta. La gente del luogo ora dice che è la posta miracolosa di san Tommaso che ha tenuto lontano il mare il 26 dicembre.
Secondo Padre Raj, la tradizione dice che quando San Tommaso impiantò la posta sulla sommità degli scalini che conducono alla Cattedrale, disse che il mare non avrebbe oltrepassato quel punto. Il sacerdote vide dal terrazzo della chiesa il mare furioso in azione, che si sollevava attraverso la strada e sommergeva le case di fronte alla posta di san Tommaso, che è un ceppo di legno dall’aspetto innocuo, montato su un piedestallo di cemento.
Si crede che un villaggio nella zona di Mylapore fu invaso dai flutti quando un grosso tronco d’albero cadde attraverso il fiume che ivi scorreva. Il re locale vi fece condurre un pachiderma reale per tirarlo via, ma il compito sembrò impossibile. Allora, secondo la tradizione, vi andò san Tommaso, si tolse la cintura dai fianchi e la porse ad uno dei presenti chiedendogli di issare con essa il tronco. Costui fece così ed il tronco venne facilmente spostato. Una immagine murale del museo della Cattedrale illustra questo incidente. Padre Raj dice che si ritiene che l’attuale posta provenga dal medesimo tronco di legno. Centinaia di senzatetto sopravissuti che si sono rifugiati nella chiesa, fin da quando la tragedia li colpì, avevano pregato san Tommaso di salvarli. “È san Tommaso che mi ha salvato. Questa chiesa non fu toccata dalle acque a causa del potere miracoloso della posta di san Tommaso” ha detto K. Sebastiraj, un pescatore che cercò rifugio nella Cattedrale di Santhome»(24).
Una testimonianza
«Mi trovavo a Bangkok, la sera del 28 dicembre 2004, e sentii quel bell’accento del Québéc che attirò la mia attenzione - non vi sono molti abitanti del Québéc in Asia - ed ho sentito anche il nome del Buon Dio. Quel Québécois diceva a un francese che ringraziava Dio perché non era morto. Si trovava là con due persone, bendate ai piedi e sulle carrozzelle, e mi spiegava che il mattino del 26 dicembre aveva visto nel suo hotel dell’acqua sotto la porta della sua camera. Si domandava cosa facesse quell’acqua in quel posto, cercarono di aprire la porta ma vi era un muro d’acqua nel corridoio. Nei minuti che seguirono un’altra porta e una finestra si sfondarono e la camera si riempì d’acqua fino quasi al soffitto. Avevano solo qualche centimetro d’aria prima del soffitto, i materassi galleggiavano... Essi si immersero e riuscirono ad uscire, solo Dio sa come! Quei Québécois venuti in vacanza per la prima volta in Asia e che avevano visto la morte a qualche passo, a qualche secondo, a qualche respiro d’aria - se siete nell’acqua è una questione di respirazione - ringraziarono il Buon Dio di non essere morti. Mi sono presentato ad essi come sacerdote missionario in Asia, originario del loro paese, e dopo averli ascoltati li invitai a recitare qualche Ave Maria. “Oh sì - mi risposero - ne reciteremo molte, ricominceremo a pregare. Siamo sfuggiti alla morte e ne ringraziamo il Buon Dio”. Queste parole riassumono la grande lezione che il Buon Dio vuole ricordarci. Noi viviamo in un mondo artificiale, un mondo di sogni con tutti questi giochi, film, video... e il Buon Dio ci ricorda che la vita è corta, la vita è fragile. Voi siete sulla spiaggia poi arriva un’onda ed è la fine. Si passa da questa vita all’eternità. Questo ci ricorda che la vita è breve e che bisogna essere sempre pronti a presentarsi davanti a Dio. Quei Québécois mi dicevano che si sarebbero messi a pregare, a riprendere la pratica dei sacramenti. Possa questa lezione, che fa male come un’operazione chirurgica, aprire gli occhi a molti perchè rimettano la loro vita in ordine al fine di essere pronti ad ogni istante per quell’ora. Nostro Signore ha detto: “Verrò come un ladro”. Allora occorre essere pronti per quell’istante che ci introdurrà nell’eternità»(25).
Conclusione
Dio ci ha creati per amarlo, adorarlo, servirlo e per goderlo poi nell’altra vita, per farci partecipare alla felicità eterna. Quando ci punisce sulla terra è una grazia perchè vuole che ritorniamo a Lui, perchè vuole salvarci. Viviamo dunque nel timor di Dio e nella fiducia della sua misericordia. Non trattiamo con l’indifferenza, il disprezzo o la derisione gli avvertimenti che ci dà e che sono un segno di questa stessa misericordia. Riguardo al nostro futuro valgono sempre le parole del Libro dell’Imitazione di Gesù Cristo(26): «È meglio essere castigati in questa vita che in avvenire». Troviamo la conferma di questa sentenza anche nel libro di Tobia: «Tu infatti non ti compiaci della nostra perdizione; dopo la tempesta fai tornare la tranquillità e dopo le lacrime e i pianti sai infondere la gioia» (Tb 3,22). Già Quintiliano diceva: «Che cosa vi è di più grande nelle cose umane? Il vincere i vizi. Nessuna vittoria è maggiore di questa. Molti domarono i popoli e le città, pochissimi se stessi». Quando la valorosa Giuditta ritornò trionfante in Betulia, dopo aver tagliata la testa ad Oloferne ed aver così liberata la sua patria, i più anziani della città e molti degli abitanti si fecero incontro alla loro liberatrice esclamando: «Il tuo cuore è stato ripieno di forza perchè hai amato la castità» (Gdt 15, 11).
Anche voi dunque, o giovani, se volete la fortezza, mettetevi in guardia contro i piaceri che snervano ad un tempo l’anima ed il corpo e profanano le sorgenti più sante della vita. Non badate mai al mondo che vuol trascinarvi per le sue vie! Siate puri, siate onesti e sarete forti! Ricordate che non sarà coronato un dì nel cielo se non colui che avrà legittimamente combattuto (cfr. 2 Tim 2, 5). «Se nel mondo c’è allegrezza, la possiede certamente l’uomo che ha il cuore puro e se ci sono quaggiù tribolazioni ed affanni questi li conosce meglio di ogni altro la coscienza del malvagio»(27).
da Tradizione Cattolica n° 60
Note
(1) La Bibbia, Sales, ed. L.I.C.E., Torino, 1938
(2) Mgr F. Trochu, Sainte Bernadette Soubirous, librairie catholique, E. Vitte, 1953, Paris, p. 162.
(3) ibid. p. 219.
(4) Antonio A. Borelli Machado, Le apparizioni e il messaggio di Fatima, secondo i manoscritti di suor Lucia, Edit. Vera Cruz, Sao Paulo.
(5) Castegnaro, Catechismo agli adulti, v. II, p. 376.
(6) Conc. di Trento, Dz. 792.
(7) Summa Theol., II II, q. 153, a. 5; cfr. G. Lagrange, Les trois âges de la vie interieure, t. I p. II c. 7,2.
(8) Mons. Castegnaro, Catechismo agli adulti, vol III.
(9) Catechismo di S. R. Bellarmino, p. 106.
(10) Abbé Arminjon, Fin du monde présente et mystères de la vie future 1881, Office Central de Lisieux, p. 29.
(11) Per maggiori dettagli vedi il libro dell’Abbé Trépier, Histoire du décanat de Savoie.
(12) Nemesio, Quando Dio dice basta, ediz. Paoline, 1954, p. 86.
(13) Teresio Bosco, Don Bosco, ed. LDC, 1979, pag. 248.
(14) Articolo tratto da Action Familial et scolaire, febbraio 2005, N° 177. Riguardo a Mélanie Calvat e il privilegio di cui la SS. Vergine la beneficò e che ella chiamò “la Vue”, vedi l’articolo Il centenario della morte di Mélanie Calvat , su Action Familiale et scolaire, N° 176, (dicembre 2004).
(15) Parroco di Dion (Diocesi di Moulins), in cui Mélanie risiedette dal 1899 al 1904.
(16) Journal de l’Abbé Combe - Gli ultimi anni di suor Marie de la Croix, pastorella di La Salette.
(17) Mons. Castegnaro, op. cit., vol. III, p. 119.
(18) Testo citato nel N° 160 (aprile 2002) di Action Familial et scolaire, pag. 68, Non ci si prende gioco di Dio.
(19) Nemesio op. cit., p. 25.
(20) Nemesio, op. cit., p. 28.
(21) Mons. B. Castegnaro, op. cit. p. 146.
(22) ACPE, 14, rue Montdétour, 75001 Paris; acpe-asso-com/fiche1.
(23) Abbé D. Couture, Nouvelles de Chrétienté, N° 91, gennaio febbraio 2005.
(24) The Indian Catholic, sito internet di notizie della Conferenza Episcopale dell’India; theindiancatholic.com/news_read.aspd?nid=274 18/01/2005.
(25) Abbé D. Couture, op. cit.
(26) Imitaz. Gesù Cristo l. 3 c. 50, 26.
(27) Ibid., l. 2, c. 4, 7.