di Marco Bongi
Rev. don Pierpaolo,
a distanza di qualche giorno dalla "bufera" mediatica relativa ai funerali dell’ex comandante Erikh Priebke, tra gli autori della terribile strage delle Fosse Ardeatine le chiediamo, allo scopo di fugare definitivamente le polemiche e le strumentalizzazioni, qualche considerazione conclusiva. Non sono mancate infatti, in quei giorni caldi, informazioni superficiali ed approssimative. Cerchiamo dunque di fare chiarezza.
D. 1 - Quando e da chi vi è stato chiesto di celebrare le esequie del defunto?
R. Lunedì mattina l’avvocato incaricato dalla famiglia di occuparsi del funerale ci ha telefonato per chiedere la nostra disponibilità alle esequie fissate a martedì 15 ottobre, con tutte le autorizzazioni necessarie delle autorità civili. La cerimonia doveva celebrarsi in privato ed essere un atto puramente religioso, senza alcuna enfasi o strumentalizzazione mediatica ed ideologica. Per questo occorreva la massima discrezione che noi abbiamo scrupolosamente osservato.
D. 2 - Per quale motivo, di fronte al divieto imposto dal Vicariato di Roma, Lei ha consentito alla celebrazione?
R. Il rifiuto del vicariato di accordare il funerale ad un battezzato che ha ricevuto i sacramenti della Confessione e dell’Eucaristia, qualunque siano state le sue colpe ed i suoi peccati, non è conforme alla legge della Chiesa e alla dottrina cattolica. Dopo aver appreso che Priebke era stato battezzato e riceveva i sacramenti, questo atto ci è parso subito una grave ingiustizia nei confronti del defunto e della famiglia. Il nostro ha voluto essere anche un gesto di riparazione nei confronti di una simile leggerezza.
D. 3 - Quasi tutti gli organi di informazione hanno riferito che Erik Priebke non si sarebbe mai pentito dei suoi comportamenti tenuti durante la II Guerra Mondiale. Nel comunicato stampa della Fraternità si parla invece di un cattolico morto dopo essersi riconciliato con Dio. Ci può spiegare come stanno realmente le cose?
R. Sembra che vi sia una volontà di coltivare l’odio da parte di certa stampa che si attribuisce il diritto di stabilire chi può essere perdonato e chi no, dettando leggi alla Chiesa per imporre i suoi criteri su chi ha il diritto al funerale religioso ed esponendo al linciaggio mediatico coloro che non vogliono piegarsi.
Erich Priebke, battezzato protestante, nel dopoguerra si convertì al cattolicesimo con la moglie e fece battezzare i suoi figli.[1] Nella sua vita sarà seguito da diversi sacerdoti. Durante la prigionia agli arresti domiciliari chiede ed ottiene nel 2002 la possibilità di recarsi ad ascoltare la S. Messa. Fino alla fine della sua vita riceverà regolarmente i sacramenti della Confessione e dell’Eucaristia.
Al suo ritorno in Italia, in occasione della pubblica udienza di fronte al Tribunale Militare di Roma tenutasi in data 3 aprile del 1996 egli legge una lettera davanti alle famiglie delle vittime in cui manifesta il suo cordoglio deplorando l’orribile atto di obbedienza che aveva dovuto compiere in quelle circostanze:[2] “Sento dal profondo del cuore il bisogno di esprimere le mie condoglianze per il dolore dei parenti delle vittime delle Fosse Ardeatine …. Come credente non ho mai dimenticato questo tragico fatto, per me l’ordine di partecipare all’azione fu una grande tragedia intima… io penso ai morti con venerazione e mi sento unito ai vivi nel loro dolore”
Nella sua ultima intervista, rilasciata nel luglio scorso, in mezzo a considerazioni storiche certamente discutibili, vi sono considerazioni morali di massima importanza. Sono quelle che interessano un sacerdote. Alla domanda del giornalista che gli chiede se giustifica l’antisemitismo, Priebke risponde: “ No (…) ripeto antisemitismo significa odio indiscriminato (…) da vecchio privato della libertà, ho sempre rifiutato l’odio. Non ho neppure voluto odiare chi mi ha odiato. Parlo solo di diritto di criticare e ne spiego i motivi”. Egli rigetta il culto della razza come “una causa di errori senza ritorno”. Parlando dello sterminio di massa afferma: “La mia posizione è di condanna tassativa per fatti del genere. Tutti gli atti di violenza indiscriminata contro le comunità, senza che si tenga conto delle effettive responsabilità individuali, sono inaccettabili, assolutamente da condannare”. Non vedo il motivo di mettere in dubbio la sincerità di tali propositi.
D. 4 - Alla luce di quanto sopra esposto Lei ritiene il comandante Priebke un "pubblico peccatore" a cui dovrebbero essere negati i funerali pubblici?
Secondo il Codice di Diritto Canonico attuale il funerale ecclesiastico si può negare soltanto a coloro che “prima della morte non diedero alcun segno di pentimento”.[3] Non vedo quindi come Erich Priebke potesse essere considerato indegno delle esequie.
Mai nella Chiesa come oggi si parla della carità, dell’amore del prossimo, soprattutto sotto questo pontificato. Quando poi si tratta di mettere in pratica queste virtù per coerenza al Vangelo, anche quando non è politicamente corretto e occorre sfidare le opinioni comuni ed i media, allora le cose cambiano…
La Chiesa però non può piegarsi al mondo se non vuole meritare il rimprovero di ipocrisia che Gesù ha indirizzato ai farisei nel Vangelo.
La misericordia di Dio va al di là delle appartenenze politiche, anche quelle più condannabili come dei peccati anche più gravi, purché vi sia il pentimento, unica condizione fondamentale. La Chiesa si basa sugli atti esterni. Un cattolico che manifesta pentimento per i suoi peccati ha diritto alle cerimonie funebri. L’intima coscienza dell’uomo nessuno di noi può giudicarla ma solo Dio a cui spetta l’ultima sentenza. La religione cattolica è quella della misericordia e del perdono e non quella dell’odio e della vendetta.
D. 5 Abbiamo visto comunque qualche personalità ecclesiastica di rilievo riconoscere il diritto di Priebke al funerale ecclesiastico.
R. Si, abbiamo sentito qualche voce nel deserto e questo fa loro onore. Mi ha fatto molto piacere leggere le dichiarazioni del Card. Cottier così come l’intervista del card. Montezemolo, nipote del colonnello ucciso alle Fosse Ardeatine. Mi ha commosso poi la testimonianza di alcuni parenti delle vittime che mostrano solidarietà, dopo il perdono accordato da tempo e si uniscono alla preghiera per il defunto. Questa sola è l’attitudine cristiana.
D. 6 - Priebke era un fedele della FSSPX o almeno ne frequentava saltuariamente le cappelle?
R. No, non lo avevo mai incontrato né ha mai frequentato la Fraternità San Pio X, avevo letto che era stato battezzato, e che aveva ricevuto il permesso di lasciare gli arresti domiciliari per andare a Messa. Sapevo poi che era seguito regolarmente da un sacerdote.
D. 7 - Molti giornali hanno altresì riferito che le esequie non sarebbero state realmente celebrate o comunque che sarebbero state sospese. Come sono andate realmente le cose in quelle ore convulse?
R. La salma è arrivata verso le 17,30 ma i famigliari e gli amici invitati alla cerimonia non sono riusciti ad entrare a causa dei manifestanti. Dopo vari tentativi effettuati l’avvocato ha deciso di sospendere il funerale poiché in quelle condizioni stimava non poter adempiere l’incarico che la famiglia gli aveva affidato.
Verso le 19.20, alla presenza di una ventina di persone ho allora celebrato la messa per il defunto in assenza del corpo.
Nel frattempo la bara era stata posta in una stanza al pian terreno dove era stata allestita una camera ardente. In tarda serata, per compiere il mio dovere sacerdotale, ho proposto all’avvocato di benedire la salma con la cerimonia delle esequie che la Chiesa accorda alla fine della Messa. Alla sua presenza e con poche altre persone si è svolta quindi questa cerimonia. Di questo ho avuto modo di parlare anche in una recente intervista concessa ad Andrea Tornielli della Stampa.
D. 8 - Fra le reazioni più negative alla Sua decisione, troviamo soprattutto quelle provenienti da alcuni settori del mondo cattolico. In special modo ci ha stupito il tono poco caritatevole espresso dal direttore di Radio Maria, emittente, che più di ogni altra dovrebbe insegnare cosa sia la misericordia. Anche il Vescovo di Albano Laziale ha rilasciato dichiarazioni molto dure contro la Fraternità San Pio X giungendo a sostenere che essa non fa parte della Chiesa Cattolica. Cosa ci può dire in proposito?
R. L’appartenenza alla Chiesa non è soltanto qualcosa di puramente giuridico. San Tommaso d’Aquino spiega che la prima condizione per far parte del Corpo Mistico di Cristo è la fede. Purtroppo, dopo il concilio Vaticano II, nuove dottrine sono state insegnate dalle autorità ecclesiastiche in contraddizione con l’insegnamento costante della Chiesa. La nostra Fraternità, regolarmente riconosciuta dalla Chiesa il 1 novembre 1970, è stata poi ingiustamente combattuta per la sua opposizione a questi cambiamenti. Cambiamenti che danno poi origine a comportamenti contrari alla dottrina cattolica, come il negare il funerale ad un battezzato che muore riconciliato con Dio, per conformarsi al politicamente corretto
Pur nel rispetto dell’autorità, la Fraternità San Pio X si è sempre opposta a questi errori, convinta che il più grande servizio che si possa rendere alla Chiesa non è il servilismo ma la proclamazione integrale dell’insegnamento cattolico e la denuncia di tutto ciò che gli si oppone, anche se proclamato da una parte della gerarchia.
Affermare che non siamo cattolici, soprattutto da parte di sacerdoti che dovrebbero conoscere la dottrina della Chiesa, è una pura menzogna che forse richiederebbe una pubblica riparazione.
D’altro canto mi accorgo che molti cattolici e anche molti vescovi ci giudicano senza conoscerci, partendo spesso da pregiudizi e luoghi comuni. Il Vescovo di Albano, che ogni sacerdote del nostro Priorato cita tutti i giorni nel canone della Messa in quanto vescovo del luogo, è sempre benvenuto tra noi e potrà verificare se davvero non facciamo parte della Chiesa come forse imprudentemente ha affermato.
D. 9 - Altri commentatori, evidentemente poco informati, hanno accostato la Sua decisione alle posizioni di mons. Richard Williamson o di don Floriano Abrahamowicz. Cosa può dirci in proposito?
R. Come superiore di Distretto della Fraternità San Pio X in Italia tengo a precisare che, sia Mons. Williamson che don Floriano Abrahamowicz sono stati espulsi dalla nostra Fraternità proprio per via di alcune loro posizioni incompatibili con la vocazione della Fraternità. Le loro affermazioni non rappresentano in alcun modo il pensiero ufficiale della Fraternità San Pio X. Ogni accostamento è quindi puramente gratuito. Ci tengo inoltre a precisare che alcuni propositi scambiati sui giornali per mie dichiarazioni sono altrettanto non rappresentative del nostro pensiero. La misericordia di Dio non esclude nessuno quando c’è vero pentimento.
D. 10 Come avete vissuto quel pomeriggio nella comunità?
R. Il giorno del funerale abbiamo assistito purtroppo a manifestazioni di odio gratuito, come la presa d'assalto di un carro funebre con sputi e calci sotto gli occhi di un sindaco in fascia tricolore! Sono rimasto stupefatto di fronte ad uno striscione che alcuni manifestanti esibivano con la scritta “Il Padre Eterno ti ha forse perdonato ma noi no”. Questo funerale è stata l’occasione di uno scontro aperto fra dottrine opposte: l’insegnamento di Gesù Cristo e della Chiesa centrato sulla misericordia ed il perdono da una parte e ideologie che non sanno e non vogliono perdonare dall’altra. La legge immutabile dell'Amore e della Carità e quella dell'odio, della vendetta, dell' "occhio per occhio, dente per dente".
La legge di Cristo è quella che ci proponiamo indegnamente di seguire, ben lontani da ogni polemica ideologica.
D. 11 - Non sono mancati infine giornali che hanno cercato di accreditare l'immagine di una comunità San Pio X di Albano poco integrata con la popolazione locale che non gradirebbe la presenza del Priorato sul territorio. E' davvero così?
R. La nostra Fraternità è presente qui ad Albano dal 1974. Ha formato diverse generazioni di bambini alla prima comunione ed alla cresima e svolge opere di misericordia nei confronti dei malati e dei poveri a cui distribuisce regolarmente viveri e vestiti. Abbiamo quindi molti amici nella popolazione che ci hanno espresso anche la loro solidariètà in questa vicenda. Rifiuto di credere che la folla inferocita che martedì scorso si è abbandonata all’odio fazioso davanti alla bara di un morto possa essere rappresentativa degli abitanti di Albano.
Per concludere vorrei citare una frase di San Paolo che scrive nella sua epistola ai Galati :“Se cercassi di piacere agli uomini, non sarei più servo di Cristo”. Penso che questo debba essere il programma e l’ideale di un uomo di Chiesa: agire sempre in conformità all’insegnamento di Cristo, senza mai cercare compromessi con lo spirito del mondo.