dal libro

Lo hanno detronizzato.

Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.

brani scelti

 

 

 

seguito

 Seconda Parte - Il Cattolicesimo Liberale.

Capitolo XIX - Il miraggio del pluralismo - Da Jacques Maritain a Yves Congar

 

Yves Congar e altri

Padre Congar non è fra i miei amici. Esperto teologo al Concilio, fu con Karl Rahner l’autore principale degli errori che io da allora non ho cessato di combattere. Ha scritto fra l’altro un piccolo libro dal titolo Monseigneur Lefebvre et la crise de l’Eglise. Adesso vedrete padre Congar, sulla scorta di Maritain, iniziarci agli arcani dell’evoluzione del contesto storico e del vento della Storia.

«Non si può negare, dice, che questo testo (la dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa) dica materialmente qualcosa di diverso dal Sillabo del 1864, e anzi pressappoco il contrario delle proposizioni 15, 77, 79 di tale documento. Il Sillabo difendeva anche un potere temporale al quale, prendendo atto di una nuova situazione, il papato ha rinunciato nel 1929. Il contesto storico sociale nel quale la Chiesa è chiamata a vivere e a parlare non era più lo stesso, ed lo si era imparato dagli avvenimenti. Già nel XIX secolo “alcuni cattolici avevano compreso che la Chiesa avrebbe trovato un appoggio migliore alla sua libertà nella salda convinzione dei fedeli, piuttosto che nel favore dei principi» (150).

Sfortunatamente per padre Congar, questi «cattolici» altro non sono che i cattolici liberali condannati dai papi; e l’insegnamento del Sillabo, lungi dal dipendere da circostanze storiche passeggere, costituisce un insieme di verità logicamente dedotte dalla rivelazione e immutabili quanto la fede! Ma il nostro avversario prosegue e insiste:

«La Chiesa del Vaticano II, con la dichiarazione sulla libertà religiosa, con Gaudium et spes, la Chiesa nel mondo contemporaneo – titolo significativo! – si è apertamente situata nel mondo pluralista di oggi, e senza rinnegare quel che c’è stato di grande, ha troncato le catene che l’avrebbero trattenuta sulle sponde del Medioevo. Non si può rimanere fermi ad un momento della storia!» (151).

Ecco qua! Il senso della storia spinge al pluralismo, lasciamo andare in tale direzione la barca di Pietro e abbandoniamo il Regno sociale di Gesù Cristo sulle rive lontane di un tempo sorpassato… Troverete queste stesse teorie in Padre John Courtney Murray s. j., altro esperto conciliare, che osa scrivere, con una serietà dottorale che trova eguali solo nel suo sussiego, che la dottrina di Leone XIII sull’unione tra la Chiesa e lo Stato è strettamente relativa al contesto storico nel quale è stata espressa:

«Leone XIII era fortemente influenzato dalla nozione storica del potere politico esercitato in maniera paternalista sulla società come su una grande famiglia» (152).

E hop! Il gioco è fatto: alla monarchia si è sostituito ovunque il regime dello «Stato costituzionale democratico e sociale» che, ci assicura il nostro teologo, e lo ridirà al Concilio Monsignor De Smedt, «non è un’autorità competente per poter avanzare un giudizio di verità o di falsità in materia religiosa» (153). Lasciamo proseguire padre Murray:

«La sua opera è contrassegnata da una forte coscienza storica. Egli conosceva i tempi in cui viveva, e scriveva per essi con un mirabile realismo storico e concreto (154) […] Per Leone XIII la struttura conosciuta col nome di Stato confessionale cattolico […] non fu mai più che un’ipotesi» (155).

Che rovinoso relativismo dottrinale! Con tali princìpi si può relativizzare ogni verità facendo appello alla coscienza storica di un fuggevole momento storico! Quando Pio XI scriveva Quas primas era prigioniero di concezioni storiche? E anche san Paolo, quando afferma di Gesù Cristo: «È necessario ch’Egli regni»?

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Credo che abbiate colto, in Maritain, Yves Congar e soci, la perversità del relativismo dottrinale storico. Abbiamo da fare con persone che non possiedono nozione alcuna della verità, idea alcuna di quel che possa essere una verità immutabile. È ridicolo constatare che questi stessi liberali relativisti, che sono stati i veri autori del Vaticano II, giungono adesso a dogmatizzare questo concilio che dichiaravano tuttavia pastorale, e a volerci imporre le novità conciliari come dottrine definitive e intoccabili! E si irritano se oso dir loro: «Ah, voi dite che oggi il papa non scriverebbe più Quas primas! E allora io vi dico: è il vostro concilio che oggi non si scriverebbe più, è già sorpassato. Voi vi ci aggrappate perché è opera vostra; ma io sto con la Tradizione, perché essa è opera dello Spirito Santo!».

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150) Op. cit. pp. 51-52.

151) Loc. cit.

152) Vers une intelligence du développement de la doctrine de l’Eglise sur la liberté religieuse, in Vatican II, la liberté religieuse, p. 128.

153) Relatio de reemendatione schematis emendati, 28 maggio 1965, documento 4SC, pp. 48-49. Non si può immaginare più cinica dichiarazione dell’ateismo ufficiale dello Stato e del rinnegamento del Regno sociale di Gesù Cristo, e questo sulla bocca di un relatore ufficiale della commissione di redazione della dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa!

154) Si crederebbe di leggere Maritain: i suoi «vari climi storici» e il suo «concreto ideale storico» (Cfr. Humanisme intégral, pp. 152-153). È da chiedersi chi dei due abbia influenzato l’altro!

155) Op. cit. p. 134.

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