di don Pierpaolo Petrucci
In occasione della festa della Santa Famiglia proponiamo alla meditazione qualche testo del magistero perenne della Chiesa con un breve commento, per ricordare alcuni aspetti della dottrina cattolica sulla famiglia, cellula umana fondamentale di istituzione divina alla base della società ma così attaccata oggi dai nemici di Dio e direi ancora di più dal silenzio sconcertante della gerarchia ecclesiastica attuale su temi fondamentali che la riguardano.
Possa l’insegnamento costante dei papi dissipare le tenebre che ci avvolgono e suscitare tante famiglie veramente cattoliche per la nascita di una nuova società cristiana.
Pio XII ricordava che “La famiglia è sacra, essa è la culla non solo dei figli, ma anche della nazione e della sua forza e della sua gloria. Non si stranii né si devi la famiglia dall’alto scopo voluto da Dio!
Che lo sposo e la sposa in fedele compimento dei loro doveri coniugali e famigliari, trasmettano nel focolare domestico la fiaccola della vita corporea e, con essa, la vita spirituale e morale, la vita cristiana, alle novelle generazioni: questo vuole Iddio.”[1]
I governanti che attaccano lla famiglie quindi con leggi inique per svellerne le fondamenta naturali e cristiane, distruggono le fondamenta della nazione stessa.
La base della famiglia è il matrimonio, istituito da Dio al momento della creazione dell’uomo e della donna ed elevato da Gesù Cristo a rango di sacramento.
«Il matrimonio non fu istituito né restaurato dagli uomini, ma da Dio; non dagli uomini ma da Dio, autore della natura, e da Gesù Cristo, Redentore della medesima natura, fu presidiato di leggi e confermato e nobilitato.»[2]
I cattolici che convivono senza essere uniti nel sacramento del matrimonio commettono un peccato grave e pubblico, per questo non possono accostarsi alla Santa Comunione se prima non hanno posto fine allo scandalo che comporta la loro situazione.
Non parliamo delle unioni contro natura, stigmatizzate dal catechismo di San Pio X come un peccato che “grida vendetta al cospetto di Dio”. Quando la società civile, come sta succedendo oggi, giunge ad autorizzarle permettendo persino l’adozione, decreta la sua condanna a morte e si espone ai più grandi castighi di Dio.
Gli sposi che si uniscono con il vincolo sacro del matrimonio assumono di fronte a Dio ed alla società il grave dovere di procreare ed educare la prole. Questo è fine primario ed il primo fra i beni del matrimonio: « Tutti questi – dice Sant’Agostino - sono il beni per il quali le nozze sono buone: la prole, la fede, il sacramento» (Cit. Pio XI Ad salutem, 20-04-1930).
Ci si sposa quindi prima di tutto per generare bambini che diventeranno figli della Chiesa, membri validi della società e, lo si spera, degli eletti per il Paradiso. I genitori che si dispongono ad accogliere generosamente i figli, con una grande fiducia nella Divina Provvidenza, sono da lei benedetti e danno una testimonianza concreta della sua azione. Le famiglie numerose sono sempre state la gloria della Chiesa. In esse spesso nascono grandi vocazioni sacerdotali e religiose.
«L’individuo e la società, il popolo e lo Stato, la Chiesa stessa, dipendono per la loro esistenza, nell’ordine stabilito da Dio, dal matrimonio fecondo. Quindi abbracciare lo stato matrimoniale, usare continuamente la facoltà ad esso propria e in esso solo lecita, e, d’altra parte, sottrarsi sempre e deliberatamente, senza un grave motivo, al suo primario dovere, sarebbe un peccato contro il senso stesso della vita coniugale»[3].
Per questo il porre come condizione prevalente al momento del matrimonio quella di non avere figli o di limitarne il numero a proprio arbitrio lo renderebbe invalido.
Nell’uso del matrimonio poi, il viziare l’atto naturale per impedirne la fecondità va direttamente contro il fine primario del matrimonio e costituisce un peccato grave.
«Poiché l’atto del coniugio è, di sua propria natura, diretto alla generazione della prole, coloro che nell’usarne lo rendono studiosamente incapace di questo effetto, operano contro natura, e compiono un’azione turpe e intrinsecamente disonesta.»[4]
L’utilizzo stesso dei cosiddetti “metodi naturali”, che consiste nell’avere rapporti soltanto nei periodi infecondi non è lecito se non quando vi sono «seri motivi, come quelli che si hanno non di rado nella cosiddetta “indicazione” medica, eugenica, economica e sociale. Da ciò consegue che l’osservanza dei periodi infecondi può essere lecita sotto l’aspetto morale, e nelle condizioni menzionate è realmente tale. Se però non vi sono, secondo un giudizio ragionevole ed equo, simili gravi ragioni personali o derivanti dalle circostanze esteriori, la volontà di evitare abitualmente la fecondità della loro unione, pur continuando a soddisfare pienamente la loro sensualità, non può derivare che da un falso apprezzamento della vita e da motivi estranei alle rette norme etiche».[5]
L’educazione dei figli necessita l’amore degli sposi e l’unità del matrimonio che, in quanto sacramento è un vincolo indissolubile. Questo amore mutuo essi devono coltivarlo durante tutta la loro vita, sapendo sacrificarsi per la prole che è stata loro affidata.
«Non soltanto l’opera comune della vita esterna, ma anche tutto l’arricchimento personale e spirituale, perfino tutto ciò che vi né di più spirituale e profondo nell’amore coniugale come tale, è stato messo, per volontà del creatore, al servizio della discendenza. Per sua natura la vita coniugale perfetta significa anche la dedizione totale dei genitori a beneficio dei figli, e l’amore coniugale nella sua forza e nella sua tenerezza è esso stesso un postulato della più sincera cura della prole e la garanzia della sua attuazione».[6]
La legge che autorizza il divorzio è ingiusta, contraria alla legge naturale e divina, è funesta alla famiglia e causa gravi di mali ai figli ed alla società. Per questo deve essere combattuta con tutte le forze.
Il divorzio, nullo nei suoi effetti, non può sciogliere il matrimonio tra i cristiani e quindi non può autorizzare gli sposi ad una nuova unione che non sarebbe altro che un adulterio.
«La sentenza dei tribunali laici e delle assemblee non cattoliche, che pronunziano in particolare la nullità dei matrimoni, e cercano di scioglierne i loro vincoli, non hanno di fronte alla Chiesa nessun effetto» I parroci «commetterebbero un delitto gravissimo e tradirebbero il loro sacro ministero se approvassero simili maritaggi con la loro presenza e se li avallassero con la loro benedizione. Inoltre non si deve chiamare quello un matrimonio ma piuttosto una unione adulterina»[7]
Per concludere è bene ricordare che la famiglia cattolica è quella dove Dio è al posto d’onore. I genitori danno l’esempio di una fervente vita cristiana accostandosi frequentemente ai sacramenti per alimentare il loro amore fondato in quello di Dio e uniti nell’ideale comune del desiderio di santificazione.
La preghiera insieme, il S. Rosario recitato di fronte all’immagine del Sacro Cuore a cui la famiglie si è consacrata, farà discendere su di essa abbondanti benedizioni che aiuteranno i genitori a compiere in maniera ammirevole quel compito di educatori affidato loro da Dio. Essi proveranno così tutte le gioie che provengo dall’amore coniugale e dai figli e, anche nelle prove più dure, avranno la certezza dell’aiuto divino e la speranza che un giorno la famiglia sarà riunita in cielo, nostra vera patria, per quella beatitudine eterna che Dio ha preparato a coloro che lo amano e lo servono fedelmente.
[1] Pio XII, radiomessaggio la mondo, 13 maggio 1942.
[2] Pio XI, Cast connubi 31-12-1930
[3] Pio XII, Allocuzione alle ostetriche, 29 ottobre 1951
[4] Pio XI, Casti connubi, 31-12-1930
[5] Pio XII, Allocuzione alle ostetriche, 29 ottobre 1951
[6] Pio XII, Allocuzione alle ostetriche, 29 ottobre 1951
[7] Pio VI, Lett. Etsi Fraternitatis 8-10-1803