“Itinerario Spirituale.
Seguendo San Tommaso d'Aquino nella sua Somma teologica.”
brani scelti
Capitolo X - I fini ultimi - (E)
Il termine di questo studio non può essere che la considerazione del dono ineffabile che Dio ha fatto di Se stesso agli eletti attraverso il Verbo incarnato, dono che supera ogni espressione e ogni descrizione, come afferma San Paolo: «L’occhio dell’uomo non ha visto, il suo orecchio non ha sentito, il suo cuore non ha mai gustato quel che Dio tiene in serbo e che ha preparato per coloro che Lo amano» (1Cor. 2,9).
Dio, spirito puro ed eterno, ci ha creati a sua immagine, spiriti anche noi, dotati d’intelligenza e di volontà, per destinarci a conoscerLo, amarLo e goderLo eternamente. A questo scopo, per vederLo e goderLo, occorreva che Egli conferisse al nostro spirito, alla nostra anima, un sovrappiù di perfezione che ci rendesse partecipi della sua natura divina e innalzasse le nostre facoltà affinché potessimo contemplarLo così come Egli si conosce, ma evidentemente non nella misura in cui Egli si conosce, la qual cosa è riservata alle Persone divine.
Non è un’immagine o un’idea di Dio che le nostre intelligenze vedranno, ma Dio stesso, senza intermediari. Dio, supremamente intelligibile, diventerà Lui stesso l’oggetto immediato, la forma delle nostre intelligenze. Lo conosceremo dunque veramente come Egli è. Per questo è impossibile quaggiù immaginarci ciò che può essere questa visione che infiammerà le nostre anime di un amore indefettibile per Gesù e per la Santissima Trinità. Allora la gloria di Dio, il Suo splendore, la Sua luce ci ricoprirà e ci renderà gloriosi; la gloria si estenderà ai nostri corpi spiritualizzati, dotati delle qualità di impassibilità, di sottigliezza, di agilità e di luminosità.
Ciò che vedremo di Dio supererà in bellezza, in bontà e in splendore tutto quello che possiamo immaginare. Ammireremo la Chiesa trionfante e soprattutto Nostro Signore con tutti i suoi privilegi regali e divini, Maria Regina del Cielo adorna di tutti i suoi doni, le miriadi degli arcangeli e degli angeli e tutti gli eletti con la diversità di gloria commisurata al loro grado di carità. Dio sarà veramente tutto in tutti, onorato e adorato come si deve, senza discordanze. Alla luce dell’Essere infinito della Santissima Trinità, delle sue perfezioni, le nostre anime saranno portate a ringraziare per tutto quello che Dio si è degnato di subire per la nostra salvezza e noi saremo confusi per la misericordia che Dio ha esercitato nei nostri confronti.
La tradizione ci insegna che le vergini, i martiri e i dottori avranno aureole speciali che aumenteranno la loro gloria.
Davanti a queste prospettive che sono l’oggetto della nostra fede e lo scopo della nostra esistenza, come non gemere, sull’esempio di Nostro Signore durante l’agonia nell’orto degli Olivi, al pensiero di tutte quelle anime lontane da Nostro Signore, che Lo disprezzano con la loro indifferenza, l’oblio, il peccato e vanno verso l’Inferno?
Nostro Signore, nella sua carità missionaria, è salito sulla Croce, perché è con essa che voleva aprirci le porte della salvezza e accumulare i meriti capaci di salvare tutta l’umanità. Egli ha perciò scelto dodici apostoli e ha comunicato loro il potere sul suo Sacrificio, sul suo Corpo e sul suo Sangue, facendoli ministri del suo Sacerdozio; li ha istruiti e santificati con lo Spirito Santo, poi li ha inviati fino alle estremità della terra per annunziare la novella della salvezza, santificando, con il battesimo e i sacramenti, quelli che avrebbero creduto nel suo Nome. Al seguito degli apostoli, noi ci prepariamo a partecipare di questo Sacerdozio o già vi partecipiamo; poniamo tutta la nostra fiducia in Colui che ci manda, in Nostro Signore Gesù Cristo crocifisso e, come gli Apostoli, predichiamo la vera dottrina della salvezza in Nostro Signore e offriamo il sacrificio che redime.
I risultati saranno quelli degli apostoli: alcuni credettero, altri si allontanarono: «Ti ascolteremo un’altra volta»; certuni ci perseguitano come lo fu Nostro Signore ed anche gli apostoli: «Hanno odiato me, odieranno anche voi». L’importante, da parte nostra, è di evitare nella nostra vita sacerdotale tutto quello che può essere un ostacolo all’efficacia del nostro apostolato e soprattutto l’abbandono della preghiera e dell’unione con Dio. Soprattutto conserviamo la fede: è per essa che Nostro Signore è morto, per avere affermato la propria divinità; è per essa che son morti tutti i martiri; è per essa che si son sacrificati tutti gli eletti. Fuggiamo coloro che ce la fanno perdere o ce la diminuiscono: «O Timothee, depositum custodi, devitans profanas vocum novitates... Certa bonum certamen fìdei, apprehende vitam æternam – O Timoteo, custodisci il deposito, evitando le profane novità delle parole... Combatti la buona battaglia della fede, conquista la vita eterna" (1Tim. 6, 20; 6,12).
«Elegit nos in Ipso,
ante mundi constitutionem,
ut essemus sancti»
(Ef. 1,4)