di Marco Bongi
D. 1 - Rev. don Enrico, ci può brevemente raccontare come è nata la Sua vocazione sacerdotale? C'è qualche episodio particolare che ha contribuito ad orientar La verso questa decisione?
Avendo abbandonato come molti miei coetanei la pratica religiosa dopo la Cresima, fino ai 24 anni sono vissuto in una sorta d' indifferenza religiosa e d' ateismo pratico. Press' a poco a quell' età, cominciai ad ascoltare Radio Maria e trovai molto interessanti e persuasive certe catechesi che mi invogliarono a frequentare di nuovo la vicina parrocchia.
Cosicché per un anno almeno mi sforzai di frequentare regolarmente i sacramenti, ma non ne ottenni alcun miglioramento morale e spirituale. Fu circa in quel periodo che conobbi un prete della FSSPX, il quale mi colpì favorevolmente fin dal primo incontro: indossava sempre la veste talare, parlava di Dio in modo franco e senza alcun rispetto umano e, soprattutto, celebrava la s. Messa di sempre. Sapevo che nella Chiesa ci fosse una grave crisi, ma compresi solo allora che c' è un vero e proprio stato di necessità per le anime e la FSSPX mi parve la sola istituzione che difendesse con coerenza la Tradizione e il sacerdozio cattolico per venire incontro a queste anime smarrite. Vittima del cattivo catechismo ricevuto da bambino, soltanto allora appresi che la s. Messa è un vero sacrificio e non il semplice ricordo dell' Ultima Cena. Iniziai così a frequentare la messa della Fraternità a Trieste e, su consiglio del sacerdote, nel 2003 – avevo 28 anni - andai a Montalenghe per fare gli esercizi di s. Ignazio, che considero l' inizio della mia effettiva conversione e il germe della mia vocazione. Fu in quell' occasione, infatti, che pensai seriamente per la prima volta alla vocazione sacerdotale: quando dovetti scegliere lo stato di vita che consideravo più adatto a me per servire Dio e meritare, con la sua grazia, il Paradiso, il sacerdozio mi parve infatti la scelta più prudente. Trascorsero tuttavia ancora diversi anni e altri due ritiri spirituali prima che, con l' accordo del sacerdote che mi seguiva allora e del superiore del Distretto italiano, prendessi infine la decisione di entrare in seminario. Lasciai così l’ albergo dove lavoravo come portiere di notte, la zia con cui vivevo, la famiglia, gli amici e le diverse occupazioni per andare nel seminario di Flavigny, in Francia, quando avevo già 32 anni compiuti.
D. 2 - Come ha reagito la Sua famiglia quando le ha comunicato l'intenzione di diventare Sacerdote?
In principio i genitori ed i fratelli erano piuttosto scettici, perché avrebbero preferito che entrassi nel seminario di Udine. Inoltre, non conoscendo della Fraternità che un solo sacerdote, il quale per di più a Trieste era costretto a celebrare la s. Messa nel laboratorio di un fotografo, credo che essi avessero una certa comprensibile diffidenza verso questa comunità di sacerdoti che conserva ancora oggi agli occhi di molti Italiani una parvenza negativa d' irregolarità e di clandestinità.
D. 3 - E gli amici? Si sono mostrati contenti, stupiti o inclini alla derisione?
Gli amici furono in gran parte contenti e non manifestarono stupore, poiché, come mi dissero, da diverso tempo se l' aspettavano. Solo pochi rimasero un po' perplessi non tanto riguardo al sacerdozio, quanto piuttosto riguardo alla Fraternità per gli stessi motivi detti poco fa.
D. 4 - Per quale motivo, una volta presa la decisione, si è rivolto alla FSSPX e non al seminario della Sua Diocesi?
Come ho detto prima, la mia vocazione è nata grazie alla conoscenza di un sacerdote della FSSPX e in seguito agli esercizi spirituali predicati dai preti della Fraternità. Non provavo nessun interesse per il sacerdozio moderno, la nuova messa e la nuova dottrina conciliare. Ascoltavo volentieri certe conferenze di Radio Maria proprio perché vi riconoscevo un insegnamento nuovo che non avevo mai sentito predicare dal pulpito la domenica e che corrisponde alla dottrina cattolica tradizionale: si parlava del Giudizio, dell' Inferno, della necessità della Grazia e così via.
D. 5 - Come è stato il primo impatto con il Seminario all'estero? Ha trovato difficoltà di integrazione o linguistiche? -
Il seminario di Flavigny è disperso nella campagna della Borgogna in un paesino molto bello ma quasi disabitato; è quindi molto isolato e il clima piovoso e umido possono rendere il soggiorno un po' penoso, specialmente per i temperamenti un po' malinconici. L' atmosfera spirituale invece che si incontra all' interno è eccellente: ciò che più mi colpì fu il silenzio che regna in tutto seminario e che è la condizione indispensabile per la preghiera e uno studio proficuo. Nel tempo libero tuttavia i seminaristi scherzano, discutono anche vivacemente e, soprattutto, come appresi subito, giocano a calcio in un piccolo campo non distante.
Le difficoltà linguistiche si superano in fretta, poiché non serve molto tempo per imparare il francese necessario a seguire i corsi; ciò che forse richiede più tempo e sicuramente molta pazienza è abituarsi alla mentalità francese, molto diversa dalla nostra. Ma anche questa è una difficoltà che prima o poi si supera.
D. 6 - Che ricordi conserva degli anni trascorsi in seminario? Ha dovuto superare momenti di crisi? Se sì... Chi l'ha maggiormente aiutata a superarli?
Sono stati degli anni molto belli e, soprattutto per chi viene da un mondo lontano dalla Tradizione come me, sono stati anni intensi e ricchi di molte esperienze nuove: ho potuto scoprire le bellezze della liturgia cattolica, che ignoravo fino ad allora, assistendo a tutte le bellissime cerimonie dell' anno liturgico; ho scoperto il tesoro della dottrina cattolica, specialmente nell' insegnamento dei Papi e della Somma Teologica di san Tommaso; ed, infine ho trovato nel direttore spirituale una guida sicura e un sostegno negli inevitabili momenti di crisi e di difficoltà, che lungo i sei anni di formazione ogni seminarista presto o tardi incontra. La compagnia degli altri seminaristi e i legami d' amicizia, che si instaurano grazie ad una frequentazione così lunga ed assidua, hanno contribuito a rendere piacevoli questi anni trascorsi all' estero.
D. 7 - Gli studi in seminario sono difficili? Può aspirare al sacerdozio anche un giovane che non possieda basi culturali molto profonde?
Entrato in seminario dopo un lungo intervallo dagli ultimi studi regolari fatti (dopo il liceo ho frequentato per alcuni anni la facoltà di filosofia, ma senza conseguire la laurea), ho trovato specialmente all' inizio non poche difficoltà a ricominciare a studiare; difficoltà che pian piano tuttavia si sono appianate. E credo che un giovane uscito da una scuola superiore o dall' università non abbia in generale grossi problemi di studio in seminario, sebbene poi materie come la filosofia tomista e la teologia richiedano comunque uno sforzo di comprensione che non sempre risulta facile.
D. 8 - Ha trovato comprensione negli insegnanti? Che rapporto si instaura fra i seminaristi e i superiori? Nel seminario si respira un clima di gioia o, come molti pensano, un'atmosfera di cupa severità?
Gli insegnanti sono molto disponibili e cercano di venire incontro ai seminaristi in difficoltà, soprattutto verso coloro che non sono di lingua francese. I superiori sono affabili e sanno coniugare alla socievolezza un certo distacco, indispensabile per mantenere la giusta disciplina.
D. 9 - Oggi che è diventato Sacerdote: che effetto Le fa di poter finalmente celebrare il S. Sacrificio della Messa? Verso quale tipo di Apostolato si sente più attratto?
Certamente celebrare la santa Messa tutti i giorni è una gioia grandissima ma anche una grazia e un privilegio così grandi ed immeritati che non basterà l' eternità per ringraziarne il buon Dio. Dal giorno dell' ordinazione è proprio la gratitudine il mio stato d' animo abituale, accompagnata da una certa preoccupazione riguardo a tutti i doveri di stato che temo sempre di non riuscire a compiere come dovrei: le cose da fare sono molte e il tempo a disposizione è sempre troppo poco. Prego ogni giorno Dio di darmi la grazia di fare al meglio ciò che posso e affido tutto il resto alla sua misericordia.
D. 10 - In conclusione: che consiglio pratico si sente di dare ai giovani di oggi, spesso confusi ed indecisi sul tipo di vita da intraprendere? Esiste qualche criterio per conoscere il progetto di Dio nella propria vita?
Il consiglio che mi permetto di dare loro è di fare gli esercizi di s. Ignazio: non conosco mezzo più efficace per vedere con chiarezza quello che Dio attende da noi. Se credono poi che Dio li chiami al sacerdozio, è bene parlarne apertamente con un sacerdote esperto e, eventualmente, iscriversi al pre-seminario di Albano Laziale, dove possono vedere se la formazione sacerdotale tradizionale conviene a loro senza il disagio di andare in Francia per questo.