di Daniele Casi
Don Luigi Ciotti lo conoscono tutti e dunque non servono troppe presentazioni. Era nella mia città alcune sere fa, perché invitato da un Parroco a tenere, in chiesa, una delle centinaia di conferenze fiume che svolge da quarant’anni in tutta Italia.
La cronaca della stampa locale ha scritto che questo singolare presbitero in maglioncino blu: “Ha scosso le coscienze dei presenti sul tema “Una chiesa povera per i poveri” (n.d.r. originale!): «Vorrei partire da me – ha esordito l’umile levita - sacerdote della chiesa (minuscolo) di Cristo e cittadino italiano, un povero prete che cerca di vivere il Vangelo saldandolo alla Costituzione». Dopo aver reso omaggio al card. Michele Pellegrino, absit injuria verbis, che lo ordinò prete nel 1972 e “gli affidò come parrocchia la strada”, il nostro ha dato la stura al suo tradizionale repertorio sul dovere di credenti e non, di “abitare il tempo presente assumendosi la responsabilità del cambiamento”, di “occuparsi del bene comune e intraprendere insieme la lotta contro l'ingiustizia sociale”, la povertà, l’emarginazione, la discriminazione e chi più ne ha, più ne metta.
Dopo un’ora e più, dulcis in fundo, la sua testimonianza è stata chiusa dal racconto della “straordinaria esperienza della Certosa 1515”. Si tratta di un antico monastero sulla strada che porta alla Sacra di San Michele, in Val di Susa, che, dopo essere stato per secoli luogo di riflessione, di silenzio, di preghiera viene adesso presentato come “luogo del “noi”, del “bene comune e condiviso”. Andando a cercare su internet notizie di questo vetusto edificio me l’immaginavo nascosto e dimenticato fra i rovi, triste e decadente come, troppo spesso, finiscono col diventare i nostri conventi, vuoti di vocazioni ma pieni di umidità.
Ho trovato, invece, il sito www.certosa1515.org, ed il milionario restauro finanziato dall’Unione Europea (ma guarda un pò!) con il patrocinio della Regione Piemonte. Consultando le sue pagine si può scoprire ….un Resort! Altro che periferie esistenziali e marginalità; altro che ospitalità ai profughi lampedusani! Là dentro potrete degustare gli ottimi piatti di “Ristoro 1515”, soggiornare in una delle 38 camere (le ex celle delle monache) dotate di ogni servizio, partecipare a corsi di 'Formazione e Comunicazione d’impresa', 'Risparmio Energetico e Green Economy' e, se avanza tempo, entrare nella chiesa interna.
Vi accoglierà un’aula completamente rivestita di legno dove, essendo stato rimosso ogni elemento tipico dell’architettura sacra, la vostra attenzione non potrà che volgersi ad un altare molto particolare. Si tratta, infatti, di un tavolo da cucina utilizzato dalla prima comunità italiana per malati di Aids, creata da don Ciotti all'inizio degli anni Ottanta. «Noi pranzavamo e cenavamo a quella mensa – ha spiegato il Fondatore - in venti anni abbiamo accolto un centinaio di sieropositivi, tutti morti».
Niente chiese ai “pelagiani” fissati col S. Sacrificio; una plurisecolare Certosa al paladino del Diritti dell’Uomo e pazienza se, poco o nulla, di quelli di Dio. Ah, già, dimenticavo di dirlo: del tavolo ha fatto l'altare e, di quello che era il cassetto per le posate, il Tabernacolo.