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Editoriale di Don Régis de Cacqueray, Superiore del Distretto di Francia della Fraternità San Pio X, su Fideliter n. 209, settembre-ottobre 2012
Nel suo motu proprio Ecclesia Dei adflicta del 2 luglio 1988, che seguì le consacrazioni dei nostri quattro vescovi da parte di Mons. Marcel Lefebvre, il Papa Giovanni Paolo II scriveva: «La radice di questo atto scismatico è individuabile in una incompleta e contraddittoria nozione di Traditione. Incompleta, perché non tiene sufficientemente conto del carattere vivo della Tradizione, “che - come ha insegnato chiaramente il Concilio Vaticano II - trae origine dagli Apostoli, progredisce nella Chiesa sotto l'assistenza dello Spirito Santo: infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, cresce sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con la profonda intelligenza che essi provano delle cose spirituali, sia con la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità”.
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29 agosto 1987
Adveniat Regnum tuum
Ai signori abbé Williamson, Tissier de Mallerais, Fellay e de Galarreta.
Carissimi amici,
la cattedra di Pietro e le posizioni autorevoli a Roma sono occupate da degli anticristi, quindi la distruzione del Regno di Nostro Signore all’interno stesso del Suo Corpo mistico qui in terra prosegue rapidamente, specialmente con la corruzione della Santa Messa, splendida espressione del trionfo di Nostro Signore per mezzo della Croce, Regnavit a ligno Deus, e fonte dell’estensione del Suo Regno nelle anime e nelle società.
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A nessuno sfuggirà l'importanza di questo articolo di Arnaldo Xavier da Silveira, quanto alla professione della fede, non soltanto nelle parole o negli scritti ma anche nelle attitudini e nei gesti. Ognuno potrà intravedere le conseguenze che si possono trarre applicandoli, per esempio alla nuova liturgia: altare ridotto ad una tavola, sacerdote che gira le spalle al tabernacolo (quando questo non è relegato in un angolino della chiesa), comunione data da laici, nelle mani; nuova architettura delle chiese che assomigliano più a sale di conferenze ecc.
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Mons. Marcel Lefebvre
Saint Michel en Brenne, 29 gennaio 1990
Carissimi lettori,
giunto alla sera di una lunga esistenza – poiché, nato nel 1905, vedo l’anno 1990 – posso dire che la mia vita è stata segnata da avvenimenti mondiali eccezionali: tre guerre mondiali, quella del 1914-1918, quella del 1939-1945 e quella del Concilio Vaticano II del 1962-1965.
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Mons. Marcel Lefebvre
«Tutti questi cambiamenti del nuovo rito sono veramente pericolosi, soprattutto per i giovani sacerdoti, perché a poco a poco, spesso senza loro colpa ma a causa della formazione ricevuta, non hanno più l’idea esatta del Sacrificio, della presenza reale, della transustanziazione. Per loro spesso tutto questo non significa più niente. Questi giovani sacerdoti rischiano di non avere l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa e, quindi, di non dire più Messe valide: rischiano di perdere la presenza reale di Gesù!
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In questo 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, vi proponiamo di rileggere alcuni testi di Mons. Lefebvre che chiariscono le ragioni della sua battaglia, per la fede, condotta in opposizione anche delle autorità ecclesiastiche, ma proprio per amore della Chiesa e del Papa.
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Don Pierpaolo Maria Petrucci
Non è raro sentir parlare nella Chiesa, anche dopo l’ultimo Concilio, della necessità di evangelizzazione. Questo non potrebbe che rallegrarci se per evangelizzazione si intendesse ciò che la Chiesa ha sempre insegnato, cioè la necessità di predicare il Vangelo per la conversione delle anime. Purtroppo però, quando si considerano bene le cose, si capisce che il senso che oggi si dà all’evangelizzazione non è più questo. Per capirlo, vorrei ricordare il discorso che il Papa fece alla curia circa un anno fa, il 21 dicembre 2007. Egli si esprimeva, fra l’altro, appunto sul concetto di evangelizzazione, spiegando come conciliarlo con l’ecumenismo di cui è un fervente propagatore.
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Pubblichiamo un articolo di don Michel Gleize, professore al Seminario S. Pio X di Ecône e membro della commissione della Fraternità S. Pio X per le discussioni con Roma.
Tale studio vuol essere un approfondimento sul valore magisteriale del Concilio Vaticano II, viene ad arricchire il dibattito in corso e fa seguito all’articolo di Mons. Ocariz recentemente apparso sull’Osservatore Romano.
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Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira «Catolicismo», n° 223, luglio 1969, San Paolo del Brasile.
Introduzione
La teologia ci fornisce numerose ragioni a sostegno della tesi secondo cui, in via di principio, vi possono essere errori in documenti del magistero non forniti delle condizioni di infallibilità. Tali ragioni sono tante e di tale peso che ci pare sufficiente fare cenno ad alcune di esse per dare al lettore una visione sommaria dell’argomento.
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“ Che gli spiriti dei mortali disprezzino le realtà visibili, per non desiderare più che i beni invisibili, è certo il maggiore dei miracoli e l'opera manifesta dell'ispirazione di Dio ”[1]. La virtù eroica dei santi è quindi l'indizio più eloquente della divinità della Chiesa. E di solito, questo indizio è esso stesso autentificato, riceve il sigillo della Chiesa che si porta garante della sua propria santità: è la canonizzazione, atto solenne con cui il sommo pontefice giudicando in ultima istanza ed emettendo una sentenza definitiva dichiara la virtù eroica di un membro della Chiesa.