dal libro
“Lo hanno detronizzato.
Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.”
brani scelti
seguito
Parte Quarta - Una rivoluzione in tiara e piviale.
Capitolo XXVI - Ricerca e dialogo - morte dello spirito Missionario
Il dialogo
Il dialogo non è una scoperta conciliare, ne è autore Paolo VI in Ecclesiam suam (192): dialogo con il mondo, dialogo con le altre religioni; ma bisogna riconoscere che il Concilio ne ha particolarmente aggravato la tendenza liberale. Ecco:
«La verità […] va cercata […] per mezzo della comunicazione e del dialogo, con cui, allo scopo di aiutarsi vicendevolmente nella ricerca della verità, gli uni rivelano agli altri la verità che hanno scoperta o che ritengono di avere scoperta …» (DH 3).
Quindi, proprio come il non credente, il credente dovrebbe essere sempre alla ricerca! San Paolo però ha ben punzecchiato i falsi dottori «che sempre imparano, senza giungere mai alla conoscenza della verità» (2 Tm 3, 7)! Da parte sua, il non credente potrebbe recare al credente elementi di verità che mancherebbero a quest’ultimo! Il Sant’Uffizio, nella sua istruzione del 20 dicembre 1949 sull’ecumenismo, escludeva però quest’errore e, parlando del ritorno dei cristiani separati alla Chiesa cattolica, scriveva: «Si eviterà tuttavia di parlare su questo punto in maniera tale che, ritornando alla Chiesa, essi immaginino di recare a quest’ultima un elemento essenziale che le sarebbe mancato sino ad ora» (193). Ciò che il contatto con non cattolici può recarci, è esperienza umana, ma non elementi dottrinari!
Per di più, il Concilio ha modificato considerevolmente l’atteggiamento della Chiesa nei confronti delle altre religioni, di quelle non cristiane in particolare. Durante un colloquio che ho avuto il 13 settembre 1975 con il segretario di Monsignor Nestor Adam, all’epoca Vescovo di Sion, questo segretario si trovò d’accordo con me: sì, c’era qualcosa di cambiato nell’orientamento missionario della Chiesa. Ma aggiunse: «ed era necessario che cambiasse». «Per esempio, mi disse, adesso, in coloro che non sono cristiani, in coloro che sono separati dalla Chiesa, si guarda a quel che c’è di bene, di positivo in essi, si cerca di discernere nei loro valori i germi della loro salvezza».
Certamente, ogni errore ha degli aspetti veri, positivi; non c’è errore alla stato puro, come non esiste il male assoluto. Il male è la corruzione di un bene, l’errore è la corruzione del vero, in un soggetto che mantiene tuttavia la sua natura, certe qualità naturali, certe verità. Ma è un pericolo enorme basarsi sul residuo di verità che l’errore conserva. Cosa pensare di un medico che, chiamato al capezzale di un malato, dichiarasse: «Oh, ma gli resta ancora qualcosa a questo malato; non sta poi così male!». Quanto alla malattia, avrete un bel dire a questo dottore: «Ma insomma, badate alla malattia, non vedete che è malato? Bisogna curarlo, altrimenti morirà!». Vi risponderà: «Oh, dopotutto non sta poi così male. Del resto il mio metodo è non badare al male che è nei miei pazienti, questo è negativo, ma al residuo di salute che si trova in essi». Allora, io direi, lasciamo morire i malati di morte naturale! Il risultato è che, a forza di dire ai non cattolici o ai non cristiani: «dopo tutto voi avete una coscienza retta, avete dei mezzi di salvezza», questi finiscono per credere di non essere malati. E allora, come convertirli dopo?
Questo spirito non è mai stato quello della Chiesa. Al contrario, lo spirito missionario è sempre stato quello di mostrare apertamente ai malati le loro piaghe, al fine di guarirli, di recare loro i rimedi dei quali hanno bisogno. Trovarsi dinanzi a dei non cristiani, senza dir loro che hanno bisogno della religione cristiana, che possono salvarsi soltanto grazie a Nostro Signore Gesù Cristo, è una crudeltà inumana. Senza dubbio, è perfettamente legittimo, agli inizi di una conversione privata, che si attui una captatio benevolentiae lodando quel che c’è di onesto nella loro religione; ma ergere ciò a principio dottrinale è un errore, è ingannare le anime! I «valori di salvezza delle altre religioni», è un’eresia! Farne una base dell’apostolato missionario è voler mantenere le anime nell’errore! Questo «dialogo» è quanto mai antimissionario! Nostro Signore non ha mandato i suoi Apostoli a dialogare, ma a predicare! Ora, giacché è questo spirito di dialogo liberale che è stato inculcato dopo il Concilio ai sacerdoti e ai missionari, si capisce come la Chiesa conciliare abbia perduto completamente lo zelo missionario, lo spirito stesso della Chiesa!
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Ma adesso basta con la libera ricerca e il dialogo; veniamo al risultato di queste scoperte conciliari, cioè la libertà religiosa. La tratteremo secondo il suo aspetto storico, poi secondo quello individuale e infine sociale.
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192) Del 6 agosto 1964.
193) Istruzione «de motione œcumenica».