dal libro
“Lo hanno detronizzato.
Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.”
brani scelti
Prima Parte - Il Liberalismo. Principi ed applicazioni.
Capitolo IV - La Legge opprime la Libertà?
Non saprei riassumere meglio i disastri prodotti dal liberalismo in ogni campo, quali sono esposti nel capitolo precedente, che citandovi questo passaggio di una Lettera pastorale vescovile di cent’anni fa, ma altrettanto attuale un secolo più tardi.
«Oggi il liberalismo è l’errore capitale delle intelligenze e la passione del nostro secolo, crea come un’atmosfera infetta che avviluppa da ogni parte il mondo politico e religioso, e che è un pericolo supremo per la società e per l’individuo.
«Nemico tanto gratuito quanto ingiusto e crudele della Chiesa cattolica, esso affastella, in un disordine insensato, tutti gli elementi di distruzione e di morte, al fine di proscriverla dalla terra.
«Esso falsa le idee, corrompe i giudizi, adultera le coscienze, snerva i caratteri, accende le passioni, assoggetta i governanti, solleva i governati e, non contento di spegnere (se ciò fosse possibile) la face della rivelazione, avanza incosciente e audace per spegnere il lume della stessa ragione naturale» (26).
Enunciazione del principio liberale
Ma è possibile scoprire, in un tale caos di disordini, in un errore così multiforme, il principio fondamentale che spiega tutto? Io vi ho detto, seguendo il reverendo Roussel: «il liberale è un fanatico d’indipendenza». È tutto qui. Ma cerchiamo di precisare.
Il Cardinale Billot, i cui trattati teologici furono i miei libri di testo all’Università Gregoriana e al Seminario francese di Roma, ha dedicato al liberalismo alcune pagine energiche e luminose del suo trattato della Chiesa (27). Egli enuncia come segue il principio fondamentale del liberalismo:
«La libertà è il bene fondamentale dell’uomo, bene sacro e inviolabile al quale non è punto permesso di recare oltraggio con qualsivoglia forma di coazione; di conseguenza, questa libertà senza limite deve essere la pietra immobile sulla quale si organizzeranno tutti gli elementi dei rapporti fra gli uomini, la norma immutabile secondo la quale tutte le cose saranno giudicate dal punto di vista del diritto; sarà dunque equo, giusto e buono tutto quel che, in una società, avrà come base il principio della libertà individuale inviolata; iniquo e perverso tutto il resto. Questo fu il pensiero degli autori della rivoluzione del 1789, rivoluzione della quale il mondo intero gusta ancora i frutti amari. Questo è tutto l’oggetto della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo”, dalla prima all’ultima riga. Questo fu, per gli ideologi, il punto di partenza necessario per la riedificazione completa della società nell’ordine politico, nell’ordine economico, e soprattutto nell’ordine morale e religioso» (28).
Ma, potreste dire voi, la libertà non è la caratteristica propria degli esseri intelligenti? Non è dunque giusto che se ne faccia la base dell’ordine sociale? Attenzione, vi risponderei io! Di quale libertà parlate? Giacché questo termine ha parecchi significati che i liberali s’ingegnano di confondere, mentre è necessario distinguerli.
C’è libertà e libertà…
Facciamo un po’ di filosofia. La più elementare riflessione ci mostra che ci sono tre tipi di libertà.
1) Innanzitutto la libertà psicologica, o libero arbitrio, propria degli esseri provvisti di intelligenza, e che è la facoltà di determinarsi verso l’una o l’altra cosa, in maniera assolutamente indipendente da ogni necessità interiore (riflesso, istinto, ecc.). Il libero arbitrio attua la dignità radicale della persona umana, che è quella di essere sui juris, di dipendere da se stessa, e dunque di essere responsabile, cosa che l’animale non è.
2) Poi abbiamo la libertà morale, che concerne l’uso del libero arbitrio: uso buono se i mezzi scelti conducono al conseguimento di un fine buono, uso cattivo se non vi conducono. Vedete dunque che la libertà morale è essenzialmente relativa al bene. Papa Leone XIII la definisce magnificamente e in una maniera semplicissima: la libertà morale, afferma, è «la facoltà di muoversi nel bene». La libertà morale non è dunque un assoluto, essa è interamente relativa al Bene, cioè in definitiva alla legge. Perché è la legge, e innanzitutto la legge eterna che è nell’intelligenza divina, poi la legge naturale che è la partecipazione alla legge eterna propria della creatura ragionevole, è questa legge che determina l’ordine posto dal creatore tra i fini che egli assegna all’uomo (sopravvivere, moltiplicarsi, organizzarsi in società, giungere al proprio fine ultimo, il Summum Bonum, che è Dio) e i mezzi atti a conseguire questi fini. La legge non è un’antagonista della libertà, al contrario è un aiuto necessario, e questo va detto anche delle leggi civili degne di questo nome. Senza la legge, la libertà degenera in licenza, che è «fare quel che mi piace». Per l’appunto certi liberali, facendo di questa libertà morale un assoluto, predicano la licenza, la libertà di compiere indifferentemente il bene o il male, di aderire indifferentemente al vero o al falso. Ma chi non vede che la possibilità di venir meno al bene, lungi dall’essere l’essenza e la perfezione della libertà, è il marchio dell’imperfezione dell’uomo decaduto! Meglio ancora, come spiega san Tommaso (29), la facoltà di peccare non è una libertà, ma una servitù: «colui che commette il peccato è schiavo del peccato» (Gv 8, 34).
Al contrario, ben guidata dalla legge, incanalata fra preziosi parapetti, la libertà consegue il suo fine. Ecco cosa dice papa Leone XIII a tal proposito:
«Tale essendo dunque nell’uomo la condizione della sua libertà, troppo era necessario avvalorarla di lumi e di aiuti, che in tutti i moti suoi la indirizzassero al bene e la ritraessero dal male; altrimenti di grave danno sarebbe riuscito all’uomo il libero arbitrio. E primieramente fu necessario porgli una legge ossia una regola di ciò che si ha da fare ed omettere…» (30).
E Leone XIII conclude la sua esposizione con questa mirabile definizione, che io definirei plenaria, della libertà:
«Nell’ordine sociale dunque, la civile libertà degna di questo nome, non consiste già in far quel che talenta a ciascuno, ciò che anzi provocherebbe confusioni e disordini, che riuscirebbero in ultimo ad oppressione comune; ma in questo unicamente, che con la tutela e l’aiuto delle leggi civili si possa più agevolmente vivere secondo le norme della legge eterna» (31).
3) Infine viene la libertà fisica, o libertà d’azione o libertà dalla costrizione, che è l’assenza di costrizione esteriore che ci impedisce di agire secondo la nostra coscienza. Ebbene, è proprio di questa libertà che i liberali fanno un assoluto, ed è questa concezione che noi dovremo analizzare e criticare.
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26) Lettera pastorale dei Vescovi dell’Equatore ai loro diocesani, 15 luglio 1885, citata da Don Sarda y Salvany, Le libéralisme est un péché, pp. 257-258.
27) De Ecclesia, T. II, pp. 19-63.
28) Traduzione riassunta dal testo latino da Padre Le Floch, Le Cardinal Billot lumière de la théologie, p. 44.
29) Commentando la parola di Gesù Cristo in san Giovanni.
30) Enciclica Libertas, del 20 giugno 1888, PIN 179.
31) Ibid., PIN 185.