di don Mauro Tranquillo
Il Sinodo sulla famiglia sembrava dover avere come “tema caldo” la comunione ai divorziati che vivono in concubinato. Papa Francesco ha, come sappiamo, abilmente aggirato il problema con i suoi due motu proprio che permettono un rapido e indolore annullamento dei matrimoni sulla base di una sostanziale autocertificazione davanti al Vescovo. Non è da escludere che qualche progressista attardato non colga la profondità di questi cambiamenti e insista sulla comunione ai divorziati; ma sembra chiaro ormai che altri temi, già adombrati l’anno scorso, entreranno prepotentemente sulla scena, se non altro a livello mediatico (che è quello che conta, oggi).
Durante il viaggio negli USA il Papa ha incontrato la funzionaria del Kentucky Kim Davis alla nunziatura a Washington, quella che è andata sotto processo per aver rifiutato licenze matrimoniali a coppie gay. Padre Lombardi si è affrettato a precisare che l’incontro è avvenuto insieme a quello con molte altre persone, brevemente salutate dal Papa in un’udienza, e che "non deve essere considerato come un appoggio alla sua posizione in tutti i suoi risvolti particolari e complessi". Come riportato sul sito news.va Bergoglio ha concesso una sola udienza privata in nunziatura, testualmente a “un suo antico alunno con la famiglia”. Il nostro gesuita però si dimentica di avvertirci che questo “antico alunno” è un gentile signore omosessuale, tal Yayo Grassi, con il suo compagno, e alcune conoscenze che egli introduce al Santo Padre.
Egli stesso ha dichiarato alla CNN di essere “l’antico alunno” in questione, e di aver arrangiato l’incontro personalmente con Francesco via email poche settimane prima. Non risulta che la solerte Sala Stampa abbia preso le distanze dal signor Grassi come ha fatto nel caso della Davies, e un video mostra il commovente ed affettuoso incontro in tutti i dettagli. Sull’opportunità per il Papa di un tale incontro si può discutere, sulle ambiguità di Padre Lombardi si può ridere, ma è fuor di dubbio che la disparità di trattamento tra l’impiegata anti-gay e l’amico omosessuale rimane palese, ed è la Sala Stampa a sottolinearla goffamente: per la Davies un saluto generico in un’udienza con diverse persone, per Grassi l’unico incontro privato. Naturalmente Grassi è un gay buono (anche se i cattivi Hollywood ha decretato che non esistono), perché da 19 anni vive con lo stesso partner. Preziosi elementi matrimoniali, direbbe Kasper. Secondo Grassi, il Papa conosce da sempre la sua condizione e lo accetta così. Il video lo testimonia senza equivoci. Ricordo alcuni blogger “conservatori” parlare dello “schifo” che Bergoglio proverebbe per i gay, che li avrebbe abbandonati a se stessi con il suo “chi sono io per…”. Simpatici paradossi che contrastano con l’immagine generale che questo Pontificato sta dando, mediaticamente (e questo conta, oggi).
Quasi contemporaneamente, un Prelato polacco che lavora alla Congregazione per la Dottrina della Fede ed è Segretario aggiunto della Commissione teologica Internazionale, tal Monsignor Krzysztof Charamsa, ha dichiarato al Corriere della Sera di essere gay e di avere un compagno, pronto al martirio pur di “scuotere la sua Chiesa”. Dice che «che l’amore omosessuale è un amore familiare, che ha bisogno della famiglia. Una coppia di lesbiche o di omosessuali deve poter dire alla propria Chiesa: noi ci amiamo secondo la nostra natura e questo bene del nostro amore lo offriamo agli altri. Non sono posizioni dell’attuale dottrina, ma sono presenti nella ricerca teologica». Si diceva un tempo che la pratica della sodomia, oltre ad essere un peccato di lussuria specialmente grave, portava con sé la nota del sospetto di eresia, ed era giudicato proprio da quel Sant’Uffizio di cui il nostro Prelato è Ufficiale.
Questo perché se uno può peccare carnalmente per debolezza, il peccato contro natura è difficilmente giustificabile senza una particolare perversione dell’intelligenza e della fede. I tempi stanno dando apertamente ragioine ai sospetti dell’antica procedura inquisitoriale. Non basta più ai sodomiti, specie chierici, il peccare per debolezza, devono ora rivendicare un mutamento dottrinale (un’eresia, in breve) per giustificarsi. Gli uomini di Chiesa modernisti hanno ammesso, nel Vaticano II, che la dottrina potesse cambiare in base ai tempi, in materia politica ed ecclesiologica. Perché fermarsi di fronte alla morale, quando tutto il mondo spinge per questo? Quando la nuova religione che incombe lo vuole, e quando si può cogliere l’occasione per non starne fuori, anzi magari per guidare l’animazione spirituale del futuro governo mondiale, tanto auspicato da Benedetto XVI (ripreso da Francesco in Laudato si’ n° 175)? Francesco, come già Benedetto XVI, è chiamato dai luterani di Roma “il nostro Vescovo”. Approvazione piuttosto esplicita della sodomia, communicatio in sacris con gli eretici: tutte pratiche che comportano il sospetto di eresia. Il sospetto… com’erano garantisti gli Inquisitori!