Riprendiamo alcune riflessioni circa la visita del Papa in Turchia; animata certamente da buone intenzioni e suffragata da bei sentimenti, essa sembra dimenticare la complessità delle questioni, la verità dei cui Pietro deve essere testimone, la giustizia verso tanti cristiani martirizzati.
Al ritorno dal suo viaggio di tre giorni in Turchia (28, 29 e 30 nove
mbre), papa Francesco ha rilasciato in aereo la consueta intervista ai giornalisti. Jean-Marie Guénois, giornalista del Figaro, ha trascritto le risposte del papa alle molteplici perplessità che, nel corso della visita, hanno sollevato le sue parole e i suoi gesti.
Circa la persecuzione dei cristiani parte degli jihadisti
Venerdì 28, al suo arrivo ad Ancara, il papa ha sostenuto davanti al presidente Erdogan, che i credenti di tutte le religioni possono opporre la solidarietà contro il fanatismo, il fondamentalismo e le fobie irrazionali, dichiarando che nel conflitto in corso alla frontiera meridionale della Turchia, in Siria ed in Irak, “si registra la violazione delle più elementari leggi umanitarie riguardo i prigionieri ed ad interi gruppi etnici” ed ha deplorato che “gravi persecuzioni hanno luogo e perseverano ancor oggi verso i gruppi minoritari, in particolare - ma non solamente - verso i cristiani e gli Yeziti”. “Centinaia di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case e la loro patria per salvare la loro vita e restare fedeli al loro credo”; il papa si riferiva agli abusi inflitti dagli jihadisti in Irak nel cosiddetto “Stato Islamico”, ed in particolare alla persecuzione dei cristiani e delle minoranze religiose”.
Prima che il papa prendesse la parola, il presidente Erdogan ha assicurato di condividere la medesima posizione circa il terrorismo ed il potere del denaro ... proprio dal palazzo monumentale che egli si è appena costruito. Ha denunciato “l’islamofobia” crescente nel mondo, denunciando le cattive politiche che in Occidente hanno provocato la nascita dei gruppi fondamentalisti. Il presidente turco ha ugualmente denunciato il “terrorismo di stato” del presidente siriano Hassad, suo vicino, e ha deplorato in fine il terrorismo curdo presente in Turchia.
Il 30 novembre, sull’aereo di ritorno, il papa afferma che , di fronte alle atrocità commesse dai fondamentalisti islamici, “tanti e tanti mussulmani dicono: “noi non siamo così, il Corano è un libro di pace, un libro profetico di pace””, conclude dunque il papa “quello non è dunque l’Islam. Io ho capito questo ed ho detto al presidente Erdogan che sarà bene che tutti i leader mussulmani: politici, religiosi, accademici, parlino chiaramente, condannino chiaramente queste atrocità. Solo le parole dei leader, di tutti i leaders, aiuteranno veramente la maggioranza dei popoli mussulmani. Noi abbiamo bisogno di una condanna mondiale da parte di tutti i mussulmani: Che tutti i mussulmani dicano: “l’islam non è il terrorismo, il Corano non è quello!”
In realtà noi sappiamo che il presidente Erdogan da prova di grande duplicità nei confronti dei suoi partner internazionali nella lotta contro il terrorismo ed in particolare verso lo “Stato Islamico”; possiamo dunque immaginare quale attenzione porterà a questi pii desideri del papa. In effetti la Turchia accoglie una gran parte dei rifugiati siriani, ma lascia ugualmente transitare nei suoi territori numerai islamisti diretti in Irak e in Siria.
Circa la preghiera nella “Moschea blu” di Istanbul
Sabato 29, visitando con il gran muftì la “Moschea blu” di Istanbul, il papa a mani giunte, testa inclinata e occhi chiusi, ha pregato per circa tre minuti e questo in direzione della mihrab, la nicchia che indica la direzione della Mecca. Jean-Marie Guénois aggiunge che qualche istante prima questa preghiera, sabato mattina, padre Lombardi, portavoce del Vaticano, che si sarebbe trattato di una adorazione silenziosa. Il papa, secondo Lombardi, avrebbe confidato al suo ospite mussulmano “noi dobbiamo adorare Dio”.
Ma in aereo Francesco esplicherà piuttosto di avere ben pregato, giustificandosi in questi termini: “Sono andato in Turchia come pellegrino e non come turista. La ragione maggiore è stata quella di vivere la festa di Sant’ Andrea con il patriarca Bartolomeo. Sono dunque venuto per un motivo religioso. Quando sono andato alla Moschea, per me non è stata questione di fare il turista. Tutte queste visite sono state religiose. Ed io ho visto questa meraviglia! Quando il muftì mi ha esplicato gli elementi della mosca con tanta attenzione e rispetto, spiegando il posto che Maria ha nel Corano, che ha Giovanni Battista, allora ho sentito la necessità di pregare. Io ho chiesto se potevo pregare un po’ ed egli mi ha detto di sì. Ho pregato per la Turchia, per la pace, per il muftì, per tutti, per me che ne ho di bisogno, io ho veramente pregato. Ho pregato soprattutto per la pace: Signore ferma le guerre. Fu un momento di preghiera sincera”
Commento di DICI: La sincerità è una buona cosa, la verità è un’altra. Il papa ha pregato per la Turchia, la pace, il muftì per se stesso ... ma CHI stava pregando nella moschea verso il mihrab, che indica la direzione della Mecca? Gesù, del quale i musulmani negano la divinità? La SS. Trinità che i musulmani rifiutano assolutamente? Naturalmente, nello "spirito di Assisi", affermeremo che il Papa e il Muftì non pregavano insieme, che erano insieme nella Moschea Blu di pregare ... Ma cosa penserà Asia Bibi, condannata a morte in Pakistan per la sua fede? E che dire ai tre figli di Shazad e Shama, la coppia di cattolici pakistani bruciato vivi in una fornace di mattoni in odio del cristianesimo?
Circa la domanda di benedizione al patriarca Bartolomeo
Il 29 Novembre verso la fine del pomeriggio, presso la sede del Patriarcato di Costantinopoli, ad Istanbul, papa Francesco e il Patriarca ortodosso Bartolomeo I hanno presieduto una preghiera ecumenica. Durante questa preghiera nella Chiesa Patriarcale di San Giorgio, il papa si è abbassato davanti al Patriarca chiedendogli un “favore”: “Mi benedica e benedica la Chiesa di Roma”. Il patriarca ha esitato un attimo di fronte al papa che chinava il capo e chiedeva la benedizione, poi lo ha abbracciato. Il Papa ha poi sussurrato qualcosa nell'orecchio del patriarca che lo ha quindi baciò sullo zucchetto.
I giornalisti in genere hanno visto questo come un “gesto inedito", ma il Vaticanista Sandro Magister sottolinea giustamente che: “Il momento più nuovo ed originale dell’incontro con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, non è stato quando il papa si è inchinato davanti a Bartolomeo per chiedergli preghiere per lui. Questo è un gesto comune per Jorge Mario Bergoglio. Lo fa con tutti. Lo ha fatto più volte con la folla fin dalla sua prima apparizione in piazza San Pietro. Lo ha fatto il 1° giugno allo Stadio Olimpico di Roma, pieno di migliaia di cattolici e protestanti. Lo ha fatto nel 2006 al Luna Park di Buenos Aires, mettendosi in ginocchio sul palco per ricevere la benedizione da un leader pentecostale protestante.
Il clou dell'incontro tra Pietro e Andrea, come ad entrambi piace simbolicamente definirsi, è stato piuttosto lo scambio di promesse di unità tra le due chiese, dopo la “divina liturgia” celebrata nella chiesa San Giorgio per la festa dell’apostolo Sant’Andrea. E Magister va a rettificare l'apprezzamento irenico del suo collega Andrea Tornielli: “Dalla lettura comparata dei discorsi di Francesco e Bartolomeo, il blog ultra-bergogliano Vatican Insider ha dedotto che “per l’attuale successore di Pietro il ripristino della piena comunione tra cattolici e ortodossi è ora possibile, senza chiedere i fratelli ortodossi condizioni previe di carattere teologico o giudiziario””. Ma la realtà è ben diversa. Il cammino verso l’unità tra cattolici e ortodossi continua ad essere difficile e la principale questione irrisolta è il primato del successore di Pietro. E’ un primato da equilibrare con la “’sinodali”, come ricorda Bartolomeo e come la stessa Chiesa Cattolica afferma. Ma il richiamo - se necessario - all’esperienza del primo millennio, quando Occidente e Oriente non erano divisi, non è sufficiente a delineare le forme in cui un tale equilibrio possa conformarsi al fine di essere reciprocamente accettato (da parte ortodossi una giurisdizione del vescovo di Roma estesa la solo Occidente, ndr.). Per anni una commissione congiunta di teologi cattolici e ortodossi ha discusso la questione senza progressi sostanziali.
Le Chiese ortodosse sono loro volta esse stesse divise, non accettando nemmeno la primazia che la tradizione assegna al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, primazia che egli ha nuovamente rivendicato nel suo scambio di messaggi con il papa.
Che immagine può dare al mondo un Papa che prega scalzo in una Moschea con un Muftì in direzione della Mecca e che chiede di essere benedetto, con la Chiesa cattolica, da un "patriarca" ortodosso eretico e scismatico, se non quella dell’indifferentismo religioso?
In queste attitudini ancora un volta Papa Francesco si mostra in perfetta continuità con i pontefici che hanno applicato il Concilio Vaticano II ma in perfetta contraddizione con il magistero perenne della Chiesa.