di Laura D'Avino
Non siamo affatto ammiratori della TV, né incoraggiamo chicchessia a passarvi del tempo, anzi… Tuttavia, come internet, la radio ed altro ancora, la TV è un mezzo, e come tale potrebbe avere un fine giusto ed anche edificante. Potrebbe.
Ma purtroppo la maggior parte delle volte, per non dire sempre, chi ne gestisce le diverse emittenti ha come preciso scopo la perversione della morale e del costume, attraverso un bombardamento subdolo, progressivo ma efficace. Prendiamo come esempio l’emittente nazionale, la RAI. L’esempio di qualche programma che vi si trasmette potrà servire da “termometro” del livello morale a cui gli italiani sono inesorabilmente scesi.
La RAI, dunque, alla quale si è obbligati a pagare, annualmente, un canone di abbonamento, non si smentisce. Si fa sentire, poi si acquieta, ci asseconda per un po’, poi ritorna, più forte di prima. Gli ultimi Sanremo (inguardabili, ogni anno di più… Dov’è la competizione canora?) sono la testimonianza più immediata. O almeno così potevamo credere fino alla scorsa settimana.
Ma in fondo non era tutto da buttare. Con “Don Matteo” la Rai si manteneva su un certo livello morale. Peccato soltanto per la pessima figura del protagonista, prete mediocre che non prende mai posizione, limitandosi al silenzio e lasciando che le persone agiscano come meglio credono. Ma per fortuna c’è il lieto fine, come quello del marito che pretende che la moglie abortisca perché malata e bisognosa di cure che la gravidanza non le permetterebbe di avere. Don Matteo, naturalmente, non interverrà (no, neanche stavolta, quando il marito chiede di convincere la moglie ad abortire!) e la coppia si troverà da sola di fronte a una scelta tanto delicata quanto grave. Fortunatamente (dopotutto si tratta sempre di un programma a sfondo simil-religioso) la gravidanza non verrà interrotta.
La Rai si è comportata da signora, viene da pensare.
Tempo qualche giorno e mandano in onda un altro programma, “Fuoriclasse”, seconda stagione di una serie televisiva andata in onda qualche anno fa. Protagonista, ancora e ancora, Luciana Littizzetto. L’idea non è male, le storie dovrebbero essere tratte dai racconti di Domenico Starnone (Ex cattedra, Fuori Registro e Sottobanco). Peccato che di quelle storie resta solo una vaga ispirazione. Eh sì, perchè se nella prima stagione si vedeva solo qualche divorzio con relativi nuovi accoppiamenti (roba stravecchia per la Rai, basti pensare a “Un medico in famiglia”, il simbolo italiano più eclatante di come il concetto di famiglia si sia sfasciata) e un ragazzino omosessuale di 16 anni (fatto entrare di soppiatto: se inizialmente si aveva solo qualche sospetto, soltanto nelle puntate finali si avrà la certezza della sua omosessualità. Ma, ormai, nel corso della serie tv, è entrato nelle simpatie e nelle grazie di tutti, quindi va bene così), in questa nuova stagione c’è un tripudio di situazioni nuove che DEVONO essere accettate. Continuano gli amoreggiamenti della prima serie, vale a dire le nuove coppie formatesi a seguito dei divorzi. E fin qui, tutto “nella norma”.
Ma poi irrompe sulla scena, violentemente eppure silenziosa, una nuova coppia: si tratta dei genitori di un alunno, che lui chiama, rispettivamente, “Papà” e “Babbo”, per distinguerli. Due uomini, una famiglia felice, sempre sorridente, nessun problema, nessuna questione. Un figlio adottato, il lavoro, la scuola, gli amici, tutto normale, quindi va bene. E quando la Littizzetto chiede al compagno dov’è il figlio, lui risponde che è andato a casa dell’amico, perché “uno dei padri stasera cucinava gli hamburger”. Uno dei padri?? Ma cos’è?
Come se non bastasse, la Littizzetto scopre di essere incinta. In un primo momento è contenta, ma poi ci ripensa. Ha 46 anni, ha già un figlio di 17 anni, quindi fra 17 anni lei ne avrà 63 e continuerà ad avere un figlio (il nascituro) di 17 anni. Giusto, ottimo ragionamento. Ottima motivazione per rinunciarvi. Ma poi le nottate, le pappine, i pannolini, no, no, troppi pensieri per una di 46 anni. Giusto. Allora ci si informa per l’aborto. E la ginecologa, tanto dolce e premurosa, le dice che abortire è una passeggiata, basta firmare qualche carta, ma, tranquilla!, se poi ci ripensi nessuno ti costringe ad abortire. Che simpatica organizzazione.
In sintesi, Littizzetto o non Littizzetto, il meccanismo televisivo è sempre lo stesso: una manipolazione lenta ma efficace, una tattica che, purtroppo, funziona sempre, parte dalla novità, passa per l’abitudine e arriva alla scontatezza. Più qualche tocco di “politicamente corretto” con Don Matteo.
Ma ormai il danno è fatto, e irreparabile. A pagarne le conseguenze sono le menti vulnerabili dei telespettatori, cosicchè il loro già scarso senso della morale acquista l’ennesima accelerazione verso il basso…