dal libro

Lo hanno detronizzato.

Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare.

brani scelti

 

 

Parte Quarta - Una rivoluzione in tiara e piviale.

Capitolo XXX - Vaticano II, il trionfo del liberalismo detto cattolico

 

Non penso che mi si possa tacciare di esagerazione quando dico che il Concilio è stato il trionfo delle idee liberali, dal momento che le precedenti conversazioni vi hanno esposto a sufficienza i fatti: le tendenze liberali, le tattiche e i successi dei liberali al Concilio, e infine i loro patti con i nemici della Chiesa.

Del resto i liberali stessi, i cattolici liberali, proclamano che il Vaticano II è stata la loro vittoria. Nella sua intervista con Vittorio Messori il Cardinale Ratzinger, ex «esperto» di spirito liberale al Concilio, spiega come il Vaticano II abbia posto e risolto il problema dell’assimilazione dei princìpi liberali da parte della Chiesa cattolica; non la definisce un mirabile successo, ma afferma che questa assimilazione è stata compiuta, è stata realizzata:

«Il problema degli anni Sessanta era quello di acquisire i migliori valori espressi da due secoli di cultura “liberale”. Si tratta infatti di valori che, anche se nati al di fuori della Chiesa, possono trovare il loro posto, - epurati e corretti – nella visione del mondo di questa. Ed è quel che è stato fatto» (256).

Dove è stato fatto questo? Sicuramente al Concilio, che ha interinato i princìpi liberali in Gaudium et spes e in Dignitatis humanae. Come è stato fatto questo? Grazie ad un tentativo votato allo scacco, una quadratura del cerchio: sposare la Chiesa con i princìpi della Rivoluzione. Appunto questo è l’obiettivo, l’illusione dei cattolici liberali.

Il Cardinale Ratzinger non si vanta troppo dell’impresa, anzi giudica il risultato con una punta di severità:

«Ma adesso il clima è diverso, è parecchio peggiorato rispetto a quel che giustificava un ottimismo senza dubbio ingenuo. Ora bisogna cercare un nuovo equilibrio» (257).

Dunque, dopo venti anni, l’equilibrio non è stato ancora trovato! Ma lo si cerca ancora: è sempre l’illusione liberale!

Altri cattolici liberali, invece, non sono così pessimisti, e cantano apertamente vittoria: il Concilio è la nostra vittoria. Leggete per esempio l’opera di Marcel Prélot, senatore di Doubs, sulla storia del cattolicesimo liberale (258). L’autore inizia evidenziando due citazioni, una di Paolo VI, l’altra di Lamennais, il cui raffronto è rivelatore: ecco quel che dice Paolo VI nel suo messaggio del Concilio ai governanti (credo di aver già citato questo testo), l’8 dicembre 1965:

«E che cosa essa vi chiede, questa Chiesa, dopo quasi duemila anni di vicissitudini di ogni sorta nelle sue relazioni con voi, le potenze della terra, cosa vi chiede oggi? Essa ve l’ha detto in uno dei più importanti testi di questo Concilio: essa non vi chiede che la libertà».

Ed ecco quel che scriveva Lamennais, per un volantino destinato a far conoscere il suo giornale «L’Avenir»:

«Tutti gli amici della religione devono comprendere ch’essa non ha bisogno che di una cosa: la libertà».

Vedete, dunque: in Lamennais, come al Vaticano II, è lo stesso principio liberale della «sola libertà»: niente privilegi per la verità, per Nostro Signore Gesù Cristo, per la Chiesa cattolica. No! La stessa libertà per tutti: per l’errore come per la verità, per Maometto come per Gesù Cristo. Non è la professione del più puro liberalismo (detto cattolico)?

E Marcel Prélot richiama poi la storia di questo liberalismo fino al suo trionfo al Vaticano II:

«Il liberalismo cattolico […] conosce delle vittorie: spunta con la circolare di Eckstein nel 1814; sfolgora con lo slancio de “L’Avenir” nell’autunno 1830; conosce vittorie, alternate a crisi; finché il messaggio del Vaticano II ai governanti segna il suo termine: le sue rivendicazioni fondamentali, provate ed epurate, vengono accolte dal Concilio stesso. Così oggi è possibile considerare il liberalismo cattolico quale è stato mutato infine nella sua essenza dall’eternità. Esso sfugge alle confusioni che hanno ingombrato la sua carriera, che, in certi momenti, hanno corso il rischio di chiuderla prematuramente; ne consegue dunque che esso, in realtà, fu non una sequela di pie illusioni, professate da ombre diafane e clorotiche, ma un pensiero impegnato, che nel corso di un secolo e mezzo ha avuto il suo ascendente sugli spiriti e sulle leggi, prima di ricevere l’accoglienza definitiva di quella Chiesa che aveva così ben servito, ma all’interno della quale era stato così sovente misconosciuto».

Questo conferma perfettamente quel che abbiamo detto: il Vaticano II è il Concilio del trionfo del liberalismo.

La stessa conferma si ha leggendo il libro di Yves Marsaudon, L’œcuménisme vu par un franc-maçon de tradition, scritto durante il Concilio. Marsaudon sa quel che dice:

«I cristiani tuttavia non dovranno dimenticare che ogni sentiero conduce a Dio […] e mantenersi in questa coraggiosa nozione della libertà di pensiero che, a questo punto si può parlare di rivoluzione, partita dalle nostre logge massoniche, si è magnificamente spiegata sul duomo di San Pietro».

Esso trionfa. Noi, noi piangiamo! E aggiunge queste righe terribili e tuttavia vere:

«Quando Pio XII decise di dirigere egli stesso l’importantissimo ministero degli Affari esteri, la Segreteria di Stato, Monsignor Montini fu elevato all’incarico estremamente oneroso di Arcivescovo della più grande diocesi d’Italia: Milano, ma non ricevette la porpora. Non diveniva impossibile da un punto di vista canonico, ma difficile dal punto di vista della tradizione, che alla morte di Pio XII egli potesse accedere al Pontificato supremo. Fu allora che giunse un uomo, che come il Precursore si chiamò Giovanni, e tutto cominciò a cambiare».

E questo massone, liberale di conseguenza, dice il vero: tutte le loro idee, per le quali hanno lottato un secolo e mezzo, sono state interinate dal Concilio; queste libertà: libertà di pensiero, di coscienza e di culti, sono inscritte in questo Concilio, con la libertà religiosa di Dignitatis humanae e l’obiezione di coscienza di Gaudium et spes. E questo non è il frutto di un caso, ma opera di uomini, infetti essi stessi di liberalismo e che sono saliti sul Soglio di Pietro e hanno usato del loro potere per imporre questi errori alla Chiesa. Sì, davvero, il Concilio Vaticano II è la consacrazione del cattolicesimo liberale. E quando si rammenta che Papa Pio IX, settantacinque anni prima, diceva e ripeteva a coloro che si recavano a rendergli visita a Roma: «Attenzione! Non ci sono peggiori nemici della Chiesa dei cattolici liberali!», si può valutare la catastrofe che rappresentano per la Chiesa e per il regno di Nostro Signore Gesù Cristo simili Papi liberali e un concilio del genere!

 

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256) Mensile «Jesus», novembre 1984, p. 72.

257) Ibidem.

258) Armand Colin Ed.

 

 

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