Facebook, ovvero
falsi amici e veri nemici
di Padre Jean-Dominique, O. P.
«Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici». Questa riflessione di Antoine de Saint-Exupéry (Il Piccolo Principe, 1942) è oggi smentita dai fatti. Ormai i mercanti di amici esistono.
Le reti sociali come Facebook o di MySpace propongono, con una spesa minima e senza bisogno di spostarsi, un numero quasi illimitato di amici (1). In media, gli utilizzatori ne hanno da 130 a 150, cioè quasi trenta volte più di quanto un uomo possa averne nella sua vita vera. Certuni hanno perfino più di mille relazioni.
In effetti, è così bello avere degli amici! E così umiliante averne meno del proprio vicino!
Di fatto, l’infatuazione per le reti sociali presenta i tratti di una epidemia universale. Tre anni dopo la sua apparizione, la rete Facebook contava già quasi 400 milioni di iscritti (che rappresenta più di 20 miliardi di contenuti messi in linea). Tradotto in francese nell’aprile del 2008, il sito riceve oggi 19 milioni di visitatori al mese, di cui uno su due si connette tutti i giorni. Il 67% degli utilizzatori ha tra i 18 e i 34 anni, ma i 13-17enni in un anno sono passati dal 4 al 25%.
[dati per l’Italia: 19 milioni – 10 milioni uomini, 9 milioni donne – proporzionalmente a questo dato, si suddividono per età: 1,8 milioni entro i 18 anni, 2 milioni 19-24 anni, 1,3 milioni 25-29 anni, 1,4 30-35 anni, 1,8 36-45 anni, 800 mila 46-55 anni, 300 mila donne e 600 uomini oltre i 56 anni – il 60% di coloro che usano internet sono iscritti a Facebook – dal 2008 ad oggi gli utilizzatori si sono quintuplicati tra i giovanissimi, raddoppiati tra i giovani, quintuplicati tra i maturi (36-55 anni)- utilizzatori globali in rapporto alla popolazione: USA: 47%, GB 45%, Turchia 34%, Argentina 31%, Francia 31%, Italia 29%, Spagna 26%, Colombia 25%, Filippine 22%, Germania 17% - ]
La rete MySpace, all’inizio del 2010, contava 130 milioni di utilizzatori, mentre gli Skyblogs ammontano a 20 milioni, dei quali la metà ha meno di 18 anni. In Francia, più di 7 milioni di persone visitano questi siti tutti i mesi.
[dai dati complessivi sembrerebbe che questo numero sia molto più alto, il Italia sarebbe doppio]
I progressi della tecnica hanno permesso l’apparizione di Twitter, nel 2006, che permette di inviare dei messaggi istantanei da un telefono portatile o da un computer, aggiungervi delle foto, avere accesso alle informazioni pubblicate da tutti i corrispondenti che ci interessano. Questo servizio riceve oggi 25 milioni di visitatori. Alla fine del 2009, cioè solo in tre anni, sono stati inviati nel mondo più di 5 miliardi di messaggi.
In Brasile, le reti sociali fanno furore. Nove utilizzatori di internet su dieci sono connessi, soprattutto su Orkut, che conta 20 milioni di visitatori al mese.
In Giappone, la medaglia d’oro spetta a Mixi, con quasi 20 milioni di membri. L’accesso avviene sempre dal portatile. I Giapponesi vi raccontano le loro giornate: fotografano ciò che mangiano al mattino, mezzogiorno e sera, commentano qualsiasi loro uscita.
Queste favolose cifre di visitatori ci invitano a riflettere, poiché un tale movimento incontrollato di massa non dice nulla di buono all’osservatore accorto. Di che si tratta esattamente? Cosa c’è di così attraente e perfino di così affascinante in queste reti sociali?
A prima vista la cosa appare innocente. Ci s’iscrive su un sito di propria scelta e così si possiede un indirizzo, un sito personale sul quale si presentano la propria identità e i propri interessi. Poi si attualizza questa presentazione elettronica e vi si aggiungono foto recenti, resoconti delle attività, desideri e progetti. L’insieme viene inviato a tutta una rete di conoscenze, che hanno libero accesso a queste informazioni. A questo punto, diventa facile fare conoscenza ed entrare nella vita privata altrui.
Il fenomeno pone al cristiano numerosi interrogativi, quello sulle inutili chiacchierate (chat), per esempio, sulla curiosità, sul tempo rubato al proprio dovere di stato o alla vita di preghiera. Ma limitiamoci alla domanda seguente: Queste reti sociali (Facebook, MySpace, ecc.) mantengono le loro promesse? Vi si fanno delle vera amicizie?
I falsi amici
Che cos’è l’amicizia? Con Aristotele, i filosofi definiscono l’amicizia con tre elementi costitutivi: la somiglianza, la benevolenza e la reciprocità. Che ne è di esse in queste reti sociali?
Ogni vera amicizia è fondata su una certa somiglianza, sul possesso in comune di un certo numero di sentimenti, giudizi, volontà. È questo tesoro comune che determinerà la verità e la nobiltà dell’amicizia. Se invece essa è fondata sulla sensualità o la menzogna. sarà solo una sua caricatura. Se essa è costruita sulla vita di grazia e sul desiderio di piacere a Dio, sarà una vera e bella amicizia.
Ora, su cosa si fondano le relazioni su Facebook? Su una sorta di menzogna. Il sociologo Dominique Cardon dimostra che con Facebook si sviluppa la “teatralizzazione” di sé, lo show off degli inglesi. Il più sovente ci si mostra denudati o in situazioni avvilenti. Soprattutto, e spesso in gruppo, ci si mostra in procinto di mangiare, al lavoro, in collera o brilli ad una festa. Ogni volta si invia alla comunità lo stesso messaggio: «Ho una vita super, esco molto, mi so divertire, conosco un sacco di gente, ti invito a fare come me». Si cerca di mostrare agli altri che si è giovani, belli, “cool” [eccezionali] e che si fa bene ad essere annoverati tra gli amici. In sostanza, non si perde occasione per vantarsi, a rischio di passare per mitomani.
Una delle prove che l’immagine che si dà di sé è falsa sta nel fatto che non si mostra mai tristezza. Sulle foto, si sorride, si caccia la lingua, ci si appoggia sulle spalle degli amici, si brinda, ma mai una lacrima. Quindi, non ci si svela mai totalmente, l’identità che si mostra è costruita e artificiale, e l’amicizia che ne deriverà lo sarà altrettanto.
Il secondo elemento dell’amicizia e la benevolenza, la benevolentia latina, la volontà del bene dell’altro. L’amicizia è tutta orientata verso il vero bene del mio amico e non verso i miei interessi e il mio piacere. Che ne è di essa nelle «amicizie» che promettono le reti sociali?
Per prima cosa bisogna sapere che uno su cinque degli utilizzatori di Facebook utilizzano questa rete per trovare una vittima per i propri cattivi desideri. Mentre quelli stessi che hanno buone intenzioni in tutta evidenza si iscrivono su tali siti per se stessi e non per gli altri. Io rendo pubbliche certe parti della mia vita per farle conoscere e farle convalidare nella mia cerchia. Coltivo l’illusione di non essere dimenticato, di essere una persona importante ed amata. Rimpiazzo la soddisfazione di avere una persona che pensa a me sempre con l’idea che molti pensano a me un poco. In definitiva, tutto è centrato sull’io.
Peraltro, una tale ostentazione della propria vita privata comporta un altro pericolo, quello di una continua sollecitazione al male. Sulle reti sociali, io vedo ciò che gli altri riescono a fare senza di me e mi scopro molto stupido nel rimanere fuori da «ciò che si fa». Vedo quello che mi manca per essere totalmente alla moda e mi sento obbligato a fare di più.
A questo punto, che ne è della gratitudine, della generosità, della reciprocità, che costituiscono il terzo elemento dell’amicizia?
Gli utilizzatori ne fanno presto esperienza. «Ho 100 amici su Facebook – scrive uno di essi – ma in mensa mangio da solo». «Ho 257 amici su Facebook – si lamenta un altro – ma non uno che mi aiuti a traslocare». È la differenza tra la quantità e la qualità, tra le relazioni artificiali e la vita reale. Su Facebook l’amicizia viene ripagata con un «clic», che non costa niente, con qualche battuta grossolana, con alcune novità tratte dalla rubrica dei fatti qualunque (cos’ha mangiato tizio a mezzogiorno, come s’è vestita stamattina la signorina, il tutto corredato da foto). Soprattutto, le relazioni dei corrispondenti di Facebook rientrano nel voyeurismo, poiché, se io mi racconto è proprio per risvegliare la curiosità nei miei «amici». Che senso ha giocare a nascondino se nessuno mi cerca? Grazie a Facebook non c’è più bisogno di guardare dal buco della serratura, la mia vita e quella dei membri della mia rete sono sotto gli occhi di tutti. «Su Facebook ci si comporta come dei portinai», spiega uno psichiatra. Ed è a questo livello che si colloca questa strana amicizia.
In definitiva, le reti sociali distruggono uno degli elementi più belli e più consolanti della vita umana, la vera amicizia.
I veri nemici
Tuttavia, le reti sociali non sono solo il luogo d’incontro di falsi amici, sono anche un punto di riferimento di veri nemici.
L’altro giorno, un uomo è rimasto colpito dalla commessa che si occupava di lui in un negozio d’abbigliamento. Non ha osato chiederle il numero di telefono, ma, un’ora più tardi, si è collegato alla pagina Orkut del negozio e lì ha trovato il profilo di tutte le commesse, così è potuto partire a caccia della sua vittima. Molte persone, soprattutto ragazze, abbandonano questi siti perché non sopportano più di essere continuamente sorvegliate, di essere strumentalizzate, di essere oggetto di brutti scherzi, di ingiurie o ricatti.
Il 41% delle 13-18enni dicono di essere state oggetto di derisione in linea. «Corinna è una gran ... », «Giada puzza», «Anita è brutta». La persecuzione rimane in linea e produce delle catastrofi. Spesso, la cosa si tramuta in una specie di spionaggio in linea: uno spione si diverte a riferire a tutti i suoi amici o semplici conoscenti tutti i vostri intrighi.
Ancora più gravemente, quasi la metà delle 13-18enni dicono di aver già ricevuto in linea una proposta di incontro da uno sconosciuto. Il 29% dichiara di essere stato oggetto di proposte sessuali, e si sale al 43% se si considerano solo le ragazze di 13-14 anni. In Francia, più della metà delle 13-18enni dichiarano di essere state esposte a delle immagini scioccanti su Facebook. In teoria si potrebbe limitare l’accesso al proprio sito a delle persone scelte, ma è troppo facile lasciarsi prendere dalla corsa agli amici e accettare degli sconosciuti. In ogni caso, nulla impedisce ai nostri amici «sicuri» di trasmettere ad altri le nostre informazioni, che molto spesso sono molto poco edificanti!
Per di più, a furia di parlare e senza rendersene conto, la ragazza rischia di fornire delle informazioni che una persona malintenzionata potrebbe utilizzare per stabilire un contatto. Per esempio: Mara, 13 anni, dice che uscirà dal suo corso di danza mercoledì prossimo alle 16,00, dal 28 di via dei Mughetti, e rientrerà da sola a casa. Non diventa una facile preda per ogni sorta di pervertiti? Costoro, infatti, sono ben presenti e molto attivi.
In seguito alle proteste, diverse reti sociali sono state obbligate ad adottare delle misure di sicurezza. All’inizio del 2009, MySpace ha annunciato di aver tolto dalla sua rete il profilo di 90.000 delinquenti sessuali. Il che significa che erano lì appena qualche settimana prima. E chi ci assicura che non vi sono ritornati? I delinquenti non hanno certo l’abitudine di presentarsi come tali.
Le reti hanno allora costituito un servizio di sicurezza. Esso è assicurato su Facebook da 150 agenti dagli Stati Uniti. Ma dal momento che ogni settimana sul sito vengono pubblicati più di tre miliardi di contenuti (commenti, immagini e collegamenti) come si farà a mantenere il ritmo. E secondo quali criteri si farà la scelta?
La vera soluzione si trova nel cuore dell’uomo, nella sua volontà ben ferrata di piacere a Dio e di ottenere o di conservare una personalità profondamente cristiana.
Che i genitori abbiano pietà dei loro figli e impediscano loro l’accesso a tali ambiti di perversione. Che ciascuno di ponga di fronte a Dio, alla propria debolezza e al proprio dovere di stato e che si renda conto del fatto che queste reti, che sono state create da dei perversi (il creatore di Facebook, Mark Zuckerberg inizialmente cercava solo un mezzo per trovarsi una compagna per due giorni tra gli studenti della sua università, e oggi è diventato il più giovane miliardario del mondo) per dei perversi, rientrano nel novero delle pompae diaboli, alle quali abbiamo rinunciato il giorno del battesimo.
Vi sarebbe un utilizzo innocente di queste reti sociali? Forse! È possibile che si riesca a sfuggire ai veri nemici che popolano questi siti, ma non si eviterà mai un altro male: quello di avvilire o istupidire le nostre amicizie, che Dio vuole belle e proficue.
E se ci si rimettesse a giocare in famiglia, a cantare, a rappresentare delle piccole commedie, a leggere, a pregare? Se si vivessero in verità le gioie e le fatiche della famiglia cristiana? I bambini e i ragazzi sentirebbero questo vuoto che li spinge a rifugiarsi in questo mondo virtuale?
Come l’uso dei mezzi elettronici (portatili, internet, ecc.) dev’essere regolato dalla santa virtù della povertà, che per il bene dell’anima sa fare a meno delle cose permesse e utilizza un mezzo solo quando e nella misura in cui è veramente utile, così il cristiano deve rinunciare alle reti sociali che imperversano, in nome dell’amicizia cristiana e della vera vita.
(1) - Riassumiamo e citiamo liberamente Oliver Levard e Delphine Soulas, Facebook: mes amis, mes amours… des emm. !, Mechalon, 2010
– Tratto da Le Chardonnet, n° 264, gennaio 2011 – Bollettino della parrocchia Saint-Nicolas-du-Chardonnet, a Parigi, della Fraternità San Pio X – http://www.laportelatine.org/district/prieure/stnicol/Chardonnet/chard.php