di Daniele Casi
“Se l’attuale Pontefice continuerà nel modo in cui ha iniziato, dividerà la chiesa. Sta esplodendo tutto, la gente dirà che è impossibile che lui sia il Papa, e lo rifiuterà”. Era il 12 ottobre 2013 ed a dichiararlo, nel corso di una conferenza[1] a Kansas City (USA), era mons. Bernard Fellay. La luna di miele fra il mondo cattolico ed il papa argentino era però, in quel momento, un quotidiano idillio; un peana galattico; un infinito crescendo di consenso globale.
Ricordate le cronache dei vaticanisti di corte? Parlavano di chiese tornate a riempirsi, di code ai confessionali, di torme di divorziati coinvolti in nuove relazioni concubine che quasi “bussavano” alle porte dei Tabernacoli per ricevere la Santa Comunione… Le parole del Superiore Generale della FSSPX suonarono, perciò, fastidiose come non mai; per giunta, questo guastafeste “scomunicato”, osava dichiarare addirittura che: “la situazione della Chiesa è un vero e proprio disastro. E il Papa attuale la sta rendendo 10.000 volte peggiore”. Il solito Tornielli, che non perde mai l’occasione di stigmatizzare tutto ciò che giunge da Ecône e dintorni, parlò di: “un attacco frontale e durissimo contro Papa Francesco”[2].
Il tempo, si sa, è galantuomo e così, nel corso dei quasi due anni trascorsi da allora, non si contano davvero più gli episodi, le iniziative assunte, i gesti e le immagini che hanno dato sostanza a quel giudizio affatto miope e fazioso. Forse, però, mai come in questi ultimissimi giorni, è stata forte la percezione che, davvero, stia esplodendo tutto. A trasmetterne la sensazione sono stati i fatti e gli antefatti ruotati attorno alla pubblicazione della nuova Enciclica, alla manifestazione di Roma in difesa della famiglia tradizionale ed alla visita papale a Torino conclusasi da poche ore. Chi segue passo passo la vita della Chiesa è già ben informato sull’incredibile e ‘misericordiosa’ cacciata del miglior vaticanista italiano[3] dalla Sala Stampa della Santa Sede; dei contenuti, a dir poco “innovativi”, rispetto agli standard del magistero pontificio, riversati in ‘Laudato Sì’; infine della visita a Torino di Francesco con il corollario ecumenico fatto d’immancabili abbracci, baci di bibbie protestanti ed inusitate richieste di scuse agli orgogliosi eredi di quegli eretici che, per tacer del resto, tentarono varie volte di assassinare San Giovanni Bosco.
Si potrebbe obiettare: quid novi? Apparentemente nulla: siamo di fronte al consueto spettacolo del circo conciliare che va in scena da cinquant’anni giusti giusti. Anzi, a dirla tutta ci fu chi seppe far di meglio, ad esempio baciando il Corano o inscenando una solenne azione liturgica giubilare nella Basilica Vaticana per chiedere perdono a tutti, tranne che a Dio Onnipotente, dei peccati della Chiesa. A guardar bene, però, qualcosa di nuovo c’è. Si comincia ad avvertire il disagio e l’insofferenza. Trapela sempre più di frequente, non sulla bocca dei commentatori più o meno di sistema, ma su quella dei semplici fedeli; di quelli che, fino ad oggi, hanno taciuto, hanno giustificato, hanno cercato di vedere il bicchiere (di Mate) mezzo pieno e che, adesso, hanno fatto indigestione.
Riporto ad esempio, il commento pubblicato sulla sua pagina Facebook da un mio ‘contatto’, fortemente scosso dalle immagini vedute nel Tempio Valdese di Torino: “Piango per quelle Sorelle e per quei Fratelli che piangono quasi ogni giorno perché la nostra Fede e la gloriosa Storia della Chiesa vengono irrise e grossolanamente affidate al pubblico dileggio. Era tutto scritto ma non immaginavo che sarebbe avvenuto così rapidamente”. Altre lacrime, di gioia e di tristezza, potrebbero essere versate attorno alla manifestazione “Difendiamo i nostri figli” di sabato scorso a Roma. Gioia per un popolo numeroso che si è mosso per una causa sacrosanta; infinita, invece, la tristezza per la contrarietà all’evento, esplicita o sussurrata, di troppi suoi vescovi[4] (e vertici di movimenti ecclesiali) che, giustamente, sono stati disobbediti certificando, tuttavia, non solo il drammatico scollamento fra pastori e gregge su questioni di capitale importanza, ma la ormai quasi assoluta subalternità della gerarchia all’agenda mondialista.
Da tempo gira su internet un simpatico ma simbolicamente significativo ‘meme’: mons. Lefebvre vi compare in una foto ufficiale con sovrascritto: “Ve lo avevo detto!”. Sì, il Fondatore della Fraternità San Pio X, più di quarant’anni fa, all’inizio della ‘Nuova Pentecoste’ aveva previsto, con sapienza e saggezza, tutto questo; così come ha fatto, il suo successore, all’inizio della ‘Chiesa di Francesco’. Motus in fine velocior[5] è una massima utilizzata tante volte[6] in questi ultimi anni. Vale perciò la pena di chiederselo davvero: quanto tempo rimane, ancora, prima dell’esplosione?
[1] http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=1102:conferenza-di-mons-fellay&catid=34&Itemid=274
[2] http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/lefebvriani-lefebvrians-lefebvrianos-28629/
[3] http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2015/06/sandro-magister-unaltra-vittima-della.html
[4] http://www.formiche.net/2015/06/11/perche-la-cei-ades/
[5] http://www.corrispondenzaromana.it/2013-2014-motus-in-fine-velocior/
[6]http://www.fidesetforma.com/2014/01/23/motus-fine-velocior/