Riprendiamo dal sito Riscossa Cristiana la risposta di Alessandro Gnocchi ad un lettore sulla situazione attuale nella Chiesa. Buona lettura.

 

 

Gentile dottor Gnocchi,

sono un cattolico di 40 anni un po’ confuso di fronte a una Chiesa che approva un movimento come quello neocatecumenale (e forse probabilmente non solo) e non accoglie, invece, la Fraternità San Pio X; confuso di fronte ad un Papa, di cui pur ammiro alcuni gesti di umiltà, ma di cui leggo anche frasi sinceramente sconcertanti, come ad esempio “Dio non è cattolico”, “Non m’interessa se un bambino viene cresciuto da genitori cattolici” o altro ancora. Sono al momento un po’ spaesato, devo ammettere, e quasi giunto a chiedermi se esiste ancora la Chiesa cattolica. Imbattutomi in questo sito scrivo forse per avere qualche lume in più che mi aiuti a capire in che direzione stiamo andando noi cattolici. Sperando in una gentile risposta invio cordiali saluti.

Cristian

Caro Cristian,

non è solo per senso di ospitalità nei confronti di un nuovo lettore che riprendo questa rubrica dopo la pausa natalizia rispondendo alle sue perplessità. La sua lettera riassume con garbo, ma anche con decisione, il senso di tante altre arrivate in redazione in questo periodo, non certo avaro di cannonate sparate dall’artiglieria comandata dal generalissimo Bergoglio contro quel poco che rimane in piedi della Chiesa cattolica. Dovrà solo avere un po’ di pazienza perché le questioni che solleva vanno affrontate con la dovuta serietà e penso che servirà almeno lo spazio di due rubriche per esaurirle. Dunque, se non la inquietano troppo certe argomentazioni, dovrà tornare da queste parti anche la prossima settimana.

Per cominciare, prenderei in considerazione la più sonora ed efficace tra le cannonate esplose ultimamente dalle batterie del general Bergoglio. Mi riferisco al video con cui l’attuale Vicario di Cristo, consegnando Urbi et Orbi la sua intenzione di preghiera per la pace della Casa Comune, ha umiliato Cristo relegandolo al rango di un idolo qualsiasi.

Cominciamo da qui caro Cristian, perché questo minuto e trentuno secondi di immagini e testi è un piccolo capolavoro di comunicazione al servizio del male. Un prodotto talmente diabolico nella sua eloquenza figurativa, da metter i brividi anche quando, a rigore di logica, dovrebbe far morire dalle risate. Quel “Credo nell’amore” recitato dal sacerdote cattolico e dai rappresentanti delle false religioni con la faccia più inebetita che ispirata, per esempio, fa tanto Festival di Sanremo, brunetta dei Ricchi&Poveri e “Solo tre parole, sole, cuore, amore”. Eppure non fa neppure sorridere perché non siamo su “Scherzi a parte”, ma ai piani alti della Torre di Babele con ampia vista sul sesto Cerchio dell’Inferno da cui eretici come Federico II e Farinata degli Uberti chiamano a gran voce i loro emuli di tutti i tempi.

Ma ci sono momenti in cui la tentazione del sorriso non sfiora lontanamente neppure lo spettatore più smaliziato. Fra tutti, spicca quello in cui ogni ministro della Religione della Casa Comune mostra sulla sua mano il simbolo della propria “sensibilità diversamente religiosa” in una specie di “uno per tutti e tutti per uno”. Naturalmente, il ministro di “sensibilità cattolica” non mostra il Crocifisso, troppo drammatico e divisivo, ma il Bambino appena nato, così facile da lordare e umiliare. Senza pensare quanto fosse terribile e tremenda, nel senso vero dei termini, la manifestazione di Dio nella carne dell’uomo. Così terribile e tremenda che quando la Sacra Famiglia fuggì in Egitto, al passaggio di Gesù Bambino, come aveva profetato Isaia, gli idoli crollavano nei templi e nessuno avrebbe osato avvicinarli al Dio incarnato.

Se si pensa che normalmente per recitare spot di tale genere, al pari di quelli impiegati per fare immeritata incetta di otto per mille, vengono impiegati sacerdoti veri, si comprende che in questo caso la profanazione di Nostro Signore è completa nella forma e nella sostanza. E tutto avviene, per mantenere un linguaggio televisivo, con la regia e la conduzione del Vicario di Nostro Signore: è difficile immaginare qualcosa di più diabolico, se non la profanazione del Corpo Eucaristico.

Eppure, questa esibizione è arrivata dove voleva arrivare e ha ottenuto l’effetto che voleva ottenere, con il plauso della gran schiera di “diversamente cattolici” che affollano la Neochiesa della Casa Comune. L’arcobaleno che va dal conservatore infingardo al punkabbestia misticheggiante ha finalmente trovato il suo profeta. Ma non bisogna pensare che ora sul soglio di Pietro sia arrivato un pifferaio magico capace di pervertire improvvisamente, nel torno di un doremifasol, cervelli e anime perfettamente cattolici. Dopo cinquant’anni di pastorale affidata ai lupi, il pubblico era in trepida attesa della star che avrebbe evocato e interpretato sulla scena planetaria il Grande Cambiamento.

Non se ne deve stupire, caro Cristian. Era già tutto scritto in quel gran repertorio dell’ipermodernismo, in quel Sillabo al contrario che è stato, ancora è e purtroppo a lungo sarà il Concilio vaticano II. La dichiarazione sulla libertà religiosa “Dignitatis humanae”, il decreto sull’ecumenismo “Unitatis redintegratio”, la dichiarazione sulle relazioni della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane “Nostra aetate” sono il drammatico canovaccio del copione che ora viene recitato a volte in forma di tragedia e a volte in forma di farsa. Non c’è nulla di nuovo nei contenuti. Ora è semplicemente arrivato un regista duro e inflessibile che ha deciso di andare in scena senza indugi, senza prove, senza la possibilità di sbagliare e senza la licenza di modificare una sola virgola della sceneggiatura. È arrivato il gran mattatore che dirige, recita, suggerisce e governa l’intera baracca con pugno di ferro, pretendendo l’obbedienza cieca, pronta e assoluta anche dall’ultima comparsa, e figuriamoci dai comprimari.

In questa sera della Chiesa, caro Cristian, non si recita a soggetto e chiunque osi solo pensarlo viene fatto fuori dal Gran Varietà della Casa Comune. Senza pietà, senza misericordia e, soprattutto, senza rimorsi e tentennamenti perché, tanto, c’è la fila in attesa di entrare in questo “Grande Fratello” delle anime perdute, in questo reality show della salvezza a prezzi di saldo. Chi non ci sta sia reietto al tempo presente e dannato nella memoria, sbertucciato anche dall’ultimo dei trovarobe e cancellato persino dai titoli di coda: nessuno osi pensare che sia esistito.

Nella sua lettera, caro Cristian, lei pone tre questioni nella successione temporale più logica per chi osservi l’attuale situazione: il turbamento per l’operato di questo Pontefice, i dubbi sulla sussistenza della Chiesa cattolica e l’incertezza sulla direzione in cui ci si sta muovendo. Per risponderle, bisogna seguire la sequenza contraria e cominciare dalla questione più semplice per la sua evidenza.

La direzione in cui sta andando la barca di Pietro è la stessa da cinquant’anni a questa parte. Il disegno dei padri fondatori della Religione della Casa Comune è il dissolvimento della religione cattolica e della Chiesa fondata da Cristo in un abbraccio mondano con tutto quanto si oppone a Cristo. Salvo sorprese dettate dal moto di dissoluzione che si fa sempre più veloce in modo preoccupante, penso che la prossima tappa eclatante sia prevista per il 31 ottobre del prossimo anno. Allora saranno esattamente cinquecento anni da quel 31 ottobre 1517 in cui Lutero rese pubbliche a Wittemberg le sue 95 tesi anticattoliche. Se interpreto bene alcune informazioni e vari rumors, per l’occasione si progetta una sorta di canonizzazione congiunta del fondatore del protestantesimo. Cattolici e protestanti si troveranno insieme a celebrare uno dei più feroci, dei più potenti e dei più geniali nemici della cristianità. Naturalmente, in sfregio alla fede cattolica, perché il 31 ottobre 2017 non verranno ricordate la nascita o la morte di Lutero, ma la pubblicazione delle sue tesi e, dunque, il suo pensiero.

Non è un caso se l’ultimo numero di Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti pubblicata con il placet vaticano, ha dedicato un articolo alla presunta “complementarità” e alle “similitudini” tra Lutero e Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù. Non è questo il luogo per entrare nel dettaglio, ma va segnalato che padre Philip Endean, l’autore del saggio, arriva persino a evocare le difficoltà avute da Sant’Ignazio con le autorità ecclesiastiche per trarne un’attenuazione e un’assoluzione della ribellione a Roma e della lacerazione del Corpo Mistico di Cristo operate da Lutero.

Ma anche in questo caso, caro Cristian, non c’è nulla di nuovo sotto il sole malaticcio di questa Chiesa. Le esternazioni e gli abbracci, imbarazzanti persino per i luterani più seri, offerti da Bergoglio sono il traino del lavorìo teologico e culturale affidato da tempo alle truppe cammellate del revisionismo anticattolico addestrate nei seminari e nelle università pontificie di questi ultimi decenni. Ma sarebbe ingiusto scaricare tutto sulle spalle di Bergoglio senza ricordare gli apprezzamenti appassionatamente benevoli su Lutero espressi più volte da Benedetto XVI. Del resto, il cardinale Joseph Ratzinger, quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, nel 1999, guarda caso ancora il 31 ottobre, aveva firmato con la Federazione luterana mondiale la poco onorevole “Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione”.

Ma non c’è nulla da temere, caro Cristian. Non bisogna spaccare il capello in quattro perché “Il nome di Dio è misericordia”, come recita l’ultimo libro intervista di Bergoglio, curato da Andrea Tornielli: un titolo buono tanto per il più incancrenito dei pastori luterani quanto per il più invasato degli imam musulmani e figuriamoci per un imperturbabile bonzo buddista. Certo Tornielli non è Scalfari, se quello taglia questo medica, ma il lavoro di lifting funziona proprio così, a forza di taglio e cucito compare una faccia nuova, magari senza le rughe che tanto inquietavano Giovanni XXIII, ma nuova: e si scopre di avere una nuova madre, magistra di nuove dottrine.

Sospinto da supporter di tal fatta, caro Cristian, il bus guidato da Bergoglio corre all’impazzata verso il capolinea della Casa Comune, mette la freccia e si ferma, in perfetto orario, alla stazione di sosta e chi ha il biglietto in regola sale, per gli altri niente misericordia. E non potrebbe essere altrimenti perché si tratta di misericordia falsa, marchiata con una cifra che non appartiene a Cristo, dato che non vuole spartire il proprio dominio con la Verità e la Giustizia. Dunque, è falsa moneta che vale per comprare considerazione solo nel falso reame governato da colui che l’ha coniata, un despota falso e ingiusto che, sciolto da qualsiasi legame, decide a proprio piacimento quando essere misericordioso e quando essere impietoso, quando essere buono e quando essere cattivo. Un terribile sovrano ab-soluto il cui sguardo spazia sulla folla e vede uno stuolo di servi anche se li chiama fratelli.

Qui giunto, caro Cristian, penso aver risposto al quesito sulla direzione di marcia. Implicitamente l’ho fatto anche per le altre due questioni, perché se “qualcosa” si muove nella direzione sbagliata, significa che, comunque, quel “qualcosa” continua a esistere e che alla sua guida c’è “qualcuno”.

Però non è detto che queste constatazioni siano consolatorie. In certi frangenti sarebbe più facile e più comodo pensare che tutto sia finito e che si debba ricominciare da noi, gli unici rimasti puri e senza macchia. Ma è una tentazione nella quale non bisogna cadere, perché è la stessa nella quale sono franati coloro che hanno buttato a mare duemila anni di storia santa pensando di essere la misura di tutto. E, invece, non erano la misura di niente.

Alessandro Gnocchi

Sia lodato Gesù Cristo

 

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